NULLA DI SERIO - Danilo Lombardi - "Armiamoci e ... partite!"

 

Danilo Lombardi

Armiamoci e partite è una nota espressione proverbiale italiana, purtroppo divenuta di attualità, con la quale si allude a chi esorta gli altri a intraprendere un'azione o ad affrontare dei rischi, ai quali non parteciperà.

 

L'espressione è presente sin dal 1891 nel Nòvo dizionàrio universale della Lingua Italiana di Policarpo Petrocchi, e nel 1897 il poeta Olindo Guerrini l'adoperò nella poesia Agli Eroissimi, che vale la pena di ricordare.

 

«Ah, siete voi? Salute o ben pensanti,

In cui l’onor s’imbotta e si travasa;

Ma dite un po’, perché gridate "avanti!"

E poi restate a casa?

Perché, lungi dai colpi e dai conflitti,
Comodamente d’ingrassar soffrite,
Baritonando ai
poveri coscritti
"Armiamoci e partite?"

Partite voi, se generoso il core
Sotto al pingue torace il ciel vi diede.
O
Baiardi, è laggiù dove si muore
Che il coraggio si vede,

Non qui, tra le balorde zitellone,
Madri spartane di robuste prose,
Che chieggon morti per compor corone
D’alloro, ahi, non di rose!»

 

Erano anni, anche allora, di retorica militarista (ai lettori decidere se lo siano anche quelli attuali). Crispi si era dimesso il 10 marzo 1896, in seguito alla disfatta di Adua durante la guerra di Abissinia. Gli avvenimenti successivi, che portarono allo scoppio delle guerre mondiali, sono noti, anche se non vengono studiati molto nelle scuole.


(film comico degli anni '70)


Ma è sempre stato così? È mai esistita un'epoca in cui in guerra andava chi governava il proprio Paese? Non proprio, salvo rarissime eccezioni. Però dobbiamo partire da molto lontano.

 

Alessandro Magno, probabilmente il più grande condottiero della storia, il conquistatore dell'Impero persiano, grande stratega, era in prima linea con le sue truppe, che guidava personalmente impartendo ordini in base all'andamento della battaglia.

 

Pompeo, nella Roma Antica, ebbe una carriera militare piena di successi: sconfisse Mitridate, annettendo i territori asiatici, liberò il Mediterraneo dai pirati, costruendo una fortissima flotta navale, e riuscì a reprimere le rivolte di Quinto Sertorio e del famoso gladiatore Spartaco.

 

Gaio Giulio Cesare combatteva con le sue legioni in Gallia, anche se non era ancora diventato dittatore, e guidò i suoi soldati nelle battaglie decisive, così come avvenne nel corso della guerra civile contro Pompeo, quando attraversò il Rubicone e successivamente nella celebre e decisiva battaglia di Farsalo.

 

Anche Aureliano, e siamo già all'epoca dell'Impero, combatteva in guerra personalmente, sia prima che dopo essere stato acclamato Imperatore, nel 270 d.C. D'altra parte aveva intrapreso la carriera militare sin da giovane, e venne acclamato Imperatore dalle proprie legioni. Difese l'Impero dalle invasioni barbariche e ne ricompose l'unità in 5 anni di regno (la stessa durata di una legislatura in Italia), prima di essere ucciso.

 

Flavio Ezio non era imperatore, però era il Magister militum d'Occidente, cioè il capo di tutti i soldati romani in Gallia, e successivamente divenne Comes et Magister militum, la più alta carica militare di occidente. Era in prima linea sul campo di battaglia dei Campi Catalaunici nel 451, dove guidò personalmente l'esercito romano contro gli Unni.

 

In tempi molto più recenti, senza che questo scritto abbia alcuna pretesa di rigore storico o di completezza, sappiamo che George Washington ha combattuto personalmente in battaglia, guidando le sue truppe durante la Guerra d'indipendenza americana e partecipando a eventi come la battaglia di Trenton nel 1776.

 

Napoleone guidò personalmente l'Armata d'Italia contro le forze dell'Austria, della Sardegna e dello Stato Pontificio nel corso della vittoriosa Campagna d'Italia (1796-1797) e nel corso della Campagna di Spagna (1808-1809), conclusa con l'occupazione di Madrid e la disgregazione dello schieramento spagnolo.

Prima di lui Federico II di Prussia guidò personalmente l'ultimo attacco dei granatieri prussiani alla battaglia di Zorndorf nel 1758, quando i due attacchi precedenti erano stati respinti con gravissime perdite ed era indispensabile spingere i soldati a combattere. 

Vittorio Emanuele III, sovrano che direttamente ci riguarda, non partecipò ad alcuna battaglia durante la Prima Guerra Mondiale, ma fu soprannominato "Re Soldato" perché era sempre presente ... nelle retrovie. Anche nella Seconda Guerra Mondiale, fuga a Brindisi a parte, non partecipò, al pari degli altri capi di Stato, ad alcuna battaglia.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, invece, combatterono personalmente, o almeno erano presenti in battaglia, sia pure nelle retrovie, diversi generali, tra cui ad esempio Rommel, la Volpe del Deserto, e gli americani George Patton e Mark Clark, che guidarono le truppe in Italia e sul fronte occidentale.

