A BACIO DI RIMA - Lina Maria Ugolini - LODO / IMBRODO
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Lina Maria Ugolini |
Seguiamo questo bacio la cui
ragione solletica la Patafisica. A rammentare un noto proverbio, il lodare produce l’imbrodare, ovvero un travaso eccessivo di brodo, espressione
figurata di un esubero di elogi – in
accezione negativa – rivolti alla
propria prima persona singolare.
In
vero la poesia ha molto in comune con tale lodare e imbrodare per due peregrine
ragioni.
La
prima riconduce al senso profondo della lode, innata esaltazione dello spirito
poetico, sublimata nel laudare amoroso stilnovistico.
Nel
verseggiare il sonetto di Guido Cavalcanti:
Io
voglio del ver la mia donna laudare
ed
asembrarli la rosa e lo giglio:
più
che stella dïana splende e pare,
e ciò
ch’è lassù bello a lei somiglio.
Verde
river’ a lei rasembro e l’âre,
tutti
color di fior’, giano e vermiglio,
oro ed
azzurro e ricche gioi per dare:
medesmo
Amor per lei rafina meglio.
Passa
per via adorna, e sì gentile
ch’abassa
orgoglio a cui dona salute,
e fa
’l de nostra fé se non la crede;
e
no·lle pò apressare om che sia vile;
ancor
ve dirò c’ha maggior vertute:
null’om
pò mal pensar fin che la vede.
Di
altro encomio scrive Wisława Szymborska. Osserva la normalità della vita
della sorella e dei parenti, di tante persone uniche e insostituibili.
In
lode di mia sorella
Mia
sorella non scrive poesie,
né
penso che si metterà a scrivere poesie.
Ha
preso dalla madre, che non scriveva poesie,
e dal
padre, che anche lui non scriveva poesie.
Sotto
il tetto di mia sorella mi sento sicura:
suo
marito mai e poi mai scriverebbe poesie.
E
anche se tutto ciò suona ripetitivo come una litania,
nessuno
dei miei parenti scrive poesie.
Nei
suoi cassetti non ci sono vecchie poesie,
né ce
n’è di recenti nella sua borsetta.
E
quando mia sorella mi invita a pranzo,
so che
non ha intenzione di leggermi poesie.
Fa
minestre squisite senza secondi fini,
e il
suo caffè non si rovescia su manoscritti.
In
molte famiglie nessuno scrive poesie,
ma se
accade – è raro che sia uno solo.
A
volte la poesia scende a cascate per generazioni,
creando
gorghi pericolosi nel mutuo sentire.
Mia
sorella pratica una discreta prosa orale,
e
tutta la sua opera scritta consiste in cartoline
il cui
testo promette la stessa cosa ogni anno:
che al
ritorno delle vacanze
tutto
quanto
tutto
racconterà.
Wisława Szymborska, La gioia di scrivere. Tutte le poesie (1945-2009)
a cura di Pietro Marchesani, Adelphi, 2009
La seconda ragione annessa al
poetare – sulla quale si vuole indagare in tale abituale combaciare – allude e
riconduce al brodo, liquido prodotto da una colatura dopo prolungata bollitura.
Se dunque il lodare merita una somma
di elogi, complimenti e derivati, lo sbrodare
relativo al brodo (di carne o vegetale) alla luce dei fornelli (e dello
speculare patafisico), non comporta un eccesso quanto un estrarre, un detrarre.
Non lasciamoci ingannare da l’apparente fluida abbondanza. Essa contiene
notevoli proprietà rilasciate dal bollire, da un lento cedere d’essenze, da un filtrare
che veste la metafora del contemplare, soppesare parole su parole per farne
poesia: umano brodo primordiale.
Sorge spontaneo un dubbio:
come può suddetto brodo (che non sia broda) connettersi all’abbondanza di un
plauso? La risposta è semplice: accompagniamo nel travaso il prezioso
restringimento che in lode genera fraintendimento.
Siamo
onesti e umani: lodiamoci pure e in abbondanza
galleggiamo
in brodo d’esultanza.
meglio
se di giuggiole l’essenza.
A questo punto si consiglia
vivamente l’ascolto di questo "Brodo
di carne" dei Blue Penguin, tratto dall'album Pengeris:
https://www.youtube.com/watch?v=JLTi_o2cTVc
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