OLTREVERSI - Silvia Rosa - III. Cronache dal Tempo Libero | Simone Beghi
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Simone Beghi, Cronache
dal Tempo Libero, ArcipelagoItaca, 2025
Quali sono le motivazioni che
ti hanno spinto a scrivere questo libro e gli spunti che ne hanno ispirato i
testi?
In
origine, questo libro di poesie doveva trattare il concetto non lineare di
tempo in Bergson e discutere comparativamente alcuni archetipi junghiani, ma
bisogna accontentarsi. L’autore è quello che è e il suo campo di osservazione
non va molto oltre quel mondo di parchi giochi comunali, bambini spauriti,
vecchi ostili, case di provincia, ambienti di lavoro labirintici, viaggi,
biblioteche-rifugio, nascite, morti e qualche tentativo di resurrezione fai da
te, descritti nel libro. Niente di più, niente di meno. “…e vi pare poco?” dice
Valentino Ronchi nella postfazione. Non saprei, Valentino. Forse né molto, né
poco, chissà?
“Cronache”
era un coacervo indefinito di appunti cartacei che ha preso la via del verso
solamente negli ultimi due anni. C’è un accaduto, un insieme di fatti rimasti
lì a farsi guardare schiettamente come si guarda ciò che rimane sul fondo di
una tazza di buon caffè appena bevuto. Come fosse una cronaca di un buon tempo
andato o di un mal tempo andato, o di un tempo qualunque, in ogni caso, andato.
Questa
ricostruzione a cose avvenute, suddivisa in capitoli attraverso una nascita, un
vissuto, una morte e un ulteriore spazio postumo misterioso, in realtà,
nonostante tutte le buone intenzioni dell’autore, ha avuto a che fare e sempre
avrà a che fare con la finzione, anche se tutto ciò che descrive è realmente
avvenuto.
La
prima finzione è che nessuno di questi testi è stato inizialmente scritto nell’ordine
cronologico degli eventi, ma solamente alla fine, come sempre accade, è
avvenuta la ricostruzione temporale. Après- coup, dicono gli
psicoanalisti.
La
seconda finzione riguarda la ricerca della verità. Probabilmente l’autore pensava
di ricavare chissà cosa da queste liriche, forse, un senso generale e
definitivo, certificato da un’etichetta sul fondo della lavatrice da piegare e
stendere sul terrazzo insieme al resto del bucato.
Non
è andata così. La verità si è nascosta altrove, ha modificato le intenzioni, le
ha piegate al suo volere e infine è stata spesso fraintesa e infine
ricostruita. Ma pur essendo poco oggettivo, scientificamente non verificabile e
cronologicamente errato, alla fine il vissuto di fatti, luoghi e località
sparse mi è apparso più reale del reale, più vivido di qualsiasi ricordo,
certamente più vero della somma delle sue ricostruzioni.
E
così, in questo bizzarro contesto di finzione, sono nati i personaggi del libro
a cui voglio un gran bene e, il cui unico scopo, è cercare di dimostrare la
loro relazione con sé stessi e con il mondo, tramite la loro esistenza e la
loro non esistenza. Chi vive non visto, chi non vuole vedere, chi per vivere fa
quello che non vuole essere visto, chi non visto non vuole disturbare, chi è
felice solo se non si vede, chi non vuole vedere per vivere, chi non è mai
vissuto e si vede, chi non vede ed è vivo e via dicendo.
Da
qui nasce un’osservazione del quotidiano tramite un registro lirico non
particolarmente grave, ma che, come nota Ronchi nella postfazione, avanza con
un certo lieve disincanto crescente di capitolo in capitolo come se si
trattasse di una sorta di romanzo di formazione di qualcuno non ben definito.
La
scelta del cosiddetto “stile” e in generale l’aspetto letterario però è solo la
punta dell’iceberg della scrittura, per quanto mi riguarda. Il letterario e la
realtà per me sono due mondi diversi, distinti, la rappresentazione vive in un
mondo a sé. L’incontro è possibile solo se l’esperienza ha permesso di
elaborare, trovare le parole giuste e infine comporre un gesto espressivo e non
definitivo che è in grado di comprenderle, come avviene per questa serie di
“cronache”.
Come hai scelto il titolo?
Il titolo originario era “(mettersi tra parentesi)” con tanto di parentesi. Ora, senza nulla togliere all’idea ingenua sottesa di questo mio primo titolo, certamente evocativo, ma piuttosto brutto, devo a un suggerimento di Valentino Ronchi l’idea di trasformarlo in altro e nello specifico di trovare qualcosa di più adatto alla scorrevolezza di queste pagine. Ho così inviato a Ronchi una lista enorme di possibili altri titoli temendo di doverlo impegnare in un brain storming senza via d’uscita per settimane. Invece il giorno dopo abbiamo semplicemente appurato che l’unico che piaceva ad entrambi era: “Cronache dal Tempo Libero”. Meno male.
Quali
sono stati i passi che ti hanno portato alla sua pubblicazione, nello specifico
come ti sei orientato per la scelta della casa editrice e quali ostacoli hai
eventualmente incontrato?
Mi
ritengo molto fortunato. Nel 2024 ho partecipato all’invio di una raccolta
inedita di 15 poesie che componevano una buona parte del futuro “Cronache” al
premio annuale della casa editrice Arcipelago Itaca. Non ho vinto, ma sono
risultato finalista. Ho comunque passato una bellissima giornata a leggere
alcune poesie a Osimo nella giornata di premiazione. Una bella esperienza.
