L'INGRATO - David La Mantia - Le soldatesse. Italiani brava gente?

 

David La Mantia

C'è una storia che ci raccontiamo, in Italia. Una storia secondo cui gli italiani, pur avendo applicato il colonialismo in Africa ed Europa, non siano stati in fondo così cattivi, non abbiano mai raggiunto il livello di crudeltà dei Francesi in Algeria o degli Inglesi in India.

Italiani brava gente, appunto.

Ugo Pirro ha risposto a questo luogo comune con un romanzo straordinario e poi film di successo. Le Soldatesse è ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, precisamente nel 1941, anno dell’occupazione italiana in Grecia. Il protagonista è un tenente, in licenza ad Atene e disgustato dallo spettacolo di morte che lo circonda, che desidera ritornare al più presto alla sua guarnigione: così accetta l’incarico di trasportare con sé un gruppo di dodici prostitute destinate ai postriboli di diverse città, in particolare per tenere alto il morale dei soldati.

Va ricordato, con molti storici contemporanei (Villari, De Rosa) che l’esercito italiano di occupazione della Grecia, denominato armata sagapo (σ'αγαπάω = ti amo), in quanto più intento a sedurre le ragazze locali che a reprimere i partigiani greci, stroncò crudelmente, con l'uso sistematico della tortura, i movimenti locali.

Inizialmente, il militare appare distaccato, ma, con il passare del tempo, si affeziona sempre di più alle ragazze arrivando perfino ad innamorarsi di una di loro: Eftichia, quasi una eroina greca classica, disgustata dalle umiliazioni che deve subire per sopravvivere. Oltre alla nascita di un amore, durante il viaggio vengono evidenziate le crudeltà e le perdite portate dalla guerra: la più significativa è quella di Elenitza, che muore in seguito a un attacco da parte dei partigiani.

Perché per Pirro non c'è speranza ne redenzione. Per nessuno.

Lo chiarisce molto bene questo evento: il tenente, insieme alle poche ragazze rimaste, si rifugia in un villaggio in cui passa una notte insieme ad Eftichia. Ma questa fugge il giorno dopo, indignata da una frase pronunciata dal militare ("Sono stato il tuo primo uomo o il tuo primo cliente?”).

Uno dei principali punti di forza del libro è la capacità di rappresentare la brutalità della guerra in modo crudo e realistico: il senso insopportabile di una fame che lacera, e soprattutto l’incessante grido di “psòmi” (pane), sono più forti della stessa dignità delle protagoniste, pronte a vendere il proprio corpo per saziarsi.

Perché la guerra è la soluzione che gli uomini si sono dati.

Ma è sempre la soluzione sbagliata.

E così la storia si concentra sugli effetti devastanti del conflitto, in primis sulle persone più vulnerabili, come le donne, trasformate in strumenti di sopravvivenza o piacere per i soldati. 

Ma il momento più terribile è il finale.

L’automezzo con le ragazze arriva finalmente a destinazione, nonostante la missione non sia andata a buon fine. E tutto riprende secondo la normalità. Quella normalità distorta che è assuefazione alla guerra, al dolore, alla morte, alla disumanità.

Un libro da leggere o rileggere adesso.

 

 


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