FLUSSI E VISIONI - Zeudi Zacconi - "QUESTI INCENDI NELLA GOLA"
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Zeudi Zacconi |
[da Piccole
storie di rabbia, inediti]
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Ph Laura Makabresku
Ereditiamo
rabbie, come fuochi, di luce soffocata. Strozzate – le urla nella gola – lame
affilate. A ricordarci dove siamo stati. Che siamo conseguenze. Voci inespresse
di altre voci, e attorcigliate, ad un futuro di amare dipendenze. Segreti: un
passato sordomuto, un destino imbavagliato.
La casa, gli affetti, un padre, una madre.
Disorienti chi eri. Non resti uguale a te stesso. Non resti e tradisci. Un
figlio tradisce per nascere – di nuovo. Per mantenere la promessa di sé fatta
col mondo. Perché si realizzi il progetto di quello che siamo dobbiamo tradire:
le strade indicate, le aspettative, ogni rituale destinato a ripetersi, a
moltiplicarsi nel linguaggio invisibile dei cromosomi. Generazioni di intenti a
replicare vissuti, assodati e stigmatizzati, senza vivere mai. Senza mai avere
un posto. Profezie disattese, varchi inesplorati a indagare incrinature, a
deludere assiomi. Oltre la scissione di noi – atti decomposti. Attraverso la
scissione, noi – archi ricomposti.
Non si vive intatti qui / si distrugge si
distrugge / traghettatori oltre la frattura, a ripeterci il nome che siamo, se un nome lo
abbiamo – o avevamo. Invisibili creature in paludi di dubbi, ad autodivorarci.
E sempre, ad autosabotarci. Nella storia di fatti che tornano a replicare
passati di stortura delle verità. Di cattura delle libertà. Imprigionati piani,
paralleli alla realtà che ci sottende – e male intende. Marchiati dalla colpa.
Prima di sparire divenire.
Dare inizio alle danze allora, che si incammini
il corteo delle rivoluzioni, il carnevale degli adii. Nessuna promessa è stata
fatta di adesione all’involucro delle
sembianze, nessun debito, nessuna missione che non sia nostra soltanto.
Rotta verso l’interno – toccare la lesione – increduli animali a cambiare pelle
– muta da sempre. Mutare visione è un discorso inatteso, di prospettive che si
ribaltano. Ribaltare l’origine, uscire dall’ingresso principale. Ora dentro ora
fuori, l’obiettivo. Bitonali, bifocali, bidirezionali. Archetipi e fotogrammi.
Programmati al lutto di noi nel sacrificio a chi è venuto prima e non ha dato
compimento. La venuta una profetica condanna atta a smarrire ogni traccia. E
siamo facce reincarnate sotto salici di paure. Un compromesso l’amore. La
sventura è cadere in trappola da vivi. L’avventura è accadere quando crediamo
di essere già morti. Trapassare disseppellire l’errore, saltare l’anello
sganciare. Una chiazza nera sul bianco del foglio, una macchia da non
cancellare. Errore del sistema. Il corpo in allarme. Riprogrammare.
La bambina che non aveva voce torna a parlare,
si culla da sola – ora – fa la brava ma solo se piace a se stessa, solo se
confessa la fiamma immacolata del suo pentimento, per essersi disappartenuta.
Dimenticata taciuta. Anni su anni e su anni. Mai avuta davvero per sé. Per sé
la bambina. Che perse la bambina.
Oceani in fuga dalla tempia
mi persuadono ragioni, come nuvole
addensano e si fanno terminali
è tutta un'illusione non lo vedi?
questo sfuggirsi
di mano interi, beneficiari
di una vita a disimpegno
non è banale il mio terrore, non è banale
se resto ferma torno a credere
ai giorni ammutoliti dell'infanzia
che ha dissacrato in fasce la parola
fino a doverla ingurgitare, a forza
dietro pareti rattrappite di distanza
dalla prova intatta dell'amore:
se non mi corrispondi non ti vedo
temo te e il tuo pallore, la mia prigione
è tutta un'oppressione non ci credi?
ma non è data estrema unzione alla sconfitta
e allora, tutti zitti tutti muti
non biascica poesia la confessione
di voragini minuti, disappunto
in fila ben eretti a darsi tregua
non darsi pace da una vita
se si rinuncia
a questi incendi nella gola.
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Ph Laura Makabresku
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