RUGIADE. Novità sugli scaffali - Mauro Barbetti - LA M.U.S.A. INQUIETANTE
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Nerio Vespertin, M.U.S.A., Selvatiche Ed. 2025 |
Questa estate mi sono capitate due cose
a stretto giro di tempo che mi hanno riportato al clima degli anni della mia
formazione: la prima, la visione del film “Berlinguer – La grande ambizione”
e la seconda, la lettura di “M.U.S.A.” di Nerio Vespertin.
Dico subito che il film nel suo complesso non mi è piaciuto, al netto di una ottima interpretazione di Elio Germano; mi è sembrato un quadretto un po' troppo iconografico e superficiale della vicenda umana e politica di un uomo (e di un partito) che ha improntato gli anni Settanta e Ottanta del nostro paese e lasciato un'eredità che, per vari motivi, è stata progressivamente dispersa; il libro, invece, l'ho apprezzato molto.
Ma cosa ha legato nella mia mente questi due prodotti artistici?
Certamente la riflessione sui tempi e il
cambio di prospettiva che è avvenuto poi.
Nel film si vedono, spesso in forma
documentaristica, piazze gremite di gente, riunioni e discussioni nelle sezioni
di partito, riflessioni politiche sui concetti fondamentali di democrazia, di
popolo, di diritto al lavoro, tutto ciò che si sperimentava in quegli anni e di
cui mi ero (quasi) dimenticato.
Poiché è stato facile dimenticare: il
passaggio dal modernismo, dalla fine delle grandi ideologie e delle grandi
narrazioni storiche al post-modernismo è stato brusco, ha cambiato gli scenari
su cui la gente si muoveva, le prospettive, i punti di partenza e quelli di
arrivo.
Certo, le ideologie e le fedi assolute
hanno portato nella Storia diverse catastrofi (la Seconda Guerra Mondiale, la
Shoah, la bomba atomica, i regimi totalitari), però oggi appare chiaro come
anche il post-moderno non abbia fornito alcuna risposta adeguata: la
globalizzazione ha portato a un appiattimento delle idee e delle possibilità di
cambiamento in favore di un pensiero unico, la politica è ormai diventata pura
forma di gestione del presente (e neppure troppo efficace), l'economia detta le
sue leggi nella convinzione che ciò che prevale sui mercati sia giusto e
giustificabile, si vive in un mondo di post-verità dove tutto appare
potenzialmente vero e potenzialmente confutabile, dove la guerra è tornata ad
essere uno dei mezzi accettati per risolvere questioni internazionali.
Proprio qui si inserisce il libro di Vespertin, in questa linea di frattura tra un mondo che non c'è più e questo che ci è stato dato in sorte. Anagraficamente Nerio, nato nel '81, ha potuto vivere solo la coda della coda degli anni della Grande Ambizione (io preferirei definirli della Grande Speranza), ma ne è stato comunque segnato.
Meccanica Umana Sintetica Automatica è un libro di poesia civile nel senso
più pieno e autentico, perché ci parla del mondo in cui viviamo, dei problemi
nei quali siamo immersi fino al collo, un libro in cui tuttavia Nerio non
rinuncia alla ricerca letteraria, alla sperimentazione del modo più appropriato
di veicolare concetti e riflessioni attraverso una lingua viva e contemporanea.
La frase di Sándor Márai posta in
esergo dice molto del focus di questa raccolta: “La civiltà delle macchine
produce in serie anche la solitudine dell'uomo”.
E i luoghi di produzione sono proprio lo
sfondo in cui si muovono i personaggi e viene inquadrata la loro dimensione
umana nelle prime due sezioni
Nella prima, “Meccanica”, il
protagonista è Andrea, operaio di una catena di montaggio, vita senza
prospettive, vita già piena di sconfitte, in cui domina la ripetitività e dove
solo la linea di produzione può godere di una sorta di continuità garantita,
mentre tutto il resto, soprattutto l'elemento umano, appare a termine. Si
alternano in questa parte sequenze lavorative in codice binario e fasi di
manutenzione e/o diagnostica della macchina che danno l'idea di questo moto
circolare e senza via di uscita, che non sia la ciclicità pedissequa delle
procedure. Anche il linguaggio è scarno, secco, predominano il modo indicativo
presente, l'infinito e l'imperativo. La vita di fabbrica non si apre più a un
discorso di vera solidarietà, di condivisione operaia, ognuno è solo con il
proprio vuoto (anche interiore), con il proprio orizzonte grigio.
sequenza_lavorativa_00101
È giorno di paga.
Inspira, concediti l’alba.
Assolviti. Ascoltati.
Hai abiti vecchi, giorni troppo corti.
Riacquistare sé stessi
è un lusso che ci manca.
Fra chi se n’è andato
e chi l’hanno licenziato
il conto non torna.
La nevrosi e l’insonnia
come modico compromesso di mercato.
Espira, aggiorna la lista.
Trascrivi l’arretrato.
