LADRO DI STELLE - Marco Brogi - Vi svelo altri ‘Ladri di stelle’

 

Marco Brogi

Quanti ladri di stelle nel cielo spigoloso della vita. ‘Ladri di stelle’ è il recital di canzoni, poesie e prose poetiche sotto forma di lettera dedicate a personaggi dello sport e dello spettacolo che alcuni anni fa portammo in giro con Nicola Costanti, cantautore e, soprattutto, mio amico. Omaggi a un manipolo di irregolari, di irrisolti, a volte accomunati da un destino tragico. Un po’ perdenti anche quando sono vincitori e un po’ vincitori anche quando sono perdenti. Persone che, per dirla con i versi di un mio amico poeta, Maurizio Tolotti, ‘non hanno avuto paura del loro coraggio’. Qualche nome: Luigi Tenco, Piero Ciampi, Ezio Vendrame, Augusto Daolio, Marco Simoncelli, Cassius Clay, Abebe Bikila. Fu in quella circostanza che Nicola e i suoi musicisti mi affibbiarono il soprannome di ‘Ladro di stelle’, che porto con gioia e con cui firmo queste incursioni nelle Finestre. Dopo quelli apparsi nel contributo dello scorso 30 maggio, ecco altri ‘Ladri di stelle’.

 

Caro Ago (Agostino Di Bartolomei),

 

i morti sono sempre lì, dove li abbiamo lasciati. Siamo noi che ce ne siamo andati. Anche tu sei sempre lì, a fare da sentinella al calcio della fanciullezza. Il mondo, compreso quello del calcio, ha camminato, si è spostato da un'altra parte. Il tatuaggio ha sostituito il coraggio, l'orecchino il bambino, gli atteggiamenti sgargianti lo scuro dei tuoi silenzi. Il mondo non se lo merita un mondo così. Anima intasata, puoi dirmi la tua stella, quella che tutti abbiamo o crediamo di avere, chi l'ha strangolata? Quando è stato, Ago, che l'ago della bussola ti ha indicato il paese del non ritorno? La Roma ti fece, chi ti disfece? <Ooooh Agostino Ago Ago Ago Agostino gol> intonava la curva Sud. E ancora lo fa.

 

Caro Michael (Schumacher),

 

ti scrivo mentre sei in una stanza d'ospedale tra il traffico e il cielo, né assente né presente, che dipendi da una macchina, tu che le macchine le hai comandate fino al giorno in cui una fulminea voglia di lentezza ti ha fregato per sempre. Cadere a 50 all'ora dagli sci in un sonno senza risveglio. Come se gli dei della velocità avessero voluto farti pagare quella improvvisa voglia di normalità, quell'elogio della lentezza scritto sulla neve di un pomeriggio in famiglia. È venuta giù pioggia da milioni di occhi. Ci vorranno le gomme da bagnato.

  

Caro Giovanni (Battaglin),

 

non so perché succede. Succede e basta. Ogni tanto mi torna in mente il mondiale di ciclismo a Valkenburg del 1979. Avresti vinto tu se un destino scorretto, con le sembianze di due compagni di fuga (l’olandese Raas e il tedesco Thurau), non ti avesse scaraventato a terra a pochi metri dal traguardo. Ci vuole talento per perdere così. Pensa alla mediocrità di una vittoria sfumata perché un altro ha più benzina di te nelle gambe. Positive o negative che siano nello sport il destino ha attenzioni soprattutto per i campioni. Mi è sempre piaciuta, Giovanni, la tua vulnerabilità, la tua splendida incostanza. Il lunedì Brunello   e il martedì Tavernello, il mercoledì oro e il giovedì latta, il venerdì Ferrari e il sabato Panda. La domenica dipende. Al Giro d’Italia del 1981 sei rimasto Brunello per tutte le tappe e hai vinto, ubriacando di gioia i tuoi tifosi. Come passi i giorni? È vero che vendi biciclette? Un giorno vengo lì e me ne compro una. Il problema è che non essendo un campione non ci sarà mai un destino a farmi lo sgambetto mentre sto per vincere il Campionato del Mondo. 


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