NULLA DI SERIO - Danilo Lombardi - I Nobel per la Pace (un percorso tortuoso da Albert Schweitzer a Maria Corina Machado, passando da Martin Luther King e dal Dalai Lama...)

 

Danilo Lombardi


Il premio, istituito dal testamento di Alfred Nobel nel 1895, viene attribuito dal 1901 alle persone che si sono distinte per l'impegno in favore della pace mondiale, apportando un importante contributo a quest'ultima. 


A differenza degli altri premi Nobel, viene assegnato in Norvegia, non in Svezia, perché all'epoca i due stati erano uniti.


L'altra differenza, non di poco conto, è che, mentre i premi per la scienza e per la letteratura vengono decisi da istituzioni svedesi (l'Accademia reale svedese delle scienze per i Nobel della chimica e della fisica, l'Istituto Karolinska per la medicina, l'Accademia svedese per la letteratura), quello per la pace viene deciso da un Comitato nominato dal Parlamento norvegese.

È stato appena dato l'annuncio, la vincitrice per il 2025 è Maria Corina Machado “per il suo instancabile lavoro nella promozione dei diritti democratici per il popolo venezuelano e per la sua lotta per raggiungere una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia”. E poiché si tratta di una delle più grandi, o forse la più grande riserva petrolifera del mondo, non dubitiamo che si tratti proprio di questione di democrazia... 

L'instancabile, per quanto riferiscono le cronache, avrebbe chiamato telefonicamente Trump il 10 ottobre, ma non è chiaro cosa i due si siano detti. Se diamo credito, e forse non è il caso, a quanto riferisce il presidente supremo degli USA, sembra che Machado gli abbia detto che lo accettava in suo onore e che lo avrebbe meritato lui...

Il lato positivo è che la telefonata ha dissuaso Trump dal far levare in volo i bombardieri americani per radere al suolo Oslo e cancellare l'affronto (forse questo era stato previsto dal comitato norvegese, a futura legittimazione della vincitrice, perché in fondo sempre di pace si tratta...).

Prima di percorrere l'elenco dei vincitori del Nobel per la Pace, dal 1901 ad oggi, per capire, se possibile, quali criteri abbiano mai potuto guidare i componenti del Comitato Norvegese per il Nobel (vi invito a ricercare le biografie degli attuali componenti in rete, capirete molte cose), e senza voler influenzare le opinioni di nessuno, non posso ignorare che questa designazione non è stata accolta favorevolmente da tutti (nemmeno da me, credo sia intellegibile).

Personalmente, dopo essermi sforzato per capire cosa c'entri l'impegno in favore della pace mondiale con gli sforzi profusi per rovesciare l'attuale regime dittatoriale - e sottolineo dittatoriale - in Venezuela, ho cercato di trovare qualche notizia in rete proveniente da fonti attendibili.

A parte aver definito Israele, nel 2021, un genuino alleato della libertà, sembra che la nostra fresca vincitrice non abbia mai nascosto le proprie simpatie per i partiti dell'ultra destra europea, oltre ad aver invocato l'intervento diretto degli USA per rovesciare l'attuale governo dittatoriale in Venezuela. Attività politica da ritenere lecita, come libera manifestazione del pensiero da garantire a ciascuno di noi, ma continuo a non vedere il nesso con l'impegno per la pace mondiale, a meno che per pace non si intenda la vittoria delle forze politiche alle quali si aderisce a danno degli oppositori.

A complicare, non voglio dire snaturare, la natura del riconoscimento sono arrivate nel 2005 le dichiarazioni del Comitato per il Nobel, che afferma pubblicamente che il premio sarà assegnato solo a persone, gruppi o organizzazioni che hanno impegnato la loro esistenza al servizio dei diritti umani, alla difesa dei modi di diplomazia, e sin qui va bene, ma anche alla promozione del "Modello Liberale", concetto da approfondire visto che la nostra Costituzione, ad esempio, affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli socio-economici che impediscono il pieno sviluppo della persona e la partecipazione di tutti alla vita del Paese.

Si diceva del percorso tortuoso, dal mio punto di vista, che ha caratterizzato questo Nobel da quando, nel 1952, venne assegnato ad Albert Schweitzer, che cito in quanto era un chirurgo, missionario in Africa, noto a tutti nella seconda metà del secolo precedente, forse più un esempio per l'azione umanitaria che per la pace in senso stretto. Comunque una scelta poco criticabile per una persona encomiabile.

