In Principio. In Principio era. In Principio era l'Azione.

di David La Mantia

Il Faust[1] di Goethe è giustamente considerato il principio di una nuova sensibilità.  L'artista tedesco nel testo fa sì che il suo eroe, poco prima che gli appaia Mefistofele, provi a realizzare traduzioni alternative del celeberrimo inizio del Vangelo di Giovanni[2]: " Apre un grosso volume e si accinge a tradurre. Sta scritto: “In principio era la Parola” E eccomi già fermo. Chi m’aiuta a procedere? M’è impossibile dare a “Parola” tanto valore. Devo tradurre altrimenti, se mi darà giusto lume lo Spirito. Sta scritto: “In principio era il Pensiero” Medita bene il primo rigo, ché non ti corra troppo la penna. Quel che tutto crea e opera, è il Pensiero? Dovrebbe essere: “In principio era l’Energia”. Pure, mentre trascrivo questa parola, qualcosa già mi dice che non qui potrò fermarmi. Mi dà aiuto lo Spirito! Ecco che vedo chiaro e, ormai sicuro, scrivo: “In principio era l’Azione”.

Chi vende l'anima al diavolo fa scelte. Al posto di “das Wort” (la parola), usa dapprima “der Sinn” (il pensiero), poi “die Kraft” (l’energia) e, infine, trova la soluzione con “die Tat” (l’azione). Hitler amava questa interpretazione, è risaputo, e anche Mussolini ne era affascinato[3]. È uno spostamento di senso inquietante: il Logos viene depauperato dal significato di parola e pensiero, entrambi ridotti ad orpelli inutili, che cristallizzano il sentire (si pensi alla polemica dei Futuristi[4] prima e dei fascisti poi contro i " professori", coloro che detengono la parola) in favore di una azione che non tarda a farsi velocità violenta, potenza senza riflessione, azione senza pensiero. Quando Goethe afferma, invece, nel Faust che «In principio era l'azione», comprende benissimo il bisogno di un nuovo protocollo cognitivo, non più legato al primato del Logos sull'Onton o sulla loro parificazione e conseguente annullamento di valore, come farà in seguito Hegel[5] con la celebre <ciò che è reale è razionale>.

Qui siamo su un piano nuovo. Si vede l'azione come quanto, come fondamento minimo e basico di ogni identità, come sorgente e fine del pensiero di ogni soggetto, di ogni collettività, vista come insieme di sé.

Alla ferocia totalitaria e totalizzante di questa azione nazifascista, mi piace contrapporre alcuni passaggi del pur tanto discusso Fichte[6]. In contemporanea con Goethe, anche lui sostiene l'importanza del "die tat". Ma qui l'azione potrà realizzarsi solo nel superare gli ostacoli, e l'uomo potrà tendere alla perfezione solo impegnandosi. Dovrà liberarsi dalle catene della vita profana, vincendo i propri vizi e ritornando libero. Il pensiero che illumina questa posizione etica è: «Essere liberi è cosa da nulla: divenirlo è cosa celeste».

L'azione diventa necessaria, quindi, non come forma di violenza, ma come forma di moralità. Se nella metafisica classica si proponeva il motto: <operari sequitur esse> («l'azione consegue all'essere»), il filosofo tedesco ora sostiene: <esse sequitur operari> («l'essere consegue all'azione»). L'azione con lui si fa creazione, si fa etica, morale, aiuto agli altri. Si pensi alla sua morte, per il colera, contagiato insieme alla moglie, curando i soldati negli ospedali militari.

Cosa c'entra tutto questo con la poesia? Da qui partire per un verso che sia libero, morale, etico. Che non sia solo parola, ma qualcosa di simile al romantico “streben” (anelito, struggimento), un verso nuovo, con cui si manifesti una visione della vita come sforzo senza fine, come costante tentativo di andare oltre il divario, qualunque esso sia, finanziario, sociale, di genere, oltre ogni vincolo. Nel nuovo concetto di “streben”, da me proposto, si manifesta proprio questa insofferenza per ogni tipo di laccio, la necessità di libertà non più solo metafisica, ma reale, politica e socioeconomica.

Una poesia che non stia solo nei libri, ma che diventi azione nella vita. Che sia rivoluzione umana. Una poesia che puzzi delle nostre giornate, degli scarichi della lavatrice. Ma, per capirci, a quale poesia penso?

5 esempi.

 

Danilo Dolci[7]

Se l’occhio non si esercita, non vede,

se la pelle non tocca, non sa,

se l’uomo non immagina, si spegne.

 

Quasi ho pudore a scrivere poesia

come fosse un lusso proibito

ormai, alla mia vita.

Ma ancora in me

un ragazzino canta

seppure esperto di fatiche e lotte,

meravigliato dei capelli bianchi

d’essere ancora vivo,

necessitato d’essenzializzarsi:

e al varco d’un malanno scrive versi

come una volta

quando il silenzio diventava colmo

futuro, chiarore che bruciava

la fatica del fare successivo.

Nel mio bisogno di poesia, gli uomini,

la terra, l’acqua, sono diventati

le mie parole.