Pensavo finisse lì, invece poi Danilo Mandolini, l’editore, mi ha ricontattato
qualche mese dopo chiedendomi se non avessi pubblicato la raccolta con altri e
mostrando interesse. Da lì è nato il mio contratto di edizione, di cui sono
molto molto contento. L’unico ostacolo che di solito incontro è che ho molto
materiale inedito e sempre un gran desiderio di lavorarci su e produrre
qualcosa di nuovo e trovare il contesto adatto per presentarlo. Ma la fretta a
volte è cattiva consigliera. Per una volta sono stato paziente e fortunatamente
così ho trovato più facilmente la casa più adatta per il materiale di Cronache.
Che
cosa auguri a questa tua opera in versi?
A
“Cronache dal tempo libero” va tutto il mio affetto di opera prima caratterizzata
da uno stile debitore di autori amati e letti in passato che sicuramente è una
parte di me, ma non l’unica modalità dei linguaggi che utilizzo nella scrittura.
Però forse, grazie all’entusiasmo che riesce a comunicarmi, è un punto di
fondamento a cui auguro di trovare lettori in grado di entrare in relazione con
i suoi umori decisamente provinciali, le sue piccole disillusioni e i suoi slanci
comunicativi dentro e fuori dal guscio della solitudine e della contraddizione
della ricerca di senso, con una lingua che non è solamente linguaggio, ma
costruzione di relazione tra punti di vista umani, che siano amici intimi,
amanti, nemici o perfetti sconosciuti nei quartieri, nelle città, nel mondo e
nell’universo dentro e fuori di noi.
Da Cronache
dal tempo libero (Arcipelago Itaca 2025)
LA STANZA DEI PUNTI INTERROGATIVI
A
non guardarsi dentro
si
perde tempo, troppo.
Qualcuno
ha deciso:
la
notizia non c’è più,
perciò
il disastro ferroviario
oggi
rimpiazzerà la sparatoria.
Fuori
i titoli della notte! Pure
i
miei capelli hanno conflitti.
In
me le nocche si fronteggiano,
le
superpotenze degli occhiali
esplodono
con
fitte trincee di rughe
e
spaventi millenari.
Piccoli
bambini sperduti in fredde camere
mangiano
i punti interrogativi.
Dall’altra
stanza, dallo scivolo di un fulmine
bevono
i feroci bisbigli.
Quando
il rombo penetra il cuscino
si
schiacciano le orecchie nell’attesa
e
mai nessun rimprovero
se
hanno scelto il limitare dell’abisso
come
casa.
IL LIBRO DELLE FIRME
Impara a dare il nome
a
una luce accecante
a
una spora velenosa,
nelle
nuvole c’è un silenzio
un
silenzio di mai più.
Lascia
qui il tuo nome
sul
libro delle firme,
sul
cuore che ricorda
la
mostra permanente
della
sua prima esplosione:
eravamo
in bicicletta,
tu
portavi pantaloncini
e
sentivo la forza esclamativa
delle
tue gambe calde
erano
scintille di sogni,
oggi
sono parole.
OBBLIGO DI FIRMA
Famiglie, ce ne sono tante,
si
medita sulle funzioni
padri,
madri, doppi
impianti
fetali.
I
giudici, le chiese
concedono
giornate
intere
con i figli,
l’obbligo
è la firma.
Come
ora questa stanza
spensierati
pesci
da
nutrire che di me, di te
non
sanno nulla della vita,
dei
problemi, il tribunale,
però
non puoi lasciarli
e
ti dispiace. L’intruso, è vero,
sono
io: l’inquilino padre separato
in
casa ha chiavistelli, forme
diverse
cortesie a diversi usi,
pensieri
malevoli da non dire
a
nessuno.
E
dopo ancora tanti anni
di
presunta libertà, fuori
dalla
vita degli altri ancora no,
non
voglio disturbare l’equilibrio
di
una bella fotografia.
Sto
qui a riderci sopra
lontano
dalla scena,
con
in mano la penna
maledetta
e benedetta
la
mia firma
trema.
INDOVINARE LA FINE DEI TEMPI
Sospesa
la
narrazione, il ragionamento
a
tratti interrompe una stanchezza,
i
cardini dorati di una porta santa.
Meno
cuore entra,
più
ci finisce polvere:
serve
a misurare le sconfitte,
gli
interstizi tra le rughe d’espressione.
Dentro,
un
omuncolo ci vive
e
divide le pietre
in
due mucchietti distinti:
da
una parte i buoni auspici,
dall’altra
la notte sconfinata.
Ben
posizionata,
davanti
al buco nero c’è una sedia,
congediamo
i nostri amici
avvolgendoli
in carta di giornale
sono
gli idoli brillanti
da
mettere in tasca,
memorie
del futuro
di
anime perdute
Simone
Beghi (Ferrara, 1978) è psicologo e psicoterapeuta. Vive a
Modena e lavora a Bologna nel settore industriale. Come cantautore, dal 2012,
collabora con Fabio Vallieri negli spettacoli Tetro e Dissonanza D’Urto. Ha
ricevuto riconoscimenti in premi letterari come “Città di Como”, “Ragioni di
una Poesia”, “Europa in Versi”, “Arcipelago itaca” e “Poesia di Strada”. Suoi
testi sono apparsi su “Poeti Oggi” e “Poesia Ultracontemporanea”. Cronache
dal tempo libero segna il suo debutto editoriale.


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