LA STANZA DEI DESIDERI - Ivana Rinaldi - La geometria dei sentimenti

 

Ivana Rinaldi



Nei primi anni Cinquanta, un giovane studioso di botanica, Leo Ferlan, originario di Idra, oggi in Slovenia, è in missione scientifica in Algeria. Osserva le piante e la carta geografica del deserto nei pressi della sua abitazione. Nella sua solitudine di giovane laureato irrompe una ragazza, Miriam Colautti, amica di amici, che gli scrive per chiedergli come può trovare lavoro in quella terra. A poco a poco, tra i due nascerà un amore che sfocerà nel matrimonio.

Il carteggio è custodito nell’Archivio diaristico di Pieve Santo Stefano, in Toscana, e nel 2008 ha vinto il premio come miglior diario. Due terzi delle lettere, vista la gran mole, sono stati tagliati, comunque capaci di offrirci non solo un epistolario, ma anche un viaggio sentimentale e di formazione. Leo non è solo uno scienziato, è anche un lettore attento di letteratura e filosofia, che si sforza di capire attraverso la vita dei fiori e degli animali, quella degli umani.

Un’attitudine all’osservazione che si trasforma in parola. Fa da sfondo alle loro conversazioni scritte, la geografia algerina: Mascara, Saida, El Keider, Bou Alan Aflou, Lagovath, Algeri, Inkermann, Ghardan, attraversata con occhi attenti e ricchi di meraviglia. Nel silenzio spezzato dai popoli locali, nomadi e berberi del deserto, da un tè alla menta, un caffè sotto le tende, un couscous, si rivela l’anima di un vagabondo nato, che fa della differenza una ricchezza: “Vagabonda è stata la mia prima esperienza”.

Grande osservatore dei fenomeni fisici e naturali: “Fuori piovicchia, lo scirocco si è esaurito stamane e viene giù da Bouzareé una nuvola bassa e carica di vento” è anche attento alla vita del popolo algerino: “E più che fare gli occhi grossi ai modi “selvaggi” degli arabi, mi meraviglio vieppiù del gran numero di piccole leggi perfettamente inutili, di regole senza senso, commediate con molta convinzione da noi “civili. In questa solitudine divina però si rimbambisce. Fa bene parlare a qualcuno, fa bene ascoltare”.

Ed è le, Miriam che ascolta. Chiede e ascolta. Lui la dissuade dal suo desiderio di andare in Algeria a cercare un lavoro: “Dove radica il suo malcontento? Vede, andarsene è un’illusione. In nessun luogo è dato di ricominciare veramente. Si può tutt’al più modificare l’impostazione. Ovvero il modo di guardare la propria vita. Di fatto vi è sempre contrasto tra il luogo in cui ci si trova a vivere e il luogo pensato”

I due giovani si incontrano nel 1952, quando lui torna a Udine per le vacanze natalizie. Ed è qui che nasce il loro amore: “Ricordati Miriam, ricordati sempre che ti voglio un gran bene, ti amo”.

Il suo viaggio perde il senso di evasione e di scappatoia per ritrovarsi con un pezzo di anima lasciati nel Friuli: “Mi accorgo che le ore, il tempo degli orologi e dei calendari, non contano, ci può accadere di vivere un tempo di fatto, un tempo puramente affettivo, in cui sono le pene che misurano la lentezza e la durata, le gioie e il rapido fluire”.

Algeri è sempre la stessa con i suoi odori: miele rancido - olio rancido – cipria - fogna alla Kasbah - benzina - olio da macchina – polvere a Belcourt – violette – aranci, ma il cuore non è più lo stesso. Percorso da un’inquietudine sine sensu, sembra che manchi qualcosa: “Anche questa domenica siamo al crepuscolo e le luci di Algeri si accendono”.

Scrivere non basta più, c’è bisogno di realtà: “Verrà anche luglio e potremo chiacchierare, raccontarci sciocchezze importanti e guardarci negli occhi”. Una vita ricca di colore, di forme, di parole, ciascuna per ogni cosa, o fiore. Eppure non senza vuoto e buio. E sgomento nutrito di letture che inquietano il giovane immerso nel flusso dell’umanità intera, e il suo particolare: “Le chiacchere, l’abitudine, l’uso, la mortalità, ricopre e incastra la coscienza sofferente, come le dighe un relitto poggiato sul fondo da secoli che finisce per diventare melma. Penso alla condizione umana. Non la condizione spiccia, ma quella tragica dove tutto si incastra. Bah, vado lontano – torno sui miei passi”. L’amore diventa un’ancora e un’idea di serenità, e la parola salvifica: “Ho bisogno di realtà come un annegato d’aria. Ho bisogno di te, Miriam, come di un veleno buono di cui ho sempre più bisogno a dosi sempre più grandi”.

Leo ama l’Algeria, ma ama Miriam più della terra d’adozione e decide di tornare in Italia per sposarla. Il ritorno ha il gusto amaro del compromesso. Leo ottiene una posizione a Bergamo, lontano dalla sua Miriam, lontano dalla sua Africa. Affetto da una malattia rara, muore a soli 35 anni.

Rimane questo suo diario custodito con cura da sua Miriam, come testimonianza di vita, di scrittura e d’amore.




- "Leo Ferlan, La geometria dei sentimenti. Lettere d’amore, Terre di Mezzo, 2009".

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