CASA POESIA - Emanuela Mannino - La Poesia risponde

 

Emanuela Mannino

Cara Emanuela, cari lettori di poesia, cari non lettori di poesia,

eccomi qui, Poesia o meglio poesia: le P mi spaventano, mi attribuiscono troppa importanza, assieme alla responsabilità dei Destini del mondo.

Io sono sguardo presente nell’Altrove. Sono voce che scuote gli strumenti del cuore, la carnalità degli abissi umani e i respiri d’anima in divenire. Sono la gazza sul ramo, il pesce rosso in cerca di ossigeno, il tramonto mai tramontato. Natura, in infinite costellazioni evolutive. Sono due persone che si tengono per mano, un abbraccio, un sorriso sincero, un cedimento d’orgoglio, una parola di conforto, il perdono, la speranza, il coraggio di riprovare a esistere al meglio, la carezza del silenzio, la solitudine in fiore. Mi servo della parola per essere impressa nella memoria, nell’Eterno, anche attraverso l’oblio dei ricordi umani che sempre, da qualche parte, riprendono a germogliare dopo la morte, in altre vite ed in nuove forme.

Hai ragione, cara Emanuela, io sono spesso vessata, sminuita. Cercano di soffocarmi nella macchina del Presente reale e nell’ Immaginifico imposto, nei ritmi frenetici del sopravvivere, tra gli scenari delle macerie vissute direttamente e indirettamente: delle guerre, dei conflitti, degli attacchi del cuore, degli attacchi alle menti e degli stupri dei corpi. L’orrore.

Provo a rispondere alle frasi che mi hai riferito sulla poesia e sui poeti.

1)    La poesia non vende. Ecco: io non voglio la ricchezza in denaro. Desidero la ricchezza e l’Edificazione in purezza dell’anima Universale. L’anima di ciascuno di noi, non si compra, non è in vendita. La poesia non può vendere nulla, tantomeno la felicità scontata, la verità in offerta, le risposte possibili a tutte le nostre domande. Potete vendere tutti i libri che volete, ve lo auguro, la poesia si nutre della vostra lettura, ovviamente. Ma se volete vendere esclusivamente per guadagnare e arricchirvi economicamente, astenetevi. Se volete vendere per acquisire fama sociale, non fatelo, vi prego. La poesia non è mai sopraffazione né contraffazione di umanità.

 Cara Emanuela, tra te e me, ci siamo dette quanto importante sia rispettare la “deontologia poetica”: codice morale del non speculare sulle umanità poetiche e sulla poesia. Un’espressione “deontologia poetica” che hai pensato e coltivato nel cuore da molto tempo. Spero che questo divenga l’intento della poesia come di tutte le Arti. Tra i venditori di poesia, poi, ci potrebbero essere degli autori che si presterebbero a certi scopi: gli spacciatori di poesia. Gli spacciatori di poesia possono erigere architetture poetiche cucite sul dolore, e versi a effetto solo per guadagnare visibilità. Non credono fino in fondo a quello che hanno scritto, o vi credono per comodità; guardano sempre l’orto poetico altrui e hanno il precipuo obiettivo di diventare “famosi” anche se non ricchi in denaro. Altri spacciatori di poesia sono coloro che utilizzano versi di poesia di autori molto noti e apprezzati, versi imparati a memoria, per “far colpo” sugli altri. Poesie civetta. Una categoria di spacciatori di poesia è quella di chi si espone in convegni, tavole rotonde, e in argomentazioni scritte, elucubrando di poesia e poetica, di poeti e anti-poeti, di poesia e non poesia allo scopo precipuo di apparire a sé e alla gente persona d’intelletto speciale. Ed io, vorrei tanto dire a costoro: nessuna vanità, nessuna in ciò che proferite. Dite ciò in cui credete, allo scopo di dire senza pretese mistiche o accademiche. Le parole poetiche sono soltanto parole di vedetta attraverso cui entrare in profondità nelle cose del mondo, nelle case degli Io rilevando tutte le sfumature possibili dei sentimenti umani ed i punti di contatto volti alla pacifica convivenza. E nel dialogo vitale ineludibile, fondamentale, tra la Natura e l’Umano della Natura. A volte queste parole risultano chiare a chi le legge. A volte risultano incomprensibili. A volte, solo in parte, comprensibili. Io spero che almeno siano parole chiare al poeta stesso, senza giochi sottili, esercizi di stile e contenuti falsati. La poesia gioco di finzione si avverte. Sarebbe preferibile provare quanto più possibile a utilizzare un linguaggio chiaro a tutto il mondo (senza cadere nella descrizione fredda). Eppure potrebbe capitare, senza finzioni, di volersi esprimere in modo un po' oscuro. Quelle sono le ombre del poeta. Abbiatene rispetto. Transitorie, minime, copiose, che siano: abbiatene rispetto. Quelle sono la controluce del poeta: abbiatene rispetto. Nessuno vi impone di leggere e voi non potete imporre a un poeta il modo di scrivere né a una persona il modo di esistere.

