LA POESIA ELEMENTARE - Anna Martinenghi - LA POESIA (elementare) DEL SORRISO

 

Anna Martinenghi

Dentro un raggio di sole

che entra dalla finestra

talvolta vediamo la vita nell'aria.

E la chiamiamo polvere.

 

Da Margherita Dolcevita


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Descrizione generata automaticamente

 Stefano Benni - “Blues in sedici” – Universale Economica Feltrinelli 2008



Le mie parole arrivano con colpevole ritardo. Potevo pensarci prima. Potevo. Ho amato profondamente Stefano Benni1, la sua scrittura è sempre stata presente nella mia vita fin dall’adolescenza: da Bar Sport a Elianto, da La Compagnia dei Celestini a Margherita Dolcevita, da quel capolavoro illustrato che è Stranalandia, a Comici spaventati guerrieri (anche nella versione cinematografica: Musica per vecchi animali), a tutta la sua produzione teatrale. Stefano Benni è stato e rimane anche un grande poeta. Lo era sempre: sia quando scriveva per la narrativa, costellata da passaggi lirici altissimi, così come quando le parole venivano pronunciate a voce alta in teatro. 

La felicità è come l'acqua. 

Non arriva in un momento, bisogna trovarla, 

preparare la pompa, fare un pozzetto, 

mettere le tubature e i rubinetti.

Dopo che te la sei conquistata con fatica, 

allora la puoi bere.

 

Da Pane e tempesta


La poesia non era un corredo, era una situazione permanente della sua anima, un elemento essenziale infilato nel suo zaino, insieme a comicità e arguzia. Spesso gli scrittori che sconfinano nelle terre perigliose dell’umorismo, vengono considerati poco seri, distanti dal compunto mondo intellettuale. Io sono convinta che Benni abbia applicato concretamente il pensiero di Calvino2: “Prendete la vita con leggerezza, ché leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”, rimanendo rapita da chi come lui, riesce a scrivere con leggerezza anche contenuti difficili e complessi. Mi chiedo poi se non possa davvero esistere una poesia del sorriso:

Immagine che contiene testo, disegno, schizzo, illustrazione

Il contenuto generato dall'IA potrebbe non essere corretto.

 

Ho scelto di salutarlo e onorarlo con “Blues in sedici3”, delle sue raccolte quella in cui di più il sorriso vien meno, lasciando spazio a una profonda ricerca di senso. Silloge che come scrive l’autore stesso nella premessa: “[...] prende spunto da un fatto di cronaca accaduto negli anni Ottanta. Nel cuore della notte, un padre, operaio disoccupato, esce di casa e attraversa la città come guidato da un presentimento, per raggiungere una sala videogiochi della periferia. Lì c’è suo figlio. Nella sala avviene un regolamento di conti tra un killer e alcuni piccoli spacciatori di droga. Il killer spara all’impazzata, il padre fa scudo col suo corpo al figlio e muore. Lessi questa notizia e per molto tempo pensai a raccontarla in versi, non ci riuscii subito, ma ci riuscii. Pensai a Blues in sedici come a un testo da leggere in pubblico e come tale ha avuto molte versioni. [...] Lo dedico a tutti gli eroi quotidiani del nostro orribile e meraviglioso paese e ai musicisti con cui ho avuto la fortuna di lavorare in questi anni”.

La ballata della città dolente, come precisa il sottotitolo, si struttura in sedici parti, un blues suonato e interpretato a otto voci: l’Indovino cieco, il Padre, la Madre, il Figlio, Lisa, la Città, il Killer, il Teschio, a cui rubo qualche passaggio sperando di invogliarvi a leggere a rileggere.


L’INDOVINO CIECO

 

Per quali prodigi e qual disegno

un albero cresca ramo dopo ramo

prendendosi il cielo, non so

né so perché i miei occhi di bambino

guardino ora dal volto di un vecchio.

Forse so la data della fine del mondo

e il primo palpito dell’inizio

Ma non so cosa unisce il Padre al Figlio

e il Figlio alla ragazza dei profumi

e quella all’Assassino, al Teschio

e a Raiden il luminoso

e cosa li tiene sospesi sul filo

tra il primo e l’ultimo giorno

della loro vita preziosa.

 

IL PADRE

 

Così io sto crocifisso a un normale pomeriggio

sull’abisso di un tavolo di cucina

tra i piatti da lavare, anche questa è rugiada

pensando che così non potrà continuare

al vento del dolore, ritto in piedi.

[...]

Toccò mai a Dio entrare in un supermarket

con cinquemila lire in tasca a occhi bassi

cercando il latte che costava meno

per il Figlio. L’unico Figlio affamato?

Sa Dio cosa costa una scatoletta di pomodori?

È mai rimasto disoccupato per anni

sa Dio cosa vuol dire contare

le monete in tasca, quasi tornando bambini?

 

Blues in sedici narra di un’umanità dolente, attraversata da una rabbia mal compressa; mondi che esistono solo di notte e di notte si manifestano.


TESCHIO

 

 Sotto il tatuaggio c’è la spiaggia

non giudicate un libro dalla copertina

di giorno non sono un granché

ma di notte sono un inferno di bastardo.

Qualcuno non ha pagato, e allora? 

 Sei della polizia, signora?

 

E ancora:

 

LA CITTA’ (SALA VIDEOGAME)

 

 Ho visto la luce. Là dove la città 

si china a pregare, precipita in cascata

nell’abisso degli occhi di mosca

schermi di sogno, colori mai visti

 

[...]

