POESIA? NO, GRAZIE - Vincenzo Lauria - Il filodrammatico

 

Vincenzo Lauria


Ci ritroviamo a distanza di due mesi dal torrido luglio in cui gli ombrelloni/confessionali mettevano in guardia giovani promesse da insidiose collaborazioni con alcuni noti poeti in balìa del loro testo(sterone): POESIA? NO, GRAZIE - Vincenzo Lauria - "Poesia e Testo(sterone)"

E se a raccogliere le "confessioni" non fossero solo gli ombrelloni?

Seguendo un immaginario filo, riprendiamo la disamina delle tipologie di interazione sui social che, volenti o nolenti, continuiamo a popolare. 

Ci occuperemo infatti, in questo tredicesimo appuntamento della rubrica, del "profilo filodrammatico", caratterizzato da un'innata tendenza a tessere una drammatizzazione, quasi quotidiana, del proprio vissuto, condividendo vicissitudini che potrebbero divenire, a tutti gli effetti, episodi di una soap-opera, alla quale non si può non appassionarsi! 

Prescindendo dai singoli contenuti pubblicati dai "profili filodrammatici", e scevri da giudizi di sorta, ciò che ci anima è capire quali siano i meccanismi che potrebbero indurci a relazionarci con tali modalità sulle varie piattaforme.

Non più di qualche settimana fa leggevo un post in cui si etichettavano come "pornografia dei sentimenti" alcune tipologie di condivisioni. No, non stiamo parlando del caso mediatico del gruppo Facebook "Mia moglie" ma, in estrema sintesi, del non avere alcun tipo di filtro tra il proprio vissuto, i propri stati d'animo e quello che viene dato in pasto ai social. 

Se l'unico filtro del quale ci preoccupiamo è quello "bellezza" per rendere più gradevoli e giovanili i nostri connotati, "la domanda sorge spontanea" (come direbbe il buon Antonio Lubrano): qual è il filo sotteso a questa necessità costante di confessione/connessione?

Il "profilo filodrammatico" si muove come un vero equilibrista. Osservarlo postare potrebbe generare nei benpensanti il timore che possa (s)cadere nel cattivo gusto. Guardando invece con più empatia, il timore che ci coglie è più quello che cada sì, ma in una sorta di trappola emotiva.

E mi sovviene, a questo punto, il ricordo di un altro contenuto social che mi ha colpito nel profondo. Accompagnato da un'immagine lancinante, il testo del post recitava più o meno così: "confidarsi con le persone sbagliate è come sanguinare accanto a uno squalo". 

Se ciò che ha suscitato in me è stato probabilmente amplificato dal legame molto stretto che mi accomuna a questa persona (è stato profondo il dispiacere provato nel leggerla, pur così giovane, auto incitarsi a diffidare dell'altro nel mondo reale), è comunque evidente il paradosso del condividere questo pensiero con un pubblico di semi-sconosciuti e quindi, seguendo il ragionamento del post stesso, di potenziali "squali".

Cosa grida quel voler dire a tutti i costi in un ambiente virtuale, il condividere l'ottovolante dei propri stati d'animi dimentichi, di aver già vissuto enne volte quel rollìo che ci spinge lo stomaco alla gola e spreme lacrime agli occhi? 

È lanciare un S.O.S a una platea più vasta di quella di un amicə?

È lasciare il diario di bordo senza lucchetto con la speranza che qualcuno venga a sbirciarlo?

È un dolce naufragar nel pubblico (s)conforto?

Rispondiamo (violando volutamente le regole del bon ton) ponendo ancora una domanda: quale potrebbe essere il dazio da pagare reiterando questo “gioco”?

Ed è a quest’ultimo interrogativo che azzardiamo in risposta una semplice parola: l'intimità, quella dei sentimenti, riservati ad alcuni e non ad altri. 

Scegliere a chi donare le nostre ansie, le paure, i momenti di gioia come quelli di sconforto, può rendere la relazione con l'altrə qualcosa di speciale, che si distingue, per intensità, dalle ordinarie conoscenze o dai tanti rapporti social senza l'ossatura del legame profondo a far da scheletro. 

E allora, prima di postare un'ennesima puntata dello "psicodramma" dandosi in pasto agli "innocui" morsi di alcuni "squali virtuali", concediamoci un respiro, un momento di riflessione, domandandoci se non sia preferibile piuttosto, chiamare una persona amica, correndo magari il rischio che non possa ascoltarci in quel preciso istante ma che quasi sicuramente saprà accoglierci, appena possibile, con un ascolto caldo e sincero se non addirittura stringerci in un forte abbraccio dentro al quale poter anche sanguinare. 

Gli squali

Di noi che cosa fugge sul filo della corrente? Oh, di noi una storia che non ebbe un seguito stracci di luce, smorti volti, sperse 

lampàre che un attimo ravviva 

e lo sbrecciato cappello di paglia 

che questa ultima estate ci abbandona. Le nostre estati, lo vedi, 

memoria che ancora hai desideri: 

in te l’arco si tende dalla marina 

ma non vola la punta più al mio cuore. Odi nel mezzo sonno l’eguale 

veglia del mare e dietro quella 

certe voci di festa. 

E presto delusi dalla preda 

gli squali che laggiù solcano il golfo presto tra loro si faranno a brani. 


Vittorio Sereni 

Tutte le poesie (M

ondadori, 1995)

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