CALL ME ISHMAEL - Anna Polin - L'alterità
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| Anna Polin |
L’unico uomo che conosco
che si comporta
sensibilmente
è il mio sarto; ogni volta
che
mi vede prende di
nuovo le mie misure.
Gli altri invece vanno
avanti con le loro
vecchie misure e si
aspettano che io
faccia altrettanto.
George Bernard Shaw
Il mese di ottobre è stato straordinario: ha riempito le piazze, portato i giovani in strada, incrinato dinamiche date per scontate. C’è stato un coraggio e una partecipazione che non sentivo da anni. Nel movimento cerco quel punto di stabilità che rende il cambiamento alla mia portata: anche una grande bellezza ha bisogno di un diapason per riconoscere ciò che stride. Il silenzio si è fatto necessario, lo scrivere rallenta fino al punto di stasi. Un bianco della mente affiora nei giorni. Vivo di fronte a una montagna, lei detta il tacere. In ogni istante l’angolazione della luce sfiora la terra, la muove. La “mia” montagna è il luogo più cangiante che abbia mai visto. Imparo dal suo sfolgorante spettacolo, dal suo lasciarsi fare dalla luce. Spesso mi viene chiesto come faccio a vivere in un posto lontano da tutto e io mi domando cos’è quel “tutto” che pare così necessario. Vivo qui perché ho bisogno di un diapason che accordi costantemente la mia esistenza. L’unico che conosco è il silenzio e la montagna ne è piena. Qualcosa lima la mente, brucia la bulimia del sapere, apre al vuoto, al neutro, all’incondizionato.
Il silenzio è tutto ciò
che temiamo
c’è riscatto in una voce
ma il silenzio è infinità.
In sé non ha un volto.
Emily Dickinson
In quest’ascolto arriva la stonatura di chi si sente dalla parte giusta e comincia a dividere il mondo in buoni e cattivi, prendere una posizione richiede una mente aperta e in continua trasformazione. Nel momento in cui una certezza diventa assoluta, si ferma l’onda del cambiamento, il diapason smette di risuonare. In questi giorni sono rimasta colpita da una tendenza ad additare chi non se la sentiva di prendere una posizione. Il silenzio ha molte ragioni, chi sa veramente cosa accade in chi decide di tacere? Perché erigersi a velati giudici di chi non ha posizione? Il diritto al silenzio è un valore fondamentale riconosciuto addirittura dalla nostra costituzione e le ragioni di questo sono profonde. Il fatto che un altro abbia una posizione sfumata o differente, non diminuisce l’intensità degli altri punti di vista. Nell’ordine naturale la diversità è necessaria. “Il silenzio è volontà di accogliere l’alterità” diceva Heidegger, ma è anche la porta verso l’incondizionato. Guardare senza condizioni precostituite significa venire toccati da ciò che accade perché nessuna presa di posizione protegge più dalle possibili contraddizioni di un evento. Chi è neutro aderisce e muta mantenendo la stabilità di una visione acuta e disorientante, resta immobile come una montagna che viene trasformata dalla luce. Credo che portare un movimento straordinario, come quello che si è risvegliato in ottobre, nella vita di tutti i giorni, richieda fedeltà al proprio sentire e continua attenzione alle scorciatoie. Tra il bianco e il nero c’è una vasta gamma di grigi, riconoscerli significa non cadere nella stessa modalità di chi stiamo combattendo. L’ordine naturale comprende ogni cosa. Non so se chi si interroga sul silenzio di un altro compie un atto politico, certamente compie un atto di delicatezza, di rispetto dell’alterità ed è quella di cui abbiamo tremendamente bisogno.
Mi sono rasato il capo per la Palestina.
Ho spazzato le foglie nel
cimitero ebraico.
Mia moglie ha incartato
regali
per le anziane della casa
di riposo.
Mia figlia ha lavato i
piatti dopo pranzo.
Il buddha della
compassione ha 84.000 mani
quali sono le tue?
Antony Osler


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