 

Nel corso della celebre battaglia di Midway, sempre durante la Seconda Guerra Mondiale, la flotta giapponese subì una disfatta determinante per le sorti della guerra. Nella battaglia furono affondate molte delle portaerei giapponesi, tra le quali la Soryu, a bordo della quale perirono il comandante Yanagimoto e 718 uomini d'equipaggio, la Kaga, che trascinò con sé il comandante Okada e 800 uomini dell'equipaggio, e la Hiryu, che venne affondata dai cacciatorpediniere Kazagumo e Yugumo, quando era stata ormai abbandonata. Rimase a bordo il contrammiraglio Yamaguchi, che decise di non abbandonare la nave e si inabissò con i corpi di 416 uomini dell'equipaggio.

 

Per completare, sempre con riferimento alla Seconda Guerra Mondiale, tralasciando qualsiasi riferimento alle forze armate italiane, che scatenerebbe chissà quali polemiche, visto che non siamo mai stati capaci di fare i conti con la nostra storia, un accenno alla battaglia di Stalingrado, anch'essa decisiva per le sorti della guerra.

 

In tale battaglia, in cui perse la vita oltre un milione di persone, ed anche alcuni soldati italiani direttamente (la cui storia è stata ricostruita da Alfio Caruso nel libro "Noi moriamo a Stalingrado"), senza contare i 40.000 soldati italiani morti nella ritirata, in prima linea andavano al massimo i generali.

 

Il generale sovietico Čujkov era spesso in prima linea, rischiando la vita per organizzare la resistenza della 62ª Armata, che comandava, per impedire la conquista della città da parte dei Tedeschi e guadagnare tempo per permettere l'offensiva da parte delle forze del proprio Paese.

 

Dal lato opposto dello schieramento la 6ª Armata tedesca, con circa 250.000 soldati dell'Asse, al comando del Generale Paulus, venne accerchiata in quella che sarebbe passata alla storia come la "Sacca di Stalingrado". Il generale Paulus, fedele agli ordini ricevuti, non si ritirò, e resistette sino a quando tutte le truppe vennero completamente distrutte. Solo allora decise di arrendersi con i pochi soldati superstiti, senza ricorrere al suicidio, come invece aveva ordinato Hitler.

 

Tornando ai nostri giorni una piccola riflessione. In Ucraina, dopo oltre tre anni, sono morti centinaia di migliaia di giovani, chiamati a difendere il proprio paese o mandati a morire da chi ha deciso di invadere quel paese. Non esiste alcuna guerra, che si svolga attualmente, con un numero di vittime minimamente paragonabile. Eppure non ho visto, con tutto il rispetto che meritano le vittime degli altri conflitti, molte manifestazioni dei nostri giovani a sostegno della pace in quella regione. Ma la pace non è una moda e non ha colore politico.

 

Sembra quasi (senza quasi) che la maggioranza delle persone, specialmente nel nostro Paese, sia assolutamente contraria alla guerra, ma che di tale circostanza non si tenga conto.


frase tratta dal romanzo 1984 di G. Orwell


Eppure la nostra Costituzione, il cui testo si definisce di tipo rigido, in quanto modificabile solo a certe condizioni, spesso presa da molti a baluardo invalicabile delle proprie tesi per questioni certamente di minore importanza, sulla guerra sarebbe categorica (e mi permetto di sorvolare sul pensiero contrario di alcuni politologi indipendenti italiani, tra i quali Parsi, il marito di Panella).




Quali riflessioni trarre, quindi, da queste brevi note, come sempre senza pretese di completezza storica, come già ho premesso (non a caso, nulla di serio)?

 

La storia non ci ha insegnato nulla; oggi come in passato soffiano gelidi venti di guerra sull'umanità, come ricordato da Papa Francesco nella preghiera di Natale del 2022: "il nostro tempo sta vivendo una grave carestia di pace anche in altre regioni, in altri teatri di questa terza guerra mondiale". Ogni giorno c'è chi soffia sul fuoco, e questo non ha mai portato a nulla di buono.

 

Le decisioni su questioni di vitale importanza vengono assunte, ormai, da organismi non rappresentativi, o quanto meno rappresentativi in maniera molto indiretta, che non tutelano gli interessi e le volontà di coloro che sono influenzati dalle loro decisioni e che godono di un potere decisionale sproporzionato rispetto alla loro rappresentatività effettiva.

 

Questo dovrebbe indurre tutti noi quanto meno a tentare una partecipazione più attiva, perché il pericolo è che la sovranità popolare divenga definitivamente obsoleta quando ciascuno di noi verrà indotto a credere che il proprio apporto alla vita democratica, o la propria opinione, sia del tutto irrilevante, vanificando qualsiasi controllo sui rappresentanti in precedenza eletti.

 

Anche perché avverrà, come sempre, che ci verrà ordinato: armiamoci e ... partite.

 

 

(Dedicato alla mia amata zia Marisa, cattolica osservante, che come tutte le persone comuni desiderava la pace nel mondo. Ha sempre seguito tutte le mie iniziative sui social, sono sicuro che continuerà a seguirmi da lassù).


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