Simona Garbarino - Sull'anima o quel che ne rimane

 

Simona Garbarino

Prima o poi ci si interroga sull'anima. Prima o poi accade di inciampare o sostare sulla ragione della sua esistenza o, se ne siamo già certi, sulla valenza del suo impalpabile esistere.

È lecito porsi alcune domande in merito. Lecito perché l'anima sembra riguardarci da vicino, ma anche da lontano.

Lecito, ad esempio, è domandarsi che cosa faccia tutto il giorno, di quali temi o problemi si intenda, in quali faccende sia affaccendata. Chiedersi se sia competente in qualche specifica materia o se sia un'appassionata di storia, antropologia o cosmografia interiore.

Se sia un'entità generalmente curiosa (un po' di questo, un po' di quello... Che poi è come intendersi di niente), oppure un'attenta studiosa delle cose umane e interstellari.

Se abbia animo (scuserete il bisticcio di parole) di curatrice o se sia, al contrario, bisognosa di cure.

Ecco, questo io mi chiedo sostando, di tanto in tanto, nei corridoi della vita.

Sì, perché non è che si possa stanare o auscultare l'anima mentre stiamo pagando alla cassa di un supermercato o addormentandoci in coda alla posta.

Lì è più facile che l'anima si spazientisca e ci abbandoni per vagare in un altrove più allettante.

Vero è che lei, a volte, sembra che goda di ottima salute anche in quei luoghi, ad esempio se prestiamo orecchio all'incontro con l'altro, se rispolveriamo la capacità di vedere poesia nelle piccole trascurabili cose: quel "potrebbe prendermi quei biscotti lassù, lei che è alta?" dell'anziana signora col carrello pieno di attese disattese, mentre tu  rispondi prontamente "ma certo, signora, ci mancherebbe"... E lì l'anima riappare e gongola perché le hai dato una soddisfazione, e allora ti premia, si fa sentire e tu, ad un tratto, ti senti sazia, sazia di un bene cucciolo che irradia calore e una specie di strana beatitudine.

 

A volte la immagino, cerco di collocarla vicina a me, prossemicamente fuori dal corpo ma sempre collegata. Le assegno una corporeità, una solida levità, movenze, calore. Le assegno persino un carattere, desideri, paure e colori: un'anima bianca è diversa da un'anima marrone, un'anima viola non ha punti di contatto con un'anima rossa. Ogni colore d'anima ha precise caratteristiche e funzioni, anche se, talvolta capita che queste si mescolino, così come fanno le carte, e perciò si contaminino. Allora capita di avvertire la propria anima rossa con qualche sfumatura di grigio e un tocco di viola, e non è semplice, perché significa adattarsi alla prismaticità dell'anima, alla sua incomprensibile mutevolezza.


Non è facile convivere con lei ma neanche vivere senza di lei. Quando se ne va ce ne accorgiamo subito: diventiamo opachi, i colori ci abbandonano, il senso delle cose trasloca, rimaniamo come disabitati... Eppure apparentemente viviamo, lavoriamo, prendiamo il nostro caffè al mattino, parliamo con chi ci incontra, ma siamo svuotati, disadorni: un senso di abbandono ci pervade e tutto sembra privo di ragione.

Che cosa è accaduto? L'anima ci ha lasciati. E l'anima può lasciarci per tanti motivi: per disamore nei nostri confronti, perché l'abbiamo delusa, perché non siamo più "capaci", cioè in grado di contenerla.

L'anima se ne può andare perché siamo stati invasi da un dolore che schiaccia ogni cosa e il dolore, se vuole, può diventare padrone assoluto e spazzare via anche l'anima.

Lei non è una che ama le discussioni, lei è capace di andarsene e rinunciare alla battaglia: In breve: lei rimane solo se sa di essere un'ospite gradita.

E questo dettaglio è da tenere sempre in considerazione. Lei sosta e si manifesta dove sa di non essere aggredita. Ha solo bisogno di tempo dedicato, cura e bellezza. Un essere curante ha sempre bisogno di essere curato.

 

Wisława Szymborska

Szymborska lo aveva capito da tempo e a lei ha dedicato spazio, parole, un intero immaginario. Nella bellissima poesia Qualche parola sull'anima che cosa scrive? Leggiamo insieme:

 

" L'anima la si ha ogni tanto. Nessuno la ha di continuo e per sempre”.

 

Concludendo con:

 

"si direbbe che così come lei a noi, anche noi siamo necessari a lei per qualcosa".

 

Una poesia ironicamente rivelatrice questa di Wisława, un parlare dell'anima con occhi quotidiani, abituati a colloquiare con lei come si farebbe con un'amica di vecchia data, e quindi a darle credito per come appare o per quel che ne rimane, a nostro/vostro piacere, contando su di lei "quando non siamo sicuri di niente e curiosi di tutto"[i].



[i] Wisława Szymborska, Qualche parola sull’anima, in La gioia di scrivere – Tutte le poesie (1945-2009), Adelphi 2009


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