2)    La poesia non salva il mondo. Concordo quando asserisci che siamo noi a dover salvare la poesia, la sua essenza più nobile e umile, le sue origini. Ma se “salviamo” la poesia non è detto che stiamo salvando noi stessi. La poesia è una forma mentis del vivere quotidiano ma, insieme ai piaceri del Bello, ha bisogno di sporcarsi delle bruttezze umane, di attraversare cerchi di fuoco e bugie sottili. La poesia nasce dalle mani ruvide del muratore, dallo sguardo intenso del falegname, dall’ardore del maestro di scuola, dal malato terminale, dal cittadino senza nome, senza valore, senza una casa vera, nel cuore di qualcuno. È speranza, è prosecuzione, è desiderio di riscatto, è umile dolore. Non grida, non si preannuncia. È pratica di vita e teoria in prestito, pratica di sé in relazione a tutti i possibili mestieri e alle Arti del mondo. E concludo: è artigianato della parola aderente al qui ed ora, con incursioni nella memoria, con aneliti di futuro prossimo. Nemmeno l’Eternità viene garantita. Mistero.

3)    Il mondo della poesia è molto competitivo. Avalli “l’atteggiamento (da coltivare sempre con cura) del significato originario del verbo latino, ovvero quello di (cito le tue parole) "andare insieme verso un obiettivo", o "concorrere" nel senso di cercare insieme la stessa cosa. E questa cosa, nello spirito della Poesia pura, è l’armonia di voci che cercano bellezza, forza, gioia comuni, conforto, speranza da condividere. Umilmente. Coltivare umiltà e poesia, poesia umilmente, fieri di aver trovato una propria voce che accompagni la propria esistenza, persino contenti, perché no? Nell’ascolto delle voci altrui. Nel buio, un po' di sostegno. La luce altrui non sia pretesto per accusare chi sorride pacificamente di poesia)”. Mi sento di dire Emanuela, a te e a chi voglia ascoltarmi, di “fregarsene” di apparire poeticamente e umanamente. Siateci come potete, in voi e nel mondo, da soli e insieme al mondo, in poesia e in non poesia, ma siate vivi, autentici, imperfetti, umili, e non permettete a nessuno di dirvi chi siete e quale direzione dovreste o peggio dovete prendere. Solo allora la competizione, tra sé e sé e tra sé e il mondo, in negativo, non sarà affare vostro. Vorrei lanciare una provocazione: chi si arroga il diritto di criticare il modo di scrivere o il modo di vivere la poesia di chi palesemente si adopera per una poesia appassionata e vera, autentica, umile, chi usa parole che svalutano, sottili, talora quasi con metodo, forse potrebbe avere paura di considerare altri modi di esistere? Che possano rendere “felici” l’altro, quantomeno in una zona di conforto transitorio e vitale? Non fate i terapeuti degli altri. Avete una vita vostra da vivere e sentire ardentemente, se volete. Se la Vita vuole. Allo stesso modo invito i poeti a non sentirsi esseri supremi e migliori di altri esseri umani. State soltanto macerando la vostra vita, a vostro modo, per trovare un senso, ammesso possiate trovarlo definitivamente. Non siate saccenti…

4)    I poeti vivono fra le nuvole, sono deboli. I poeti ovvero gli autori di poesia sono esseri umani comuni, sono tra voi che alzate lo sguardo al cielo e vi perdete in uno spicchio di luna o in una rossa luna piena. Non c’è tempo per definire quale sia la felicità. È così transitoria, la felicità, che va afferrata e protetta nel cuore. La debolezza di un poeta è la forza della fragilità, la piena del fiume umano che impara a non temere sé stessa, ad attraversarsi, a coltivare sassi e fiori sempre nuovi lungo i sentieri. La debolezza di ammettere di stare cercando un proprio posto nel mondo pur navigando, in modo incerto o transitorio, ma sempre al meglio possibile con gli altri, non credo sia debolezza. Ammettere e accogliere le esistenze altrui nel loro compiersi puro e impuro, è poesia. È atto di fiducia nell’Umano più nobile e nel suo potere trasformativo. Infine, voglio citare l’invito a continuare ad essere poeti, a viverla questa vita, seppur nuvolosa, in dimensioni altre, fuori dal proprio orto ego riferito, come tu dicesti in una tua poesia pubblicata, cara Emanuela: Essere poeta/ è il crimine più bello. / Lentissimamente/le piccole morti/ del non vivere.

 

5)    I poeti vedono solo la poesia e nient’altro. I poeti vedono poesia ma si occupano anche di altro come tu dici.  La poesia è ovunque, ma non sempre rilevata. È nei gesti quotidiani, è in mezzo alla solitudine, al silenzio, alla noia, al dolore, al piacere, alla disperazione, al pianto e potrei continuare… È persino nel male di vivere, sopita, negata, ferita. La poesia non sempre corrisponde a uno stato cosciente, si può muovere nell’inconscio. Il poeta non può decidere di scrivere a tutti i costi e subito una poesia. Dev’esserci un’ispirazione e prima di essa un Destino.  La poesia si rivela quando meno se lo aspetta il poeta. A volte, essa, impiega ore, settimane, mesi, anni per parlare al poeta con parole e immagini che questi possa percepire, sino al midollo dell’anima; ciò, affinché il poeta possa riferirne (a sé, agli altri, “fermando” solo apparentemente il flusso della comprensione, mai assoluta eppure utile al nutrimento del proprio esistere con l’altro).  Nel frattempo… il poeta partecipa a riunioni di lavoro, paga le bollette, getta la spazzatura, porta a spasso il cane, ascolta gli altri, conosce altro e via dicendo…

 

6)    I poeti si montano la testa.   Quando degli scrittori di versi si montano la testa, io sto veramente male: fatico a ritrovarmi, soffoco.

 

Ho terminato.

Non rispondermi: vivimi.

Vivetemi, se volete.   

 

 Palermo, 3 settembre 2025

                                                                                                           (La Poesia)

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