LA POESIA ELEMENTARE - Anna Martinenghi - La poesia (elementare) del Titolo - su Alessandra Carnaroli
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Alessandra Carnaroli – “Non si tocca la frutta nei supermercati però i culi nelle metropolitane” – Giulio Einaudi Editore 2025 |
VII.
l’adriatico è un piccolo mare
si conoscono tutti per nome
le vecchie frangono
i flutti fino a riccione
per regolare la circolazione
i bambini gommoni
fanno la spola
con l’ex jugoslavia
una madre grida
torna a riva
Ammetto di essere stata molto incuriosita dal titolo di questa raccolta di Alessandra Carnaroli1 e di aver sorriso davanti alla dedica dell’autrice: «A chi di questo libro leggerà solo il titolo». Io ho continuato a leggere e mi sono trovata fra le mani una silloge sincopata, disturbante, inconsueta. Uno di quei libri che si amano o si detestano; nel mio caso un libro interrogativo, per niente rassicurante, a cui torno spesso. Uno di quei lavori disturbanti che obbliga a mettersi in discussione.
Il titolo, che a una lettura superficiale potrebbe suonare come una battuta, non deve trarre in inganno, perché alla silloge appartiene una voce tagliente, politicamente scorretta e durissima, che si confronta con le contraddizioni del nostro tempo e setaccia in maniera furibonda la cronaca dei nostri giorni.
Dobbiamo girare
Con una sveglia al collo
La scritta toccami
Ma solo
Per qualche secondo
L’autrice entra nella carne della nostra quotidianità con bisturi e mannaia, recidendo tutte le contraddizioni a cui sembriamo esserci abituati, tanto che le molestie sui mezzi pubblici sembrano un peccato veniale rispetto al palpeggiare frutti nei supermercati. La lama della scrittura arriva fino all’osso, affrontando il tritacarne dei bollettini quotidiani, che si inseguono veloci, spodestati rapidamente da rinnovata brutalità.
Se la guardi sotto
I bombardamenti
Gaza sembra
Una festa
I razzi sono stelle filanti
I bambini coriandoli
Non si tratta di una lettura facile: la violenza fa da collante a scenari diversi, divenendo il denominatore comune di femminicidi, relazioni tossiche e morbose, famiglie disfunzionali, madri mostruose, alluvioni e annegamenti, fino all’incontenibile distruttività delle guerre in Ucraina e Medio Oriente. La banalità del male viene annotata con cura, identificata e messa a fuoco in ogni ambito, da una scrittura caustica, che niente giustifica, ma che trova sfogo in un’ironia distaccata e in un sarcasmo feroce.
Ave Giulia
Avvelenata
Col topicida
E poi uccisa
A fine gravidanza
Il tuo compagno
Non poteva perdere
La grande offerta
Di ammazzarne
Due in una volta
Siamo braccati da versi che si sfilacciano, dalla punteggiatura perduta, dagli a capo sincopati e dai capolettera tutti maiuscoli: elementi che reinventano un linguaggio capace di descrivere l’orrore delle cronache interrotte dalla pubblicità.
Come accennavo prima, questa raccolta si ama o si detesta. È difficile rimanere tiepidi davanti allo scenario desolante di una realtà in cui tutti siamo immersi, anche quando chiudiamo gli occhi o giriamo la testa dall’altra parte.
IV
L’uomo cappottato dalla bici
Inclinato sul fianco come
Torre di Pisa
Come nave da crociera Costa
Dopo l’inchino
Non si vede bene cosa resta
Della testa dove finisce il corpo
Dopo il decollo le terminazioni
Nervose sono rette infinite
Il sangue che gli esce nell’asfalto
S’incolla alla busta la scarpa
La scritta Graziella sulla canna
Ma in ucraino
Le cose ad est dell’Europa
Arrivano sempre dopo di moda
I bambini giocano
Con la maglia di Maradona
Qualcuno dice che a Hiroshima
Hanno buttato l’atomica
Le critiche più feroci hanno detto che non si tratta di poesia e che Einaudi Bianca non è più Einaudi Bianca, poiché pubblica poetesse femministe finto alternative. Una disapprovazione da mettere in conto, quando si propone una scrittura divergente che percorre strade alternative. Ammettere che non si tratti di poesia è come dire che il graffitismo e la street art sono solo scarabocchi, se paragonati ai lavori di Michelangelo nella Cappella Sistina e che Picasso ha dipinto un pasticcio intitolandolo Guernica. Ci può stare solo ammettendo una visione parziale che escluda la complessità di cui la realtà si compone e la velocità a cui viaggia. Personalmente ritengo che solo il tempo decida cosa davvero ha valore, setacciando la sabbia e trattenendo le pepite. Ritengo inoltre che, come per la musica, ciascuno di noi abbia diritto a playlist poetiche che contengano voci differenti: poesia classica, jazz, pop, funky, r&b e perché no, anche dodecafonica.
Ossi di pesca
Queste famiglie
Dove ci si accoltella
Come frutta fresca
Nel frattempo, quella di Carnaroli è di certo ricerca sperimentale, poesia (?) civile che mette scomodi percorrendo la mappa surreale delle violenze del quotidiano. “La storia siamo noi” direbbe uno bravo: “Nessuno si senta escluso”.
1 Alessandra Carnaroli
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