A giornata finita:
[1] Riallacciare
il sorriso alla faccia
[2] Ricollegare
la fatica
***
prima_diagnostica
La spia accesa
la luce vestita di tenebra.
Qualcosa termina
la catena s’inceppa.
Diagnostica di funzione:
M.A. – venuto
a mancare.
G. S. – spento
circuito guasto.
V. Z. – sparito
sotto una pressa.
La linea decelera
qualcuno termina.
Solo la produzione non conosce pausa.
La seconda sessione è dedicata a un
altro personaggio, Marco, ceto impiegatizio, lavoro precario. I segni
sono gli stessi, un orizzonte, qui quello milanese, che non offre grandi
prospettive, che non prevede più tutele sociali, sacrificate sull'altare del
profitto: un periodo di prova presso una ditta, un meccanismo di selezione
spietato, in cui alla fine nessuno verrà assunto. Si vive accanto sul posto di
lavoro, con un monadismo senza grandi prospettive.
Casual Smart
Prima d’essere risolti.
Prima dei tagli al personale
nei giorni d’ufficio eravamo
cinema d’intelligente perfezione.
Brillanti capaci promettenti
i primi dei nostri corsi.
Bellissimi spigliati proactive
sorridenti precari al bianco fosforo.
Poi il risveglio
somministrato a tutti
nella casella di posta elettronica.
Oggetto: “Mancato rinnovamento”.
Ma Marco è un personaggio più
resiliente di Andrea, non si lascia prendere dallo sconforto, è
destinato a provare e riprovare in un continuo sforzo di Sisifo che lo
spinge avanti.
Resilienza
Proprio quest’ora incompleta
quest’ora balorda, inerte
io la cerco, non la temo:
decido di non evitare lo sconcerto.
Far partire la ricostituzione
dallo sguardo.
Accettare il colpo per tenere
uniti il disegno e il mondo.
Diventeremo di nuovo
uno
io e me stesso
colando oro
in ogni spazio
vuoto
Il terzo episodio, “Sintetica”, è
materiale tratto da un'unità di memoria esterna ritrovata in una stanza
d'albergo. Il supporto elettronico è qui testimonianza di una vita e delle fasi
di una malattia; l'apparente neutralità nel fornirci informazioni su di un
essere contrasta con la drammaticità della condizione personale. L'uomo, che
forse non è più vivo, ha lasciato considerazioni e note, a margine di
radiografie, foto, referti medici, ricevute ecc. La descrizione dei vari file
fa, a pieno titolo, parte integrante del testo, quasi una forma di prosimetro
dove si alternano brani di prosa in prosa (o post-poesia, se si preferisce) e
poesia lirica (sia pure estremamente rarefatta e privata di ogni orpello di “poetese”).
MyDailyNOTE.csv
[File di testo contenente un lungo
elenco ordinato di dati; ogni riga del file è composta dai seguenti dati,
intervallati da una virgola: una data in formato universale comprensiva di ore
e minuti, un’etichetta del tipo “CASA”, “LAVORO”,” SPORT”, “SVAGO”, “VIAGGI”,
“ALTRO”, un campo di testo descrittivo, un valore numerico da 0 a 9]
Tutto bene, scrivo.
Meticoloso notifico, procedo.
Rispetto la tabella di marcia
barro elementi dall’elenco
come punti di sutura.
- Due volte la settimana in piscina
- Fare spesa
- Svuotare cantina
- Separare in sacchi grandi
neri, plastica e carta
bianchi, la vita
- Chiamare genitori
- Annaffiare piante sul balcone
- Controllare conti e debitori
Senza commozione
nessuna ferita, nessuna sorpresa.
Tutto bene, sorrido.
E mentre scrivo la mano trema.
La sezione che chiude il libro, “Automatica”
è quella in cui il linguaggio si avvicina di più ai territori della scrittura
di ricerca, qui il testo prosegue linearmente, senza punteggiatura, si amplia
nella pagina e amplia pure le possibilità del dire, si fa flusso di coscienza,
pur non dimenticando ritmica e suggestioni della “mise en scene” poetica. Sono
undici voci, intrappolate da un ingorgo sulla tangenziale di Bologna e, a ben
vedere, ancor più intrappolate dal loro tran tran quotidiano, dagli automatismi
ciechi del vivere. Anche queste sono voci prettamente singole, che pur vivendo
la stessa situazione, non si fanno mai voce collettiva, ma a noi restituiscono
un quadro, una misura dei tempi che viviamo.
quinta voce
dove il ricordo è una sdraio stesa alle
ore le folate pugnalano la gola la sabbia assorbe la traccia di corpi caduti
sotto la fame
dove andiamo a spendere la miseria a
bordo piscina una birra un gelato una battuta sul culo della vicina gli
animatori sono così simpatici sono tutte ma tutte così brave persone
la brochure recitava “a soli 150 metri
dal mare”
ma dal resort alla spiaggia era il vuoto
interstellare fra due mondi estranei
Per concludere, un bel libro, intenso,
vario, coraggioso, fuori dal canone estetico che va per la maggiore, un libro
di cui senz'altro consiglio la lettura.
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