 

Ci incantano 

donne nude vibranti, pelle di pixel.

Là noi siamo, illuminati e morti

museo di cere futuro. 

Guerrieri a gettone, 

dieci, ottomila lire.

 

I versi di Benni risuonano nella città addormentata, facendosi canto di anime solitarie:

LISA

Io cammino a occhi chiusi

sognando le rive del mare

ciò che dicono le persone non sento

se del mio corpo parlano

o del destino futuro.

Io ho piccoli piedi per fuggire

e un culo che ammiro

come una volpe la coda

vanitosamente.

 

IL KILLER

L’odore di cuoio che fanno

i sedili delle auto

e le fondine delle armi

lo spavento negli occhi

di chi ha paura di me.

Mi piace passare in fretta

come i titoli e le sigle

senza niente prima e niente dopo.

Certo, nei film è meglio

quando tutto salta in aria

il sangue brilla e scorre

la gente ride e applaude

e i cattivi rinascono

per uccidere di nuovo

 

Davanti a tanta decadenza, il poeta si interroga attraverso i suoi personaggi. Può esistere ancora speranza davanti a violenza e disincanto? Possiamo forse noi diventarlo?


                                                               LA MADRE

Cosa ci fa un vecchio

in un mondo di cristalli

tra fiamme e stelle a gettone

esisterà un giorno un eroe

che ride sdentato?

Non posso gridare, uomo mio

mentre corri incontro al fuoco.

Non è per te, vecchio,

questo dolore nel petto

e gli occhi chiusi non sanno

se è l’ultimo del mondo

o il consueto affanno.

 

IL FIGLIO 

Ti ho visto attraverso la porta

della cucina

una bianca nuca di vecchio.

La giacca appesa all’ingresso

modellata dal tuo vuoto

le foto e i calendari di anni

che non esistono più.

 Così a volte, ci tocca

vivere anni scaduti.

Chino sul tavolo, a braccia strette

come se da esse il mondo

potesse sfuggire. Contando

gli strappi della tovaglia.

Testardo.

Padre.



IL PADRE

 

Cantami il getto di acido

e il piombo nei polmoni

l’ombra della bicicletta

dall’altra parte del fiume

cantami un pallone che vola

tra me e il sorriso del figlio

cantami le stelle malate

che vedevo dalla finestra

 

Perché io non sapevo.

 

Io non sapevo quante cose accadevano

e le prendevo come promesse

di qualcosa di più vero e più grande

ora so che erano la mia Storia.

Quel pomeriggio fu unico nella mia vita

ma solo ora posso dirlo.

Quella ferita resterà

e gli amici che ho salutato

quella volta partirono davvero.

Ero felice, ma ne dubitavo

quelle pagine erano il mio libro.

Perché io sono stato

più di quanto sono e sarò.




Grazie a Stefano Benni per avermi fatto ridere, pensare, commuovere. Grazie per aver dato parole alla città di notte, a un’umanità dimenticata, raccontata solo dalla cronaca. Grazie per averci ricordato che: Bisogna somigliare alle parole che si dicono”da Saltatempo -, che di questi tempi non è poca cosa. 

Concludo condividendo l’invito di Daniel Pennac4, alla notizia della scomparsa dell’amico fraterno: “Una cosa che Stefano mi aveva detto più volte è che gli sarebbe piaciuto che la gente lo ricordasse leggendo ad alta voce i suoi racconti. Come alcuni di voi sapranno, Stefano era molto affezionato al reading come forma artistica, lettura ad alta voce – spesso accompagnato da musicisti. Quindi, se volete ricordarlo, vi invito a leggere le opere di Stefano che vi stanno più a cuore a chi vi sta vicino, ad amici, figli, amanti e parenti. Sono sicuro che, da lassù, vedere un esercito di lettori condividere il loro amore per ciò che ha creato gli strapperebbe sicuramente una gran risata”.

 

Non smetteremo mai di rileggerti, caro Lupo!

 

IO TI AMO

                                                                1° gennaio, 1970


Io ti amo
e se non ti basta
ruberò le stelle al cielo
per farne ghirlanda
e il cielo vuoto
non si lamenterà di ciò che ha perso
che la tua bellezza sola
riempirà l’universo

Io ti amo
e se non ti basta
vuoterò il mare
e tutte le perle verrò a portare
davanti a te
e il mare non piangerà
di questo sgarbo
che onde a mille, e sirene
non hanno l’incanto
di un tuo solo sguardo

Io ti amo
e se non ti basta
solleverò i vulcani
e il loro fuoco metterò
nelle tue mani, e sarà ghiaccio
per il bruciare delle mie passioni


Io ti amo
e se non ti basta
anche le nuvole catturerò
e te le porterò domate
e su te piover dovranno
quando d’estate
per il caldo non dormi

E se non ti basta
perché il tempo si fermi
fermerò i pianeti in volo
e se non ti basta
vaffanculo

 

stefanobenni.it - io-ti-amo

 

1 Stefano Benni 

https://it.wikipedia.org/wiki/Stefano_Benni

 

2 Italo Calvino

 https://it.wikipedia.org/wiki/Italo_Calvino

 

3 Blues in sedici

https://www.feltrinellieditore.it/opera/blues-in-sedici-1/

 

4 Daniel Pennac

https://it.wikipedia.org/wiki/Daniel_Pennac






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