In precedenza, e nessuno può ricordarlo se non consultando le fonti storiche, si era partiti con il fondatore della Croce Rossa, Henry Dunant, e con vari esponenti dell'Ufficio Internazionale della Pace di Berna, la più antica istituzione, evidentemente desueta, per la diffusione della pace e di cui quasi tutti ignoriamo l'esistenza, per poi incappare nel 1906 in Roosevelt, 26° presidente USA noto più per l'interventismo che per il pacifismo.

Nel 1948 il premio non viene assegnato al Mahatma Ghandi, apostolo della nonviolenza assassinato lo stesso anno. Il premio, infatti, non poteva essere assegnato ad una persona deceduta. Meglio assegnarlo a politici le cui azioni, in futuro, non possono essere prevedibili, come avvenne nei decenni successivi.

Gandhi fu candidato al Nobel nel 1937, 1938, 1939, 1947 e anche nel 1948, prima di essere assassinato. L'omissione è stata rimpianta, sembra, da coloro che sono divenuti membri della commissione per l'assegnazione del Nobel negli anni successivi. Infatti, quando nel 1989 il premio venne assegnato al Dalai Lama, il presidente affermò che era “in parte un tributo alla memoria del Mahatma Gandhi"

Non sappiamo, comunque, quali fossero i motivi per la mancata assegnazione del premio a Gandhi negli anni precedenti, e chi pensa che la Norvegia non volesse turbare le proprie relazioni con il Regno Unito, in un periodo in cui l'India lottava per la propria indipendenza, è un malpensante nel senso andreottiano del termine.

Nel 1953 si premia il generale Marshall per il piano economico che portava il suo nome. Atto benevolo di una delle potenze vincitrici della guerra nei confronti dell'Europa o investimento economico per cementare un blocco politico da contrapporre ai sovietici? Dal mio punto di vista in politica tutto può essere giustificato, ritenuto corretto o addirittura ineluttabile, e su questo non è il caso di discutere. Ma premiarli pure con il Nobel, come se la politica fosse mossa solo da intenti umanitari ...

Nel 1964 il premio va a Martin Luther King, altro apostolo della nonviolenza, e nel 1968 a Cassin, presidente della Corte Europea dei diritti dell'uomo (CEDU), sino ad arrivare nel 1973 a Kissinger, premiato in quanto negoziatore della pace in Vietnam. La Commissione, infatti, non poteva prevedere il ruolo avuto da Kissinger nel golpe in Cile lo stesso anno, nei massacri di Timor Est, e nel sostenere la dittatura in argentina.

D'altra parte si trattava del segretario di Stato USA, non di un esponente della Croce Rossa, ente giustamente premiato più di una volta, in mancanza di meglio, da un comitato evidentemente a corto di idee o troppo preoccupato di urtare la legittimazione di certi sistemi di potere. 

Nel 1983 premiano Walesa, capo del sindacato Solidarnosc, in quanto attivista per i diritti umani. Diritti della sua parte politica, legittimamente difesi, ma la pace cosa c'entra?

Almeno l'anno successivo premiano l'arcivescovo Tutu, per l'impegno anti apartheid, nel 1985 l’International Physicians for the Prevention of Nuclear War, una federazione di organizzazioni nazionali nata nel 1980 per sensibilizzare i medici e spingerli a far pesare la loro influenza contro la minaccia rappresentata dalle armi nucleari, e nel 1988 le forze di pace dell'Onu, riconoscimenti che una volta tanto troveranno tutti d'accordo.

Nel 1989 premiano il Dalai Lama, altro apostolo della nonviolenza, uno dei pochi premi ineccepibilmente assegnati.

Negli anni successivi continua insistente la sagra dei politici. 

Premiano Gorbacev, Arafat insieme a Peres e Rabim, sino ad arrivare al presidente USA Carter, altro definito instancabile. Possiamo distinguere, tuttavia, Mandela e De Klerk dalla schiera precedente, e considerare ampiamente giustificato il premio a loro assegnato.

Non voglio scrivere nulla su Carter, vorrei parlare, invece, del premio assegnato nel 2009 a Obama, da poco nominato 44° presidente degli Stati Uniti.

In Obama si riponevano, forse, le speranze di pace di molti e della commissione per il Nobel in particolare, considerato che il premio venne assegnato a distanza di pochi mesi dalla sua nomina a presidente USA.

