SCONFITTE - David La Mantia - Perché non sono un conservatore

 

David La Mantia

Facciamola finita con i miti. Io sono del 1963, gli anni del baby e dell'economic boom. Dell'alluvione del 1966 non ricordo niente, nemmeno una goccia di pioggia. Nel 1968 avevo 5 anni e non c'ero. Del 1969 e della conquista della luna non mi resta nemmeno la bandiera che sventola in assenza di Gravità. Qualcosa dei Mondiali del 1970, la bara al Brasile prima della finale che sfilava per via Oberdan. Che non portò bene. Quando partì il 1977 e tutte le proteste connesse, avevo quattordici anni ed una madre morente, assente ormai da anni a casa, un padre infartuato. Ricordo benissimo che non c'erano soldi per la stufa a kerosene, le lastre di amianto che andavano allora, l'acqua da riscaldare sui fornelli anche solo per lavarsi i capelli. Niente incontri e discussioni di politica, che allora mi sembravano cose da figli di ricchi, fuori da tutto, in tempo solo per il riflusso, per le scuole di nuovo aspre e severe, per l'acido dei 4 in matematica, per gli anni di piombo vissuti in tv. Essere fuori dalla Storia con la S maiuscola, ecco.

E poi la scuola. Di tutte le favole, c'è un mito che torna con ferocia e costanza, via via che invecchiamo. Quello che la scuola di un tempo fosse fatta da persone serie, che ci fossero regole serie, che anche le mura di quell'istituto fossero serie. Che allora si lavorasse sul serio e che gli allievi venuti fuori da quel sistema avessero una seria preparazione. Quella scuola, come l'attuale, era fatta di esperti ed incompetenti, ma, di sicuro, mancava in gran parte di umanità. Ricordo le mie docenti interrogarmi il lunedì nonostante mia madre fosse sul letto di morte, ricordo la mia preparazione approssimativa all'Università in diverse materie, ricordo la mancanza di accoglienza, con l'entrata posticipata alla seconda ora, nonostante gravi motivi. La mia paura è che oggi si ritorni a quel tremendo modello, giocato sulla paura e sull'obbedienza.

Commenti

  1. Essere quello che sei , quello che hai fatto nella vita , fa di te uno che ha lottato , che ha creduto nell’impegno, nella cultura , nella solidarietà , valori necessari per un miglioramento delle condizioni personali e sociali . Essere grandi anche nelle storie piccole che tutteinsieme fanno la Storia . Nadia Chiaverini

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  2. Concordo pienamente con la tue osservazioni realistiche.Io sono nata nel 1951 e quelle date le ricordo bene e le vivevo dalla televisione con partecipazione,meno che il '68.In quella occasione mi sentivo proprio estranea.Quel mondo di protesta era molto lontano dalla realtà che vivevo in famiglia,una famiglia di operai dedita al lavoro e a soddisfare i bisogni primari.
    Daniela Pinassi

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  3. In ciò che dici la scuola è migliorata, ma è vero che la tentazione di un ritorno al passato è sempre dietro l'angolo. Mauro Barbetti

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