Anna Rita Merico - Peter Handke

Anna Rita Merico

 



… scosse della durata,

custodite ora siete

in un canto. (1)



Pelle.

Trasparenza epiteliale che ci consente di non esplodere.

Apparentemente la pelle è naturalmente parte scontata del corpo.

In realtà la pelle si elabora, si “fa” nel corso del tempo.

Si “fa” avendo cura del limite, del confine, della lineasoglia che tiene il corpo dentro il ciò che è per sé.

Il dolore del senzapelle è inanerrabile emorragia del dentro verso il fuori.

Provo a pensare alla pelle di più parole: memoria, decisione, danza, pioggia.

Mi tiene in questo pensiero Peter Handke. Scopro, per me, come il Suo Canto alla durata sia voce capace di nominare il contenimento del tempo. Anche il tempo ha propria pelle.

Il tempo degli inizi è caotico, derviscio. Il tempo della memoria, passato che evapora nel presente. Il tempo perduto per infinito rammarico. Il tempo della follia quando frulla l’assenza di ciò che scorre e s’annida in un chiodo fisso. Il tempo dell’innamoramento, intimo rapimento e risveglio di cellule dormienti. Il tempo lento che gocciola colloso nelle vene. Il tempo dell’attesa, schegge di muto, spigoloso liquido raffermo.

Il Novecento apre con una ricerca sul tempo.

Ma Agostino ne aveva detto anche.

Ogni tempo nuovo è scrittura di tempo.

La durata è pelle del tempo.

La durata è uno dei volti del tempo. Apparentemente scontata ma, nei fatti, dura conquista. La durata ha a che fare con lo sguardo, è una modalità dello sguardo di annidarsi nel vivente e tenerlo.


… Quel senso di durata, cos’era?

Era un periodo di tempo?

Qualcosa di misurabile? Una certezza?

No, la durata era una sensazione,

la più fugace di tutte le sensazioni,

spesso più veloce di un attimo

non prevedibile, non controllabile,

inafferrabile, non misurabile… (2)



Con quale tipo di misurazione ha a che fare la durata?

Rapita da ricordo mi fermo nel dentro di accadimenti passati, se ne allargano a dismisura particolari, colori, fattezze, intagli di immagini. E’ durata questo sostare attento, meravigliato, ricco. E’ una delle fonti dello stare in scrittura poetica?

E di cosa si sostanzia l’incanto della linea meridiana nella poesia a Sud? La durata è luce che avvolge e ferma e sospende? La durata ha a che fare con la natura dei luoghi in qualsiasi meridiano essi si trovino?


… Ma il luogo principale della durata per me

È la FontaineSainte-Marie

Nel bosco ai margini di Clamart e Meudon.

Sgorga in una radura del bosco,

in un triangolo d’erba formato da vie che si incrociano

con una piccola trattoria sullo sfondo, un locale con

giardino

una costruzione in pietra tinteggiata di rosso all’esterno,

accogliente all’interno…

Se mi chiedessero dove sia per me il centro del mondo

direi la Fontaine Sainte-Marie… (3)


La natura, la presenza umana impastano una situazione elaborata dal pensiero. Handke ci accompagna nell’intreccio di luogo e sentire. E’ un intreccio che apre alla dismisura, a ciò che travalica il mero vedere. La durata colloca fuori dalle utopie progressiste. La durata è chiave per una sospensione dello scorrere temporale. E’ sospensione che mostra anima e bellezza creaturale di ciò che, a prima vista, pare noncreato. La natura dei luoghi non ha fondamento senza questo innervamento nella durata che rende il luogo un corpo vivente.



No, quel giorno provando tutto questo capivo

che al miracolo mancava la durata.

Ero riuscito sì a fermare l’attimo,

ma nemmeno così

avevo qualche diritto su di lui.

A casa, subito a casa, pensavo,

tornare nel povero giardino



Ancora una volta ho capito

che l’estasi è sempre un che di troppo,

è la durata invece la cosa giusta.

Eppure l’accenno al giardino di casa

non vuol significare

che si possa raggiungere la durata

con una residenza stabile

e con le abitudini.



Certo, la durata è l’avventura del passare degli anni,

l’avventura della quotidianità,

ma non è un’avventura dell’ozio,



Credo di capire

che essa diventa possibile solo

quando riesco

a restare fedele a ciò che riguarda me stesso,

quando riesco a essere cauto,

attento, lento, … (4)


Cogliere la durata implica attesa come s’attende un frutto che matura vermiglio e succoso nel lucore d’un giardino tra mura antiche e scure zolle grasse. Un canto alla ricerca dell’essenza della durata. La durata è cantata, da Handke, come rizoma dell’universo percettivo. La durata s’incista nel dentro dell’emotività portando tempo e sentire in una dimensione dell’attenzione al presente. Handke coglie in questo farsi della temporalità legame al luogo e confini dello stesso, onde di movimento e spazio semiotico conducendo all’interno dell’autenticità di quest’esperienza. E’ un’autenticità che ha, come misura, il proprio saper emergere dallo spazio razionale, misurativo e misurante, oggettivo. E’ esperienza che inonda il desiderio di ridefinizione del tempo stesso. La durata si dipana all’interno di una dimensione narrativa, estesa. Una dimensione dell’astorico piantata nel cuore dell’essere. La durata come arcano spazio visionario.

La durata non è.

Non è amore tra i sessi. Non è abitudine. Non è sedentarietà. Non è miracolo. Non è estasi. Non è perdita di vita nell’attimo imbozzolato della contemplazione. Guardarmi amichevolmente. Stare dentro le piccole cose. Mi stacco dalla riva verso un vicino ignoto con occhi e orecchi aperti.



Le chiacchere dentro di me,

un tormento fatto di molte voci,

lasciano il campo alla meditazione,

una sorta di silenzio redentore,

dal quale poi arrivando in quel luogo

s’innalza un pensiero esplicito, il mio pensiero più

elevato:

salvare, salvare, salvare! (5)


Riflettere sui contenuti della scrittura e degli immaginari del secondo ‘900, al termine della II Guerra Mondiale e stando in un osservatorio particolare che è la Germania, consente di ascoltare i mille rimbombi del risveglio da un incubo che chiede ricostruzione non solo di città ma, anche, di fibre di pensiero possibile. Da dove veder rinascere parola e parola poetica? Colmare lo spazio di una patria perduta e lasciarla rinascere nel dentro dell’anima. Un passo indietro, niente che sappia di progresso, occorre una corsa di resistenza, un’assenza elaborata, un giungere a dire:




Mi sono educato

ad attendere la durata

senza la fatica del pellegrinare… (6)



Un testo denso apparso nel 1946, un pensiero che intende superare quelle interruzioni d’essere, come le definisce Sylvia Plath, che tanto luogo hanno avuto nel Novecento. Superamento dell’interruzione in favore della durata; superamento dell’isolamento dell’io in favore di tessitura di connessioni con sé, con il mondo; superamento del frammento in favore di un’articolazione lunga del pensiero poetico. Un testo che continua a parlare al nostro sentire, tenendolo nella domanda di sé.


Peter Handke - Canto alla durata







Riferimenti:

 

1. Peter Handke, Canto alla durata, Einaudi ed 2016, p, 53

2. Ivi, p. 5

3. Ivi, p. 41

4. Ivi, p. 15 e ss.

5. Ivi, p. 41-45

6. Ivi, p. 45


Commenti

Post più popolari