ORDITI - Anna Rita Merico - In afasia di parola
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| Anna Rita Merico | 
Incede, foto dopo foto,
notizia dopo notizia, scambio dopo scambio, la cascata di immagini, riflessioni
su quanto accade intorno a questa impensabile pagina di storia contemporanea a
Gaza. La dissoluzione della parola è all’interno della dissoluzione del diritto
internazionale e un testo di Bertold Brecht mi torna con una prepotente
attualità a graffiare questo nostro presente arpionato da tempi bui, ancora.
Maceria, ora, è anche
il linguaggio. 
Occorrerà riscrivere
gli alfabeti
ridare sensi e
significati alle parole
come utilizzare
impunemente 
i termini “etica”,
“umanità”, “memoria”?
Siamo nell’infinito
delle nostre interrogazioni.
Si dice: un minuto di
silenzio…
Si, un minuto di
silenzio, per noi che siamo
in questi tempi bui
già visti
già vissuti eppure
presenti, ancora.
 Si, un minuto di silenzio per l’enigma che ci
abita
e che, tutto, lascia
tornare.
Vergognosamente
Bertold Brecht, A
coloro che verranno, 1939, nella traduzione di Franco Fortini
Davvero, vivo in tempi bui!
La parola innocente è
stolta. Una fronte distesa
vuol dire insensibilità. Chi
ride,
la notizia atroce
non l’ha ancora ricevuta.
Quali tempi sono questi,
quando
discorrere d’alberi è quasi
un delitto,
perché su troppe stragi
comporta silenzio!
E l’uomo che ora traversa
tranquillo la via
mai più potranno
raggiungerlo dunque gli amici
che sono nell’angoscia?
E’ vero: ancora mi guadagno
da vivere.
Ma, credetemi, appena è un
caso. Nulla
di quel che fo mi autorizza
a sfamarmi.
Per caso mi risparmiano.
(Basta che il vento giri,
sono perduto).
<Mangia e bevi, -mi
dicono:- E sii contento di averne>.
Ma come posso io mangiare e
bere, quando
quel che mangio, a chi ha
fame lo strappo, e
manca a chi ha sete il mio
bicchiere d’acqua?
Eppure mangio e bevo.
Vorrei anche essere un
saggio.
Nei libri antichi è scritta
la saggezza:
lasciar le contese del mondo
e il tempo breve
senza tema trascorrere.
Spogliarsi di violenza,
render bene per male,
non soddisfare i desideri,
anzi
dimenticarli, dicono, è
saggezza.
Tutto questo io non posso:
davvero, vivo in tempi bui!
II
Nelle città venni al tempo
del disordine,
quando la fame regnava.
Tra gli uomini venni al
tempo delle rivolte
e mi ribellai insieme a
loro.
Così il tempo passò
che sulla terra m’era stato
dato.
Il mio pane, lo mangiai tra
le battaglie.
Per dormire mi stesi in
mezzo agli assassini.
Feci all’amore senza badarci
e la natura la guardai con
impazienza.
Così il tempo passò
che sulla terra m’era stato
dato.
Al mio tempo, le strade si
perdevano nella palude.
La parola mi tradiva al
carnefice.
Poco era in mio potere. Ma i
potenti
passavano più sicuri senza
di me; o lo speravo.
Così il tempo passò
che sulla terra m’era stato
dato.
Le forze erano misere. La
meta 
era molto remota.
La si poteva scorgere chiaramente,
seppure anche
per me
quasi inattingibile.
Così il tempo passò
che sulla terra mi era stato
dato.
III
Voi che sarete emersi dai
gorghi
dove fummo travolti
pensate
quando parlate delle nostre
debolezze
anche ai tempi bui
cui voi siete scampati.
Andammo noi, più spesso
cambiando paese che
scarpe,
attraverso le guerre di
classe, disperati
quando solo ingiustizia
c’era, e nessuna rivolta.
Eppure lo sappiamo:
anche l’odio contro la
bassezza
stravolge il viso.
Anche l’ira per
l’ingiustizia
fa roca la voce: Oh, noi
che abbiamo voluto
apprestare il terreno alla
gentilezza,
noi non si potè essere
gentili.
Ma voi, quando sarà venuta
l’ora
che all’uomo un aiuto sia
l’uomo,
pensate a noi
con indulgenza.


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