OSSIDIANA - Olivia Balzar - La notte il bosco bisbiglia
![]() |
| Olivia Balzar |
La
notte il bosco bisbiglia. Me ne sono accorta soggiornando nel Sannio. Da quelle
parti il tempo sembra sospeso, il folklore si intreccia con la realtà, il sacro
col profano e i piani del reale si confondono. Il vento tra le fronde degli
alberi provoca un suono simile a voci umane che sussurrano concitate. Un luogo
come questo non può che essere culla di leggende e folklore. È da qui che
voglio iniziare il mio viaggio tra storie di streghe e leggende popolari. “Sai
chi vive da queste parti? Le Janare - mi dice un barista che mi serve
il caffè in una delle stradine di Benevento - Mia madre ha cento anni e ne
conosce di storie…”. Io sorrido perché sono qui per questo, per capire
l’impatto di una figura come quella della Janara ai giorni nostri e sono la
terra stessa e i suoi abitanti a darmi la chiave di lettura. Si dice che il
nome Janara derivi da Dianara, sacerdotessa
di Diana, oppure dal termine latino
“Ianua”, ovvero porta che sottolinea
la loro natura liminare. La leggenda parla del Noce di Benevento che attirava
streghe da ogni luogo e intorno al quale si compivano danze dionisiache. Rimbaud le descrive così “Je danse le sabbat dans une rouge clairière,
avec des vieilles et des enfants”. Dietro i racconti tramandati attraverso
i secoli che vedono le Janare volare sulla scopa, compiere abomini e lanciare maledizioni,
c’è molto altro. Ci sono storie di donne reali che custodivano la sapienza popolare,
curavano i malati, il bestiame, usavano sapientemente le erbe officinali. Erano
donne non conformi, che uscivano dai ruoli imposti dalla società, per questo
additate come eretiche. Non erano solo guaritrici, ma anche sarte, levatrici,
prostitute, donne che attiravano l’invidia dei paesani. Era la superstizione a
condannarle. Le voci, le dicerie, le malelingue dei benpensanti hanno fatto
vittime innocenti come in guerra. Durante l’olocausto delle “streghe”, non vi
sono documenti che attestino condanne a morte di persone accusate di
stregoneria nel Sannio. Non sapremo mai se i documenti siano andati persi o se
effettivamente da queste parti non ci fu alcun rogo. Una donna mi racconta che
la sua bisnonna le diceva che gli abitanti di queste zone hanno sempre
rispettato le Janare, riconoscendo loro una sapienza antica. Le hanno temute anche,
tanto da tenere ancora oggi le scope di saggina fuori dalle porte, per tenerle lontane.
È ancora sotto pelle quella paura atavica. La paura che qualcosa sfugga al proprio
controllo, che esista qualcosa che non si può spiegare.
Nel mio libro “Là dove finisce il mondo” (Edizioni
Ensemble) parlo così delle Janare:
Sarte,
levatrici,
speziali,
letterate,
illetterate,
indipendenti,
intelligenti,
non
conformi,
ribelli,
sole,
solitarie,
ai
margini,
janare,
masche,
magare,
streghe.
Così
era e così sarà.
Nei
secoli dei secoli.
Libere.
.png)

Commenti
Posta un commento