RONDINI - Melania Valenti - IL LORO GRIDO È LA MIA VOCE

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Il loro grido è la mia voce - poesie da gaza è un volume edito dalla Fazi Editore, a cura di Antonio Bocchinfuso, Mario Soldaini e Leonardo Tosti, con prefazione di Ilan Pappé. Il libro raccoglie le poesie di dieci autori palestinesi, tradotte dall’arabo da Nabil Bey Salameh: Hend Joudah, Ni’ma Hassan, Yousef Elqedra, Ali Abukhattab, Dareen Tatour, Marwan Makhoul, Yahya Ashour, Heba Abu Nada (uccisa nell’ottobre 2023), Haidar al-Ghazali e Refaat Alareer (ucciso nel dicembre 2023). Dieci autori con una vita, con una identità. Il volume presenta inoltre un intervento della scrittrice Susan Abulhawa e un testo del giornalista Chris Hedges (premio Pulitzer ed ex corrispondente di «The New York Times» da Gaza), entrambi tradotti da Ginevra Bompiani ed Enrico Terrinoni.

La guerra non si dovrebbe potere accettare. Ciò che sta succedendo in più parti del mondo nel civilissimo XXI secolo, nel 2025, non si dovrebbe potere accettare.

Ancora di più se nei confronti di uno sterminio indiscriminato, che trova radici lontane decenni, si tace e si gira la testa dall’altro lato, come la quasi totalità dei governi europei sta ancora attuando.

Di fronte allo stato di carestia, di fame, di sete, di uccisioni indiscriminate, di morìa indotta a popolazioni umane e animali, di fronte alla fuga, alla repressione, alla distruzione di ogni forma di civiltà, ci si chiede: cosa può fare la poesia?

La poesia può. Questa poesia, scaturita dall’animo di chi è ancora in grado, finché lo sarà, di esprimere l'unica libertà rimasta, quella del pensiero, nasce dalla resistenza di uomini e donne, di poeti e poete, di letterati e donne di cultura che un tempo abitavano ed operavano in Università, scuole, centri culturali, associazioni, biblioteche. E in tutto ciò che è stato scientemente raso al suolo da menti con scopi che neanche si possono giudicare, perché fuori da ogni schema di valutazione umana.

La poesia può. Una fiamma ancora non spenta del tutto, che urge dentro e che ha trovato nella rete l’unico modo, spesso, per essere conosciuta, per portare ovunque il messaggio di ciò che stava succedendo.

La poesia può. Bilateralmente. Scrivere come unico mezzo di sfogo, libertà residua, ali per resistere da parte di chi nella striscia di Gaza ha già perso la vita, di chi ancora lotta per sopravvivere alla barbarie o di chi, esiliato lontano, non trova pace per ciò che accade. E, dall’altro lato, leggere, come occasione unica di entrare in quel mondo, sfondare limiti, barriere, posti di blocco, artiglierie pesanti e leggere e diffondere ovunque il messaggio.

La poesia, la scrittura, possono questo.

E oggi, riportando alcuni testi del volume - dalla cui vendita da Fazi Editore saranno devoluti 5 Euro ad Emergency per le sue attività di assistenza sanitaria a Gaza- e la biografia di chi li ha scritti, senza altro di inutile intorno, si desidera compiere un ulteriore tentativo di portare in giro il loro grido, di restituire dignità e nome ai poeti di Gaza.

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Una madre a Gaza non dorme…

Ascolta il buio, ne controlla i margini, filtra i suoni uno ad uno
per scegliere una storia che le si addica,

per cullare i suoi bambini

E dopo che tutti si sono addormentati,

si erge come uno scudo di fronte alla morte


Una madre a Gaza non piange

Raccoglie la paura, la rabbia e le preghiere nei suoi polmoni,
e attende che finisca il rombo degli aerei,

per liberare il respiro

 

Una madre a Gaza non è come tutte le madri
Fa il pane con il sale fresco dei suoi occhi…

e nutre la patria con i suoi figli.


-       Ni’ma Hassan, poeta e scrittrice. Nata a Rafah, Gaza, è responsabile del gruppo teatrale Teatro Bokra Hola e del Foro culturale e Artistico del Sud. È impegnata nell’uso delle arti per la cura dei bambini vittime di traumi di guerra. Pubblica in rete i suoi diari.

