POETICO ACCESSORIO - Claudia Olivero su “Voglio parlare di te notte” di Barbara Korun
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| Claudia Olivero |
Barbara Korun è una scrittrice slovena contemporanea, pubblicata in Italia da una piccola casa editrice indipendente, la Multimedia Edizioni. Ho letto la sua prima poesia in rete sulla bacheca fb di qualcuno e ne sono rimasta folgorata. Ho quindi deciso di acquistare il libro Voglio parlare di te notte – Monologhi, tradotto da Jolka Milič, e subito questa voce schietta, scevra di artifici stilistici, mi ha conquistata.
Tante volte ormai mi sono chiesta che cosa mi spinga a inseguire la poesia, a leggerla, e ogni volta la risposta è una: nei versi cerco me stessa. In Korun, oggi, mi sono trovata pienamente, non soltanto per l’erotismo che permea le sue poesie, ma soprattutto per il suo atteggiamento nei confronti della scrittura stessa, dove “la poesia diventa oggetto di desiderio e di libertà per esprimersi in modo autentico”:
COME SCRIVI UNA POESIA
innanzi tutto ti spelli
prendi uno sbucciatore
e ti gratti via
tutta la pelle
attraverso i pori sgorga
un liquido dolce e salato
poi vai
esca viva
al sole
nel mare salmastro
nel deserto ventoso
e aspetti
che le parole
si appiccichino
che pungano
e rimangano
quando sei tutta
ricoperta da loro
ritorni
avvelenata
estirpi dal tuo corpo
una parola dopo l’altra
e le disponi nelle righe
in fondo al biancore
ti restano
piccole cicatrici
Un altro elemento che mi ha avvicinata alla parola poetica di Korun è la sua apertura al mito, tema che mi accompagna ormai da diverso tempo. La prima parte di questa raccolta è infatti dedicata alle pizie, sacerdotesse oracolari greche. Vergini.
come una bambina fisso
l’oscuro volto della notte
gli occhi fino all’orlo
sono colmi di tristezza
come una bambina fisso
il luminoso volto del cielo
gli occhi fino all’orlo
sono colmi di stupore
*
non danneggiarmi quando mi penetri
ferita dalla tua morbidezza
dalla tenerezza le forze a stento
mantengono ancora l’equilibrio
conosco il tuo acume
la tua sottigliezza
con gesto lento, preciso
abbatterai gli argini
nel cielo comincerà
a risplendere l’aurora polare
In questa serie di brevi poesie, nate proprio per voce delle pizie, l’eros svolge un ruolo rivelatore e liberatore dell’io, come le parole dell’Oracolo di Delfi, ma allo stesso tempo incrina l’equilibrio del soggetto lirico, minacciandone la vita stessa
cadrei nella fenditura
in un battito di palpebra
in un istante di udito
in un palpito del cuore
quando il mondo sparisce
cadrei nella spaccatura
abyssos
Eccolo, l’abisso nel quale l’eros ci lascia cadere, dopo averci innalzati, in tutte le poesie di questa raccolta. L’eros germoglio vivo e spira asfittica, condivisione e solitudine, battaglia imprescindibile e resa che precede ogni possibile combattimento.
E così anche la natura si fa eros, nelle parole di Korun, natura che troviamo in “Notte”, seconda serie di liriche di questo volume: come potrebbe non essere così (Tu sei un bosco/e suolo silvestre è la tua pelle/quando corro e ti accarezzo il ventre […] essere un minuto granello un minuscolo seme/e attendere l’arrivo del sole/scrosciante e impetuoso come un torrente/che mi colmi/e io cresca/e voli)? Perfino nei “Canti di morte” fa capolino
vorrei fondermi nel tuo corpo
con la mia immagine
in te vorrei consumare il mio cuore.
sii un gelido fiume dalle lunghe dita.
sii una pineta, sì, i pini bassi
sfiorano con gli aghi le cosce.
Sii la luna, sii la luce.
che la gioia sia grande fino alla morte,
senza cui non posso vivere, che resti
solo la luce, la dolcezza.
anche quando mi cola tra le gambe
un esile rivolo di sangue.
Perché non c’è morte e non c’è vita./Al limite dell’esistenza non c’è durevolezza. […] un immenso abisso di tristezza,/nel quale cado/felice, eterna,/senza fine.
Si alternano in questa silloge poesie e prose liriche, caratteristica che la rende dinamica e tanto più interessante anche per chi dalla poesia si lascia ancora un po’ intimidire. La scelta linguistica è coerente, i richiami tra una sezione e l’altra si intrecciano in sequenze di senso. La natura rimane centrale: natura come luogo della creazione, natura come spazio del silenzio e della ricerca interiore, natura come modo di guardare alla vita. Il giallo è colore predominante, la luce svolge un ruolo di richiamo, verso la luce va l’autrice, dalla luce viene, forse, guidata, all’interno di un modo da esplorare, interrogare, capire.
L’UOVO
io sono un uovo un uovo
un uovo dal tuorlo dorato
con una sfera di luce
gialla
attendo
raggomitolata
che la luce si condensi
ma non troppo
che sia ancora liquida
diffusa
il tuorlo dorato
cresce
sento il battito
di un cuore estraneo
che non si condensi troppo
l’essere
di luce
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1 Dall’introduzione di Loredana Umek
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