ORDITI - Anna Rita Merico - Nelle Origini. Tratti di poesia del ‘900 e forme di conoscenza (una parentesi)
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Anna Rita Merico |
Ho aperto la mia collaborazione su Finestre con un testo su Nikos Kazantzakis e la Sua Odissea, riscrittura delle Origini in epoca contemporanea.
Mi capita di tornare sul tema delle Origini ogniqualvolta un tratto chieda di essere attraversato, ogniqualvolta un bivio chieda un dipanare di significati. Ogni volta è un sostare in un aspetto diverso del tema. È uno spaziare che mostra differenti e tante facce: ognuna una parentesi possibile.
La prima attenzione intorno a questa parola, oggi, mi richiama la poesia a Sud, la poesia di quello spazio meridiano all’interno del quale il verso s’incanta immobile in sospensione lallante e contemplativa. È il cielo di dentro in cui l’immobile fotogramma dell’anima si mostra spalmando l’immobile su ogni possibile azione.
… Questa è l’ora:
non più mia, arsi, remoti, simulacri.
E tu vento del sud forte di zàgare,
spingi la luna dove nudi dormono
fanciulli…
…
già l’airone s’avanza verso l’acqua
e fiuta lento il fango tra le spine,
ride la gazza, nera sugli aranci[1].
Il permanere in un dissidio non risolto intrattiene il verso: da un lato il desiderio dell’azione degli autori, dall’altro la maglia che recinta il movimento. È un fantasma che vincola ed inocula stasi, complice un universo visivo fatto di infinita ripetizione e di sole che schiaccia. Origine è quel voler stare alle spalle della parola che ha conosciuto il progresso, è il voler permanere all’interno di una verità mitologica capace di intrattenersi con il sacro.
L’origine si sottrae al movimento della storia e declama negazione del tempo e spazio incorrotto. Nella negazione del tempo la scrittura lascia gemmare parola in grado di levarsi al di sopra d’ogni patimento. La poesia è come se, al contatto con il tempo e la forma dell’origine, generasse una nuova ontologia tutta stretta intorno ad una capacità di integrazione delle parti. Uomo-natura-cosmo-visione divengono corpo unico generato dallo stare nell’origine.
Pervasi di luce vibravano i prati
accanto a fiumi verdi
tigli e roseti e olmi gonfi di linfa
rinascevano ogni giorno dalle mani
infinite degli dei giocondi e sovrani:
zitto e innocente il diavolo dormiva,
in cuor suo sentiva tintinnare anni e anni di miele…[2]
L’origine si presenta e si nutre nella capacità di addomesticare la forma e generare l’immutabile. Tutta la pulsione desiderante si annida, dunque, in ciò che ferma il passo e contempla. Un senso religioso d’appartenenza che precede la dualità, la lacerazione tra tempo umano e tempo cosmico. Diviene Origine il luogo visivo in cui la mancanza ancora non ha il sapore della perdita. Restare ciclicamente impigliati nel passo fermo ci interroga sullo statuto di una condizione che tiene fuori da condizioni possibili di appartenenza.
In un mondo che si avvia alla propria desacralizzazione, molta poesia dello scorso secolo richiama ad una rappresentazione sacra del mondo e delle sue antropologie cariche di mistero.
…
Panorama marmoreo il golfo chiude,
nel desiderio dell’inerzia, il dono
calmo sognato dall’immenso: nude,
sorgenti dal profondo al suono
armonioso dell’aria, argentee vette.
Lontano, appare, esilarata plaga
venata azzurra di tranquillo gelo,
quasi soffiata all’aria che la svaga,
la soglia leggerissima del cielo.[3]
…
Il tema della natura abitata dal sacro fa da nerbo centrale al tema dell’origine, origine che avviene ed è prima dell’estinzione della luce. È come se la parola poetica riuscisse a contenere e armonizzare le lacerazioni del pensiero attraverso consapevolezze tragiche che l’ordine della rappresentazione nel verso, occulta. L’origine è, anche, l’inesplorato e la cura attraverso cui guardare quanto perdura. La poesia che rifugge da ciò che si rompe e siede nell’attimo di un presente trasfigurato in infinito, in cui sembra che l’impossibilità di simbolizzare vegli su tutto. Sono i momenti in cui le parole vengono meno e dal silenzio straripa forza in grado di amalgamare senso ed esperienza dell’essere.
Origine come possibilità di incistarsi in nuovi inizi, è ciò che sovverte la modernità.
…
Lo spirito del silenzio sta nei luoghi
della mia dolorosa provincia. Da Elea a Metaponto,
sofistico e d’oro, problematico e sottile,
divora l’olio nelle chiese, mette il cappuccio
nelle case, fa il monaco nelle grotte, cresce
con l’erba alle soglie dei vecchi paesi franati.
Il sole sbieco sui lauri, il sole buono
con le grandi corna, l’odoroso palato,
il sole avido di bambini, eccolo per le piazze!
Ha il passo pigro del bue, e sull’erba
sulle selci lascia le grandi chiazze
zeppe di larve.[4]
…
Origine come ciò che è nel miracolo continuo ed infinito dell’evento. Origine come luogo che riconduce alla verità profonda del proprio desiderio. Un desiderio che chiede nutrimento all’interno del territorio della vulnerabilità dell’eccedenza: alberi, piazze, luce, mare, prati, fiumi, terra… tutti dati che evocano memoria e radice, traccia di sé e valore dell’origine. È la sospensione di ogni principio agonistico all’interno di procedimenti compositivi impegnati nella tensione di impadronirsi dell’essenza. L’origine è gestazione. È poetica che, pur giungendo da universi espressivi differenti, continuamente ritorna a mostrare fecondità e singolarità. Quello che pare immobilità è nucleo generante, è una tensione verso tratti espressivi maturi che dicono mondo concettuale, geografico, ricercato e fluido pensiero lessicale. La bellezza di tutto questo sostare nell’origine ha il retrogusto caldo del dolore. Quel dolore che non tutti possono trasmutare, dolore che si alza nella solitudine dell’esistere, nutrendo.
…
La pianura mirare a perdita d’occhi,
senza case, senz’alberi, senza una lettera:
livello di un’assenza a cui sole si sporgono
capre o spettri di capre morte da secoli,
che brucano le amare giade dell’insonnia,
l’acciaio senza luce d’antiche spade
quando popoli amari si scontravano
e di sangue tingevano i cieli della preistoria.[5]
…
[1] Tutti i testi poetici riportati sono tratti dall’appendice al saggio di Simone Giorgino, Carta poetica del Sud, Musicaos editore 2022. Salvatore Quasimodo Ride la gazza, nera sugli aranci, ivi pg 93.
[2] Michele Sovente In foliis, per folia cit. pg 132.
[3] Alfonso Gatto, Sogno del Golfo, ivi pg 96.
[4] Leonardo Sinisgalli, Lucania, ivi pg 100.
[5] Vittorio Bodini, Foglie di tabacco, ivi pg 107.
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