LA STANZA COLOR GLICINE - Simona Garbarino - ESSERE PARCHI DI PAROLE, NON DI PENSIERI

 

Simona Garbarino



Parto da qui, da questa piccola suggestione che si affaccia alla mente. Così, senza cercare. Inutile frugare quando le parole non arrivano e le idee si sono prese una vacanza. Allora lascio che i pensieri fluttuino a loro piacimento, galleggino come nella pancia della Grande Madre.

E così accade che arrivi una frase, precisa e tagliente, o forse solo luccicante come poche: "essere parchi di parole, non di pensieri".

Si parla sempre, si parla troppo, si ascoltano valanghe di parole, tutti i giorni, in tanti momenti delle nostre giornate.

Arrivano a frotte, da ogni parte, dal computer, dalla radio, dai mille whattsapp, dai gruppi che avviluppano e chiedono presenza, da chi ti chiama perché "è un po' che non ti sente o chi ti chiama perché ci sentiamo tutti i giorni". È tutto un parlare, accatastare parole, léggere parole, assimilare concetti, informazioni, spiegazioni, idee di qualcuno su qualcosa.

E allora dico "basta": l'unica parola che può dare sollievo, ristoro, pace.

"Basta" non è diniego, "basta" dice solo "può bastare, è sufficiente".

E allora cerco silenzio, silenzio che trasuda dalle poesie essenziali, dalle parole parche, da certi dipinti cauti ma intrisi di significato.

Certa prepotenza delle parole, quel loro spingere per farsi avanti, prendere posto, artigliare il palco... mi stanca enormemente...vi ravvedo un'impalcatura ingombrante che impedisce il germogliare, l'azione spontanea e generativa di spazi meditativi profondi.

Forse è ora di fare ordine per aspettare i pensieri, qualunque forma essi abbiano, qualunque eco essi  portino.

È ora che tutto diventi più lento, più umano, più alla portata.

Questo io sento, di questo ho bisogno.

Allora scelgo un'immagine, o meglio, lei sceglie me.

Incontro "Morning Sun" di Edward Hopper...lui che di silenzio se ne intendeva davvero, lui capace di far danzare pensieri nel poco, nei dettagli.

E l'immagine si avvicina, sussurra, mi racconta di un sentire sottile, un sentire che genera pensiero malgrado me, nonostante me.

Il solo sentire di cui avverto il bisogno.


Lei guarda?

No, non credo che guardi.

Ha occhi bui e fissi di fantasma.


Tutto il buio le si è versato dentro,

ha invaso sangue ed ossa,

e lei ferma ad ascoltare il nero

divorare ogni piega, ogni anfratto, ogni fibra.


Lei immobile.

"La luce fuori è un giocattolo,

prima o poi si romperà"

- pensa.


E aspetta

che la notte si arrampichi

fino alle ciglia,

per avvolgere tutto

ed inghiottire ogni cosa. Ogni cosa.


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