IN RISONANZA - Valentina Bagni - Frammenti di divinità
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| Valentina Bagni |
Siamo stati educati a credere di
essere ingranaggi, messi lì a far funzionare un sistema che, invece di farci
evolvere, piano piano ci consuma, ci disconnette, ci distrugge.
Fin da piccoli ci insegnano
l'efficienza, l'obbedienza, inseguire il successo, una ricerca spasmodica della
perfezione.
Ma la verità è che siamo scintille di
una coscienza antichissima, frammenti di divinità in temporanea missione
terrestre che, per ragioni misteriose, ha scelto di attraversare un tratto di
universo dentro una forma umana.
E questa forma - questo corpo - che
noi spesso percepiamo solo come qualcosa di estetico è in realtà un laboratorio
alchemico, la camera di decompressione tra l’infinito e l’esperienza, una lente
attraverso cui la coscienza si fa materia per poter giocare, imparare,
ricordare.
È un catalizzatore sacro, una mappa tridimensionale, dove vibrazioni, antenati, memorie e anni di evoluzione, cercano di parlarci anche quando facciamo finta di non sentire.
Il nostro corpo porta tracce di
glaciazioni, guerre, migrazioni, sopravvivenze ostinate e amori primordiali,
porta nelle cellule la gioia
dell’abbondanza dei raccolti e il trauma delle carestie, porta dentro di sé le
impronte di chi ci ha generati e i silenzi di chi ci ha feriti.
Porta i segni di chi lo ha onorato e
di chi lo ha trattato solo come un deposito temporaneo.
Eppure continua a custodire, ostinato
e fedele,
i segreti dell’umano divino.
Dimentichiamo che proprio lì,
nell’elettricità dei nervi, nella topografia sacra delle cicatrici, nelle ossa
che sorreggono millenni, sono depositate le risposte che cerchiamo nei libri,
nei maestri, nei cieli.
Il Sistema ci ha convinti che il nostro scopo sia produrre, consumare, riempire l’agenda, inseguire il tempo.
Ma nessuno di noi continuerebbe a
vivere così se ricordasse che morirà, che abbiamo pochissimo tempo per onorare
la vita davvero.
Perché la verità è semplice e
ferocemente silenziosa:
non siamo nati per lavorare fino
all’esaurimento, non siamo venuti qui per sopravvivere ai doveri.
Siamo pulsazioni dell’universo,
missioni ambulanti di coscienza pura.
E basterebbe un momento.
Un istante di quiete, per sentire nel
petto una vibrazione più antica del nostro nome.
Chiamianola
origine…anima…frequenza…sorgente…
E poi chiederci…
quale frammento di divinità porto in
questa vita?
Quale dono vibra nelle mie ossa?
Quale forma di amore, di creatività,
di visione sono venuta ad attivare proprio in questa vita?
Nessuno potrà dircelo.
Sono intuizioni che arrivano come dei
lampi:
una passione che ti accende di
energia senza logica, una gioia improvvisa senza motivo, una calma inspiegabile
quando fai ciò che ti chiama, una sensazione di essere dentro la vita, di
esserne al servizio con amore.
E chi è la bussola, allora?
Il corpo.
Il corpo sa.
Sa sempre.
Ogni volta che lo stomaco si chiude,
che il respiro si spezza, che le spalle diventano dure, qualcosa ti sta
dicendo: “Questo non è il tuo posto”.
Ogni volta che il petto si apre, che
gli occhi brillano,
che senti un’espansione, allora vuol
dire “Qui la tua anima riconosce casa. C'è risonanza. Fallo ancora. Vai.”
Siamo venuti per espanderci.
Per amare sempre più profondamente.
Per imparare a farlo.
Per creare ciò che non esisteva.
Per lasciare un’impronta di presenza.
Per ricordare la parte divina che
abbiamo nascosto sotto strati di sopravvivenza.
La nostra natura lo sa:
la vita non è produttività, è
presenza.
Non è efficienza, è espansione.
Non è dovere, è scopo.
Per questo, uscire dal sistema non è un atto rivoluzionario: è un atto naturale.
È tornare al ritmo originario, alla
missione che ci apparteneva prima che la dimenticassimo.
Scoprire i nostri scopi non è un
lusso spirituale: è una funzione cosmica.
È la ragione per cui abbiamo
accettato di incarnarci, di attraversare il buio e la densità, di guardare
negli occhi i nostri mostri e dire: “grazie tante per il dolore, per una
prospettiva diversa, ma io sono qui per creare, per ricordare, per essere luce
e ombra che si compenetrano,
mettermi al servizio dell’amore, nel
suo senso più etimologico e radicale”.
E da quel momento, il nostro mondo
cambia, dentro e fuori.
Non lotti più, non combatti, lo
trascendi.
Diventiamo un’altra frequenza.
Un’altra realtà.
Un’altra possibilità.
E la vita finalmente torna ad
assomigliarci.
Perché siamo e siamo sentite stati
frammenti di divinità.
La vita è un portale.
Noi siamo la chiave.


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