Speranza mal riposta? Diciamo che a fronte di un ostentato pacifismo (ma è mai esistito nella storia un presidente degli Stati Uniti pacifista, lasciato agire senza essere assassinato?), non ci sono state molte azioni concrete per diffondere la pace

Occorre distinguere, infatti, tra ciò che Obama diceva e scriveva nei libri e le politiche che attuava, tenendo ben presente che non è mai esistito alcun presidente che abbia posto in discussione il ruolo preminente degli USA di faro della civiltà e del mantenimento dell'ordine mondiale.

Viene addebitata a Obama, tra l'altro, la guerra in Libia, che tanti benefici ha recato all'economia del nostro paese, e i  bombardamenti con i droni in Yemen, Somalia e Pakistan.

Per ribadire un concetto già esplicitato: saranno state anche scelte legittime dal punto di vista della sicurezza internazionale, ma la pace cosa c'entra?

La guerra in Afghanistan merita un discorso a parte, l'aveva iniziata Bush Jr., e le azioni dei presidenti successivi hanno rivelato quanto importasse agli americani dei diritti delle popolazioni locali e delle donne in particolare, lasciando quel paese nelle mani dei talebani.

Nel 2007 il premio va ad Al Gore, per il suo attivismo ambientale, per aver sensibilizzato l'opinione pubblica sul cambiamento climatico. Se questa è stata la motivazione che ha giustificato questa assegnazione, forse possiamo dimenticare che Gore era vicepresidente degli Stati Uniti all'epoca del bombardamento della Jugoslavia da parte della NATO, nel 1999. Per tacere dell'uso dell'uranio impoverito nei bombardamenti, sempre in Jugoslavia, che tanto bene alle persone, ma anche all'ambiente, non ha fatto. 

Il premio all'Unione Europea del 2012, a mio parere, è meno criticabile dei premi assegnati ai politici. Chi ha presente il diritto europeo e la tutela dei diritti umani attuata attraverso le direttive comunitarie, che prevalgono sulle legislazioni nazionali, sarà d'accordo. Purtroppo poi c'è anche l'aspetto economico che condiziona, ma dei conflitti di interesse è mai importato a qualcuno?

Consoliamoci, allora, con i premi assegnati a Shirin Ebādi, avvocata e pacifista iraniana premiata nel 2003 per gli sforzi per i diritti umani ed in particolare delle donne, dei bambini e dei rifugiati, a Ellen Johnson Sirleaf, Leymah Gbowee e Tawakkol Karman, attiviste pacifiste premiate nel 2011 per l'impegno non violento nella tutela dei diritti civili delle donne, a Kailash Satyarthi e Malala Yousafzai, premiati nel 2014 per la loro lotta contro la sopraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all'istruzione, e a Narges Mohammadi, un'attivista iraniana, vice-presidente del Centro dei Difensori dei Diritti Umani, arrestata più volte e imprigionata dalle autorità iraniane dal maggio 2016 e condannata a Teheran in totale a 30 anni di reclusione, per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e per la promozione dei diritti umani e della libertà per tutti.

Senza farci condizionare dal fatto che il premio viene assegnato quasi sempre agli oppositori dei regimi non graditi agli USA, perché ciò non è colpa di chi riceve il premio ma di chi lo assegna, e al riguardo rinnovo l'invito a cercare le biografie dei componenti del comitato nominato dal parlamento norvegese.


Chiudo con una domanda per tutti noi. 


Possiamo ancora considerare il Nobel uno strumento di pace? Cosa intendiamo per Pace? Mantenere lo status quo oppure attuare, o almeno provare ad attuare, il già citato principio di uguaglianza sostanziale, che impone allo Stato di intervenire attivamente per rimuovere gli ostacoli che impediscono un'effettiva parità di opportunità?

In conclusione, pensiamo sia più credibile l'Eurofestival (concedetemi di chiamarlo sempre con il vecchio nome)? Forse si. Del resto non è stato già premiato Bob Dylan con il Nobel per la letteratura? Non ci resta che attendere, allora, l'assegnazione del premio a Taylor Swift (per Jovanotti la vedo dura), magari in occasione di una sua prossima composizione smaccatamente pacifista, che si venda bene.

Rimane sempre la speranza, comunque, di provare la stessa felicità che ha suscitato in me nel 1996 l'assegnazione del Nobel per la letteratura a Wisława Szymborska, la mia poetessa preferita del novecento insieme a Sylvia Plath, premiata per la poesia che “con ironica precisione permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti di realtà umana”, motivazione una volta tanto ineccepibile.


 


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