Non importano i versi

ma in quanto non riesco a illimpidirmi

e allimpidire, prima di dissolvermi,

invece di volare come un canto

l’impegno mi si muta in un dovere.

 

Franco Fortini[8]

La gronda

Scopro dalla finestra lo spigolo d’una gronda,

in una casa invecchiata, ch’è di legno corroso

e piegato da strati di tegoli. Rondini vi sostano

qualche volta. Qua e là, sul tetto, sui giunti

e lungo i tubi, gore di catrame, calcine

di misere riparazioni. Ma vento e neve,

se stancano il piombo delle docce, la trave marcita

non la spezzano ancora.

 

Penso con qualche gioia

che un giorno, e non importa

se non ci sarò io, basterà che una rondine

si posi un attimo lì perché tutto nel vuoto precipiti

irreparabilmente, quella volando via.

 

Antonella Anedda[9]

Confini

 

L’ennesima notizia della strage arriva questa sera

nell’ora in cui messi gli ultimi panni in lavatrice

si scoperchiano i letti per dormire.

Sullo schermo del televisore unica luce nella stanza buia

scorrono visi morti e morti vivi, lampi di armi,

corpi nudi e dentro ai calcinacci un cane.

La storia moltiplica i suoi spettri, li affolla

ai confini degli imperi nell’èra di ferro che ci irradia.

Ha inizio un assedio senza nome.

Acque reflue, alluvioni, rocce spaccate

in cerca di petrolio. Resistono gli schiavi

intenti a costruire le nostre piramidi

 

Patrizia Cavalli[10]

Una media di quattrocentottanta

miliardi di battiti al minuto.

E non ci metto gli animali

che non so contarli. E lascio stare gli anni,

e lascio stare i giorni e anche le ore.

Quattrocentottanta miliardi

di battiti mi bastano. Messi insieme

fanno un gran rumore, un rumore

infernale e nessuno se ne accorge.

 

Elio Pagliarani[11]

Da La ragazza Carla

 

La madre fa pantofole, e adesso che Nerina ha suo marito

c’è Carla che l’aiuta: infila l’ago, taglia le pezze

fa disegni buffi, un fiocco rosso

in cima, un nastrino di seta

che non vanno

chi compera pantofole dalle Dondi

non ha civetterie: le vecchie vogliono le prove,

e pantofole calde, pagamento più tardi che si può

 

due anni che una signora Ernani ha da pagare

le sue trecento lire, e puzza di liquori

 

le giovani sposate sono sceme, alle cose gentili non ci

vogliono

nemmeno un po’ di bene, anzi le guardano con rabbia

man mano che col tempo si dimenticano

d’esser state ragazze da marito

 

Qui non si nega che si possa

morire un giorno con un fiocco al collo

uno scialle di seta vivacissimo,

ma è proprio questo: che se torna il nastro

è segno che la donna ecco è già stanca

spremuta tutta, fatta parassita

estranea ai fornelli straniera alla vita

ai calzoni, che pendono in giro frusti

in attesa del ferro da stiro.

 

 

A presto, allora.

Intanto, questo.

Intanto, io comincio da qui.



 

 

 

 

 



[1] Faust, Introduzione, trad. e note a cura di Franco Fortini, testo tedesco a fronte, pp. 1180, Collana I Meridiani, Mondadori, Milano, 1970-2009 ISBN 978-88-04-08800-4

[2] VANGELO SECONDO GIOVANNI - Bibbia CEI edizione 2008

[3] F. W. Deakin, La brutale amicizia. Mussolini, Hitler e la caduta del fascismo italiano, Torino, 1990.

[5] Theodor Adorno, Tre studi su Hegel, Il Mulino, Bologna, 1971

[6] Fichte, Fondamento dell'intera dottrina della scienza, Bompiani, 2003.

 

[9] Antonella Anedda,Tutte le Poesie, GARZANTI, 2023

[10]Patrizia Cavalli, Datura, Einaudi, 2013

[11] Elio Pagliarani, Tutte le poesie, l saggiatore, 2019

Commenti

  1. Grande!
    Un grazie per questo che mi nutre!🙏
    Valerio Gallerati

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  2. loretta Fusco: La scelta dei brani é strepitosa e già questo è un ottimo inizio. La differenza del significato di azione tra Goethe e Fichte è sostanziale e connota tutta l'opera dei due grandi personaggi tedeschi. La scelta di streben per delineare l'idea di poesia svincolata da ogni lacciuolo che mini la libertà di essere, é perfetta, e si può cogliere solo nella poesia che sa arrossire, colta sul nascere di un gesto quotidiano vero, come i panni tesi messi ad asciugare.

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  3. Splendido inizio, apertura con brani azzeccatissimi!Che sia questa una casa per la poesia!

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  4. Sempre un piacere ed un privilegio leggerti, grazie 🥰

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  5. Magnifico esordio e di grande qualità. Grazie, ne abbiamo davvero bisogno.
    Sergio Daniele Donati

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  6. Iniziare con Dolci.....finire co Pagliarano. Vuol dire davvero che è solo l'inizio. In principio.
    Grazie Lucia Lascialfari

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  7. Un avvio denso, deciso, meditato. Questo io chiamo Poesia. Grazie.

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