Doris Bellomusto - La vanità e l’oblio
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| Doris Bellomusto |
Scrivere è un vizio, non c'è niente virtuoso nella mia scrittura. Io scrivo per trovare riparo, per accantonare le cose che mi consumano senza che io lo voglia; per allargare il perimetro, per vedermi intera, per nascondermi, per trovarmi.
Scrivo per distrarmi o per restare attenta, per disegnarmi più bella; per vanità, per miseria, per noia, per ozio. Scrivo perché scrivendo imparo a guardarmi, vedermi per come sono stata, per come sono, per come vorrei essere. Mi vedo sempre sfuggente, ridicola, minuta, egocentrica. Scrivere non fa che amplificare i miei vizi, ma in fondo i miei vizi a chi mai possono far male?
La vanità mi ha nutrita negli anni dell'infanzia, quando pranzavo nella sala dei nonni. Seduta al tavolo, di fronte a un lungo specchio, inginocchiata su una sedia scomoda, guardavo me nello specchio e mi chiedevo a chi volessi somigliare. Masticavo sogni futili insieme alla minestra e bevevo a grandi sorsi un'allegria remota, primitiva, che non è più tornata, che forse non c'è stata mai, se non per me bambina fanatica.
E così ho imparato a mostrarmi. È vanità? È narcisismo? È tutto e niente. È inezia. È gioco! È una risata allegra, è pensarmi leggera, leggera. Senza peso, senza storia. Eppure mi piace anche vedere il tempo tracciare il suo disegno sul mio viso e sul resto.
Ho imparato a mostrarmi perché non credo più alla bugia che vuole l'anima divisa dal corpo.
Pare sia giunto il momento di cominciare a contare le rughe. La vanità mi restituisce al gioco, lo specchio è la porticina magica che mi riporta agli anni d'oro della mia infanzia.
Io chiedo poche cose.
Datemi un cuore
pulito, lindo e lucido
comodo e spazioso
esposto a ovest
così da imparare
la morte
nell'ora lenta del tramonto.
Fatemi entrare
scalza
col prendisole
offritemi da bere
acqua, limone e menta
ditemi una menzogna
buona e non chiedete a me
nessuna verità
Io vi darò in dono
la vanità e l'oblio
nel valzer degli addii
che non so mai danzare
Bravaaa, sei un Poeta
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