Simona Garbarino - La prismatica solitudine

Simona Garbarino



Non è una Signora che si fa amare, così di primo acchito. Siede sul suo trono e sul suo potere con una certa alterigia: sa di possedere diverse armi e tante identità.

A seconda della situazione e del soggetto in questione può trasformarsi in docile animale da compagnia, amica fidata e confidente, incubo diurno e notturno.

C'è chi la sfugge facendo abbuffate di eventi, cose da fare, impegni lavorativi, amici, aperitivi, cene e dopocene, sfinendosi in un tourbillon continuo e vorticoso, nel vano tentativo di non pensare, non sentire il suo alito alle spalle.

Ma lei è abile e sa come muoversi, sa come insinuarsi anche in interstizi impercettibili all'occhio umano. E sa come pungere o come ferire con un taglio netto, chirurgico, un taglio che lì per lì non fa male, tanto è fulmineo.... Ma il dolore arriva dopo, eccome se arriva.

Non si è mai vista una ferita che non procuri dolore, figuriamoci un taglio così.

Questa è la solitudine da cui, prima o poi, ciascuno di noi vuole sottrarsi per paura, per timore di entrare negli scantinati della nostra casa interiore; una paura che si sostanzia al cospetto di porte che non vorremmo aprire, che abbiamo deciso di sigillare per sempre.

L'onnivora solitudine può tutto in casi come questi: scardinare porte, dilatare la percezione dello scorrere delle ore, dei minuti, persino dei secondi. Allora succede che in sua compagnia il tempo si sfarini, fuoriesca dalle logiche rilevabili imposte dall'uomo e si stemperi in un tempo indeterminato e non collocabile dove la vittima di turno si avverte sconfinato, indefinito.

Questa è la versione cruda della Signora, la versione che tutti temiamo, quella che può portare alla disperazione, o peggio. O peggio.

Poi abbiamo la versione lunare, meditativa, blu, notturna consolatoria, quella che si brama, quella che si ricerca come bene-rifugio, come luogo dell'oblio, come tana che offre riparo. E' la solitudine benedetta, quella che apre le sue braccia per regalarci spazio, spazio-tempo, spazio-rêverie.

E' la Signora fautrice del pensiero creativo, ideativo, poietico. Ci allontana da tutti i distrattori e da tutte le distrazioni, dalla cacofonia del tempo accelerato ed ottuso, ci salva da tutto ciò che stordisce, che impera senza costrutto, da tutto ciò che decentra. E lei, lì, regala un centro, un luogo fisico e metaforico dove è possibile ritrovare una radicamento, un sentire puntuale, concentrico.

In questa versione la Signora omaggia, elargisce doni che sono perle in grado di assumere vesti cangianti per trasformarsi in pensiero fecondo, in scrittura, meditazione, disegno, danza... E mille altre perle assegnante ad hoc, mai a caso, perché la Signora ci conosce bene (è una grande osservatrice!) e cuce per ciascuno l'abito giusto.

È possibile, allora, che ci si innamori di lei, che la si ricerchi appena possibile come l'aria che respiriamo e di cui abbiamo bisogno per vivere. Succede che si ricorra a lei più volte al giorno come uno stato di necessità, senza il quale la nostra vita apparirebbe scolorita, depauperata dal continuo scambio con gli altri. Un'oasi felice, riparatoria, munifica.

Ma anche questo ha controindicazioni che non vanno sottovalutate. La solitudine prismatica può cambiare faccia quando vuole, mostrando in un batter d'occhio tutta la sua brutalità, la sua crudeltà. Quindi? Frequentiamola ogni giorno a piccole dosi, magari più volte al giorno ma non accettiamo di stare al suo guinzaglio. Non deve essere lei il capitano del nostro rabdomantico errare. Non concediamole questo privilegio o diventeremo presto suoi sudditi. Invitiamola al nostro desco come un ospite atteso e benvoluto, banchettiamo con lei, ospitiamola con generosità, senza fretta, poi decidiamo noi quando sarà giunto il momento del congedo, magari con un affettuoso "Au revoir chère amie".


(...) Tu tienimi

come guscio di noce

nel pugno

fessura tra i mondi.

C'è silenzio tra te e me

c'è perla.

Ti tengo (1)




1.  Chandra Livia Candiani, da "La bambina pugile ovvero La precisione dell'amore", Giulio Einaudi Editore, Torino, 2014, pag. 25




Commenti

  1. Sei più brava di un risorto Freud! Sei tu / la mia analista preferita, mi dai vita! Firmato Luigi Nespoli

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    1. Ti ringrazio infinitamente…troppa grazia. Sono solo riflessioni nate da esperienze di vita. Nulla più. Grazie ancora

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