Doris Bellomusto - Fidarsi del tempo, affidarsi al vento

Doris Bellomusto

Trascorro il mio tempo fra cianfrusaglie sparse, varie ed eventuali. Spariglio io prima che lo faccia il tempo, mi prendo in giro, mi tengo dritta. Mi perdo, mi cerco, mi prendo a schiaffi, mi accarezzo i capelli e i ricordi. Faccio entrare il vento in casa, apro le finestre, respiro e prendo tempo. Mi distraggo, mi disperdo, mi diverto. Sono intatta, intima e manifesta, controversa, contorta, storta. Sono una storia fra mille, sono una Sherazade qualunque, sono il dubbio, la perplessità, il forse che apre le porte a nuove possibilità (di conoscersi), sono gli orizzonti che ho perduto e che “non ritornano mai”. Sono il mai e il sempre, il tutto e il niente. Sono qui e sto, mai sazia.

Fra qualche anno non sarò più così, avrò più rughe e meno sicurezze, forse, avrò perso persone care e certezze. Mi guarderò indietro e mi vedrò per come sono oggi: piccola, testarda, avida, sognatrice, idealista, concreta, determinata, pigra, claudicante in ogni cosa che faccio, mai del tutto certa delle mie scelte. Mi vedrò camminare con questa andatura ora lenta ora veloce, col fiato corto, il cuore pigro di chi ha sempre bisogno d'amore. Mi vedrò così e, forse, mi chiederò come avrei potuto far crescere questo mio mondo piccolo. Sarà sempre intatto? Immagino di sì e immagino di contaminarlo, a poco a poco, di tutti i pensieri e sentimenti che fioriscono in questo mio breve perimetro.

Senza che io me ne accorga, a volte, l'anima mi chiede di camminare piano e portarmi dove c'è silenzio, natura e bellezza. Quando sento di essere nel posto giusto mi siedo e ascolto in silenzio la voce delle cose che ho intorno: rumori, cinguettii, silenzi. In questi momenti, Imparo che bisogna fidarsi del tempo e affidarsi al vento, dare ospitalità alle creature che ci abitano il cuore.
Solo quando resto in ascolto del mio respiro mi fido del tempo e mi affido al vento. .

Mi fido della rosa e delle spine
della passiflora e del rosmarino
dell'agave e dell'edera,
dei bambini, dei nonni, dei gatti, dei cani.

Mi fido del letargo, delle tartarughe che sanno dove andare appena rotto il guscio.

Mi fido del mare che s'infrange e resta intatto.

Mi fido del mio sangue, della mia pelle ruvida,
degli occhi grandi, della carnagione ambrata,
dei nei che disegnano costellazioni.

Mi fido delle azioni minime, dei silenzi,
del sonno senza sogni,
dei sogni che si ricordano al risveglio,
del passo incerto dei sonnambuli.

Non mi fido dei ragionamenti né dei tormenti.

Mi affido all'odore dolce del gelsomino
e prego annusando l'aria.
La coda del gatto
disegna sul pavimento
il mistero buffo dell'essere
nient'altro che materia.

E intanto il pettirosso
mi racconta chi sono e chi voglio essere,
mi insegna a costruire
il nido per abitare il cielo.

Commenti

Post più popolari