UMAMI, DHARMA E BARBABIETOLE - Pietro Edoardo Mallegni - Decalogo (istruzioni base su come installare il programma poeta di ***** in dieci piccoli passi)
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Pietro Edoardo Mallegni |
Devo ammettere che ho riflettuto a lungo su questo pezzo. Riflettuto sul suo contenuto, sulla sua ironia (difficile?), sulle eventuali conseguenze. Forse non è il caso… Ma non è stato il caso di tante cose e voglio concedermi oggi un po’ di sana dissacrazione, di critica, di autoironia (e mi raccomando, fatene scorta, di quest’ultima, perchè andando avanti nella lettura o c’è quella o, forse, è il caso di chiudere).
In principio era il verbo. “Cosa è un poeta? Cosa fa un poeta? A che serve un poeta?”
(Ovvio ai sensi della L.903/77 e L.125/91, la ricerca si rivolge a entrambi i sessi).
Certo, nei secoli, a queste domande, c’è stato chi ha saputo rispondere molto bene, ma oggi? Potremmo dire che il poeta è uno che sente, uno che prova, ascolta, fermenta, distilla, versa, condisce, trasporta, mangia, digerisce, espleta, dorme, riposa, si sveglia. Insomma, fa un po’ quello che fanno tutti, e sia mai che definiate un poeta tale: tutti i poeti fuggono questa definizione come si rifugge l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Io stesso, volendo peccare di umiltà, alla domanda “Sei tu un poeta?” risposi “Tu lo dici”. Fondamentalmente, lavoriamo. Abitiamo questo mondo con la stessa sagacia con cui si abita un supermercato. Non serviamo a niente. Solo che, consci di tutto questo, ci piace elevarci, metterci sopra gli altri in quanto detentori di una verità a noi concessa solo in funzione della nostra unicità e, messi in cima al patibolo, un po’ per dar spettacolo, un po’ per vederci fucilati, ecco che cominciamo a “cantare”, ma, soprattutto, a pretendere che gli altri ascoltino e a richiedere la beatificazione delle nostre idee e di come le esprimiamo.
Avrai notato, cara lettrice o lettore, che sono passato all’utilizzo del “noi”, al posto del “loro”; diciamocelo francamente: io e te siamo colpevoli di tutto questo, orribili, spavaldamente incriminati, perciò meglio farla entrare subito, l’autoironia, abbandonare un po’ questo egocentrismo e dirsi anzi ridicoli, che magari alla fine della storia qualcosa riusciamo a salvare, sempre che qualcosa da salvare sia rimasto. Quindi, mie care signore e cari signori, intorno a questo articolo, ecco le dieci regole per essere un poeta oggi (o di *****) e, carpite tali nozioni, vi invito a comporre variazioni sulla nostra inutilità.
1) Non avrai altro poeta all’infuori di te.
Voglio sperare sia facile da cogliere l’ironia e che, almeno al punto uno, non siano necessarie ulteriori spiegazioni.
2) Non leggere, ma piuttosto raccomanda agli altri come e cosa leggere.
Siamo i manager delle letteratura, sempre pronti a dare un consiglio al prossimo,
carichi di quell’altruismo utile solo a legittimare le nostre conoscenze e a porre nella definizione di necessario il nostro percorso formativo. Prova a fare indigestione di gamberi crudi, bere coca-cola per tutto il pranzo e terminare il pasto con un bel caffè accompagnato da una sigaretta. Poi vediamo quale necessità vince se andare al bagno o leggere Proust.
Ovviamente, da manager il “plurale maiestatis” è d’uso obbligatorio:
leggiamo, capiamo, interpretiamo. Noi però dobbiamo rimanere fermi a guardare.
3) Ricordati di santificare la complessità e l'incomprensibilità.
Cerca di trovare le parole più rare e complesse del mondo, per descrivere la situazione più improbabile del mondo usando la metafora più desueta del mondo. In questo, se qualcuno ti chiede spiegazioni, ovviamente buttala in caciara e cerca di rendere la spiegazione più complessa del testo stesso, sia mai che qualche altro impiccione ti venga a chiedere qualcosa.
4) Onora il fuori luogo e l’opposto sempre.
Ricordati che il poeta è una figura politicamente scomoda, che fa paura ai poteri forti, perché informato, perché acculturato, non avere timore di mostrarti o di dire la tua. Insomma, come un buon prosciutto, non avere paura di presentarti sul buffet della cultura, anche se siamo a una celebrazione musulmana. Anzi, dai la colpa a loro che non mangiano il maiale, se tu vieni scartato per assaggiare i falafel. Tanto in poesia come in cucina, quando qualcuno rifiuta l’assaggio, 9 su 10 è perché non capisce un…
5) Fai indigestione di tutte le forme d’arte.
