L'INGRATO - David La Mantia - Abbasso Dante. Viva Dante
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| Scultura di Enrico Pazzi, 1865. Piazza S.Croce, Firenze (dettaglio) |
Io Dante lo immagino così. E
non vi piacerà.
Ricordando che non aveva il
naso adunco, che non era magro e lungo, ma basso e con un gran pancione. Che
era arrogante, molto. E non avrebbe mai parlato con noi contemporanei: gli saremmo
sembrati vuoti e frivoli. Inutili. Piccoli. E comunque indegni della sua
intelligenza.
Che probabilmente era un gran
donnaiolo. Ma grandissimo. E che le donne, altro che Beatrice… "sfacciate
donne fiorentine/l’andar mostrando con le poppe il petto". Che aveva una
visione patriarcale per cui le donne dovevano essere pudiche e l'uomo poteva
divertirsi in giro.
Che era, insomma, un
conservatore, ma di quelli incrollabili, sgradevoli, che vedono verità e
giustizia solo nel passato. Anzi, in una mitizzazione di un passato che non
hanno mai conosciuto.
Che politicamente non contava
nulla, visto che la sua famiglia non era stata cacciata da Firenze dopo
Montaperti, come capitò a chi contava davvero. Che non contava nulla perché fu
eletto Priore proprio quando si doveva decidere dopo le coltellate di Calendimaggio
del 1300 che cosa fare dei colpevoli e nessuno voleva stare nel collegio dei
giudicanti, perché questo avrebbe significato inimicarsi tutte famiglie che
contavano, i Bianchi ed i Neri, i Cerchi ed i Donati.
E poi peggio.
Che mandò a morire Guido
Cavalcanti, il suo migliore amico. Che avrebbe potuto salvare, mandandolo in
Umbria come fece con i Neri e non nella palude malarica di Sarzana. Che fece tutto
questo per avete visibilità, per quattro soldi e perché credeva che in quel
momento avrebbe mostrato a tutti la sua equità. Povero illuso. Guido. L'unico
che lo aveva aiutato davvero, dandogli una armatura ed un cavallo per la
battaglia di Campaldino, non facendolo combattere come quei fanti che non
satebbero mai tornati vivi a casa. Guido. Che l'aveva introdotto nell'ambiente
poetico, che l'aveva fatto entrare nel gruppo segreto del Fedeli d'amore.
Guido. Un amico.
E poi peggio. Che forse
qualche bustarella l'aveva presa. In difficoltà com'era, con tutti quei figli
ed una moglie che si lamentava di lui. Perché non accettare? Lo facevano tutti.
Che non era così innocente come si definisce nella Commedia. Che la baratteria
l'aveva commessa, eccome.
Che forse l'esilio se lo
meritava. O anche peggio.
E che era mangiato dalla
rabbia, dall'odio. Dall'invidia. E non era capace di perdonare. Di scrollare le
spalle e fregarsene.
Sì, Dante non era
probabilmente una bella persona. Come quelli che perdono una madre da piccoli e
sono costretti ad una nuova madre. Come quelli che sposano una donna che non
amano. Come quelli che si ritengono intelligenti e superiori agli altri, ma
sono costretti a centellinare gli spiccioli, senza avere i soldi per un
cappotto e per offrire da bere al bar. Come quelli che si mangiano dentro
perché credono che il mondo sia ingiusto con loro.
Sì, Dante non era una bella
persona.
Eppure, nonostante questo, o
forse anche per questo suo essere così umano ed imperfetto, così feroce,
proprio come noi, come ognuno di noi, ci è vicino ancora oggi.
Vicinissimo.
E ci parla anche di quello che
ci sta davanti. Come nessuno.
E ci parla come qualcuno che,
anche quando racconta di rutti e puzze, ti lascia a bocca aperta e ti invita a
pensare.
Ti invita a pensare.
Ed ad agire.


Una bella riflessione,succede con molti grandi,che a distanza di secoli siamo propensi a mitizzare.E questo sembra confermare che le qualità o i difetti umani non hanno niente a che fare con la grande qualità della scrittura che riescono a produrre.Un altro esempio può essere Pablo Neruda.
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