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15/10/2023

Il suono che sentiamo è il suono della morte che ci ha

superato per scegliere altri,

siamo ancora vivi e sentiamo il suono della morte di altri che

conosciamo, diciamo:

grazie a Dio, l’ultimo suono che hanno udito non è stato

il suono del razzo.

Chi sente il suono del razzo sopravvive.

Siamo ancora vivi fino a nuovo avviso.


18/10/2023

Le nostre foto di famiglia: un sacco di brandelli, un mucchio

di cenere,

cinque sudari avvolti uno accanto all’altro di dimensioni

differenti.

Le foto di famiglia a Gaza non sono come tutte le altre.

Ma erano insieme, e insieme se ne sono andati.


-       Heba Abu Nada (1991/2023), biochimica e poeta cresciuta a Gaza. Le sue poesie sono tradotte in molte lingue, le due scelte dal libro sono parte di alcune memorie scritte in rete durante l’assedio. Muore il 20/10/2023 uccisa da un bombardamento israeliano.

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16/01/2024 

Avevo otto anni

quando ho letto “libertà” in un libro.

L’ho cercata nei dizionari,

ma non ne ho capito il significato.

Non l’ho vista nel blu del cielo,

come dicevano,

la libertà per cui moriamo

non l’abbiamo mai sentita.

Sai, amore mio,

che moriamo quando incontriamo

tutto il nostro dolore?

Hai capito ora, amore mio,

perché nei nostri paesi

i bambini muoiono?

Se fossi sulla soglia di un tuo sguardo,

creerei dal tuo petto un paese

che non nutre i suoi figli con il pane della separazione

e saprei perché se ne vanno coloro che partono.

Quanto ero libero nell’abbraccio.

Abbracciami, abbracciami,

quanto ero libero nell’abbraccio.


29/2/2024

La bambina il cui padre è stato ucciso

mentre portava un sacco di farina

sulla schiena

continuerà a gustare

il sangue di suo padre

in ogni pane.


26/8/2024

Ti hanno uccisa come si uccidono le farfalle,

e l’alba ha pregato per te,

poiché da una fossetta sulla tua guancia sorge il giorno.

Ti hanno uccisa, affinché l’aurora non torni mai più,

affinché restiamo al buio, senza vedere.

Hanno detto che minacciavi il paese

con una cintura esplosiva in vita.

Solo io,

sapevo

quanto amavi

le cinture di rose.


-       Haidar al-Ghazali (2004). Poeta di Gaza. Era studente di Letteratura inglese e Traduzione finche la sua Università non è stata rasa al suolo. Dall’inizio dell’offensiva israeliana racconta l’assedio in versi, che vengono tradotti in moltissime lingue.

***

Se devo morire,

tu devi vivere

per raccontare la mia storia,

per vendere le mie cose

per comprare un pezzo di stoffa

e qualche filo,

(fallo bianco, con una coda lunga),

cosi ché un bambino, da qualche parte a Gaza,

guardando il cielo negli occhi,

aspettando suo padre che è partito tra le fiamme —

senza dire addio a nessuno,

nemmeno alla sua carne,

nemmeno a se stesso —

veda l’aquilone, il mio aquilone che hai fatto tu, volare alto

e pensi, per un momento, che lassù ci sia un angelo

che riporta l’amore.

Se devo morire,

che porti speranza,

che sia una storia.

(trad. di Enrico Terrinoni)


-        Refaat Alareer (1979/2023). Professore di Letteratura inglese all’Università Islamica di Gaza, più volte distrutta dai bombardamenti israeliani. Questa poesia, tradotta in tutto il mondo, è divenuta il simbolo della poesia, della forza degli intellettuali palestinesi in tutto il mondo. Alaree l’ha scritta pochi giorni prima di essere ucciso da un raid mirato dell’esercito d’Israele.


***

I vostri proiettili sono mortali

E nell’inchiostro della mia penna

Le vostre armi saranno annientate

E la poesia rimarrà viva.


-         Dareen Tatour (1982). Poetessa e fotografa di Raineh, citta araba in Israele. Ha pubblicato diverse raccolte, di cui l’ultima nel 2024. Condannata più volte, è stata tradotta in carcere per la poesia “Resisti, o popolo mio, resisti loro”, pubblicata in rete nel 2015. In seguito alla condanna, i suoi libri sono stati proibiti in Israele e le copie confiscate.


È così. La poesia rimarrà viva.


Melania Valenti


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