FLUSSI E VISIONI - Zeudi Zacconi - "QUESTI INCENDI NELLA GOLA"

 

Zeudi Zacconi


La bambina che mangiò le parole


La bambina chiedeva soltanto 
di essere vista ma non aveva parole – 
le aveva ingoiate 
con l’ultimo boccone che non doveva 
rimanere nel piatto

così la bambina che mangiò le parole 
per essere amata 
divenne muta.



*


La bambina che disattendeva le attese



La bambina che disattendeva le attese 
veniva punita col silenzio 
di pasti non condivisi

il cibo più avanti si fece un rito 
di adorazione – si fece parola

così la bambina 
si restituiva la voce.

[da Piccole storie di rabbia, inediti]



Ph Laura Makabresku


Ereditiamo rabbie, come fuochi, di luce soffocata. Strozzate – le urla nella gola – lame affilate. A ricordarci dove siamo stati. Che siamo conseguenze. Voci inespresse di altre voci, e attorcigliate, ad un futuro di amare dipendenze. Segreti: un passato sordomuto, un destino imbavagliato.

 

La casa, gli affetti, un padre, una madre. Disorienti chi eri. Non resti uguale a te stesso. Non resti e tradisci. Un figlio tradisce per nascere – di nuovo. Per mantenere la promessa di sé fatta col mondo. Perché si realizzi il progetto di quello che siamo dobbiamo tradire: le strade indicate, le aspettative, ogni rituale destinato a ripetersi, a moltiplicarsi nel linguaggio invisibile dei cromosomi. Generazioni di intenti a replicare vissuti, assodati e stigmatizzati, senza vivere mai. Senza mai avere un posto. Profezie disattese, varchi inesplorati a indagare incrinature, a deludere assiomi. Oltre la scissione di noi – atti decomposti. Attraverso la scissione, noi – archi ricomposti.

Non si vive intatti qui / si distrugge si distrugge / traghettatori oltre la frattura, a ripeterci il nome che siamo, se un nome lo abbiamo – o avevamo. Invisibili creature in paludi di dubbi, ad autodivorarci. E sempre, ad autosabotarci. Nella storia di fatti che tornano a replicare passati di stortura delle verità. Di cattura delle libertà. Imprigionati piani, paralleli alla realtà che ci sottende – e male intende. Marchiati dalla colpa. Prima di sparire divenire.

Dare inizio alle danze allora, che si incammini il corteo delle rivoluzioni, il carnevale degli adii. Nessuna promessa è stata fatta di adesione all’involucro delle sembianze, nessun debito, nessuna missione che non sia nostra soltanto. Rotta verso l’interno – toccare la lesione – increduli animali a cambiare pelle – muta da sempre. Mutare visione è un discorso inatteso, di prospettive che si ribaltano. Ribaltare l’origine, uscire dall’ingresso principale. Ora dentro ora fuori, l’obiettivo. Bitonali, bifocali, bidirezionali. Archetipi e fotogrammi. Programmati al lutto di noi nel sacrificio a chi è venuto prima e non ha dato compimento. La venuta una profetica condanna atta a smarrire ogni traccia. E siamo facce reincarnate sotto salici di paure. Un compromesso l’amore. La sventura è cadere in trappola da vivi. L’avventura è accadere quando crediamo di essere già morti. Trapassare disseppellire l’errore, saltare l’anello sganciare. Una chiazza nera sul bianco del foglio, una macchia da non cancellare. Errore del sistema. Il corpo in allarme. Riprogrammare.

La bambina che non aveva voce torna a parlare, si culla da sola – ora – fa la brava ma solo se piace a se stessa, solo se confessa la fiamma immacolata del suo pentimento, per essersi disappartenuta. Dimenticata taciuta. Anni su anni e su anni. Mai avuta davvero per sé. Per sé la bambina. Che perse la bambina.

 

Oceani in fuga dalla tempia 

mi persuadono ragioni, come nuvole

addensano e si fanno terminali

 

è tutta un'illusione non lo vedi? 

 

questo sfuggirsi 

di mano interi, beneficiari

di una vita a disimpegno

 

non è banale il mio terrore, non è banale

 

se resto ferma torno a credere

ai giorni ammutoliti dell'infanzia

che ha dissacrato in fasce la parola

fino a doverla ingurgitare, a forza

dietro pareti rattrappite di distanza

dalla prova intatta dell'amore:

 

se non mi corrispondi non ti vedo

temo te e il tuo pallore, la mia prigione

 

è tutta un'oppressione non ci credi?

 

ma non è data estrema unzione alla sconfitta

e allora, tutti zitti tutti muti

non biascica poesia la confessione

di voragini minuti, disappunto

in fila ben eretti a darsi tregua

non darsi pace da una vita

 

se si rinuncia

a questi incendi nella gola.


Ph Laura Makabresku








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