Prendi la tovaglia di tua nonna. Fai un lavoro di “taglia e ricuci”. Trasformala in un vestito. Indossalo. Assolda un turista albino norvegese affinché ti riprenda per la città nel mentre che reciti Ginsberg, di fronte ai negozi chiusi per fallimento. In questo, cerca di ricreare varie pose dei ritratti di Modigliani. Colonna sonora: canti gutturali della Mongolia. Ovviamente.
6) Colmati di esperienze estremamente non estreme.
Tipo: sono rimasto seduto in casa al fresco per 72 ore di fila ad osservare mosche che componevano girotondi nell’aria. Per quelli fuori a rifare il manto stradale ad agosto sarai una specie di eroe, un modello al quale ambire. Tra loro diranno “Vedi, ad aver studiato”.
7) Torturati
Raggiungi l'acme della tua formazione. Dopo aver letto, assaporato e assimilato scrittori complessi e carichi di nozioni come Tolstoj, Joyce, Musil, Camus, Celan, è arrivato il momento di passare a letture altrettanto complesse, ma scariche di informazioni: esempio alterna “Ulisse” a un copione originale di “Sex and the city”.
8) La critica al tuo settore è sacra.
Critica tutti. Poeti. Scrittori. Premi. Editori. Qualsiasi cosa, criticala.
In questo modo eviterai il problema fondamentale: solo chi scrive poesia legge poesia e perciò compra libri di poesia. Una fetta di mercato insignificante. Un comportamento paradossale. Domandati se solo chi producesse lavatrici acquisterebbe lavatrici.
No. Meglio non chiederselo.
9) Sposa uno stile di vita impossibile ai limiti dell’originale
Dieta: assolutamente vietati tutti i prodotti alimentari che contengano la lettera “T”.
Le “T” sono cancerogene,
lo sanno tutti.
Socialità: esci di casa solo nei giorni del mese la cui data può essere un quadrato perfetto.
Quotidianità: vivi applicando il fuso orario nepalese.
10) Desidera il successo
degli altri.
Nel senso che devi volere per te stesso quanto di bello succede agli altri. Quando riesci, rubaglielo o, applicando il punto otto, criticalo. Odia tutti e tutto quando non vieni riconosciuto e ovviamente come il più blando dei “Riccardo III”, qualora ti venissero offerti degli onori, rifiutali, inizialmente paventando la più ridicola e schifosa forma di umiltà e, girate le spalle al pubblico che ti ha applaudito, indossa le tue meschinità facendone uno scialle sul quale apporre la scritta
“PENSATI POETA”
Bene. Se riusciremo a rispettare queste regole sono sicuro che raggiungeremo la vetta del monte del nostro successo: spetta un po’ a ognuno di noi vederci un Olimpo o un Golgota.
Ad accoglierci ci sarà un meraviglioso buffet di fegati, reni e Madeleine, una scritta “Associazione Letterati Anonimi”, un samovar pieno di infuso di corteccia di Baobab, un numero di sedie disposte in cerchio e una prugna che galleggia nel profumo servita in un cappello da uomo (citazione o scherzo?). A turno potremmo alzarci e istericamente dire che sono almeno venti giorni che non tocchiamo penna, che non cadiamo più nelle voluttuose tentazioni della sineddoche e della sinalefe, raccontare di quel giorno maledetto in cui preferimmo spendere duecento euro in libri piuttosto che riparare il piatto della doccia e, dopo i nostri “primi cento giorni senza ricadute”, tornare a casa con una spilla, un caffè di Starbucks e confessare gridando ai nostri cari “SONO GUARITO”.
So bene che da domani a molti di voi starò antipatico, potrei goliardicamente rispondere con un “Ma chi ve conosce ???” o ancora meglio “e sti ...”. Ma non lo farò. Parafrasando e storpiando Capote, vi dirò “Ognuno, al quale è stato fatto il dono del voler scrivere, viene allegata una certa dose di antipatia e quell’antipatia è dedita solo all’autoflagellazione.”
D’altro canto, avete mai conosciuto un poeta simpatico? È quasi un ossimoro (Diamine, ci sono ricascato!).
W l'ironia, l'auto-ironia, sintomo di rara intelligenza. Mi è piaciuto molto il tuo testo, e mi sei e sarai in sempiterno simpatico, Saecula saeculorum! Garantito al 🍋
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