LA LINGUA MISTERIOSA DELLA POESIA - Anna Spissu - Agosto. Tutti al mare? Andiamoci con Leopardi

 

Anna Spissu

LA LINGUA MISTERIOSA DELLA POESIA

Agosto. Tutti al mare? Andiamoci con Leopardi.

 

 

Essere di mare è un modo di vivere, una caratteristica interiore del proprio animo, a volte anche fisica, un po’ come essere biondi o bruni, alti o bassi. È anche un termine di paragone della vita quotidiana, una misura della giornata. Se sei nato al mare e ci vivi, sai che il mare è un compagno potente e misterioso, specchio dell’animo e delle inquietudini. Niente romanticismi però, semplice constatazione delle realtà: quando ti alzi la mattina e apri la finestra lo capisci dallo spessore dell’aria, dall’odore, dalla luce se il mare è tranquillo o agitato anche se non lo vedi. Da casa mia quando di notte si sentiva più forte il rumore del treno si capiva che il mare si  era ingrossato. Il perché di tutte queste combinazioni di sensazioni, odori e suoni non lo so ma è così, un po’ come i “proverbi saggezza” dei vecchi sulle nuvole in mare. Ne cito uno tradotto dal dialetto genovese: “quando le nuvole vanno verso il mare prendi la zappa e vai a zappare/quando le nuvole vanno verso il monte lascia la zappa e vatti a nascondere.” (Se e nûvie van a-o mâ piggia a sappa e vanni a sappà, se e nûvie van a-o monte lascia a sappa e vatte a ascunde )

Oggi come oggi, almeno nel nostro mondo occidentale, è ben raro che ci sia qualcuno che non abbia mai visto il mare dal vero ma solo nella generazione di mia madre non tutte le persone che abitavano sull’Appennino Ligure lo avevano visto. Ho anzi sentito spesso raccontare di viaggi di nozze che consistevano nello scendere dai monti e arrivare in riviera per vedere, una volta e probabilmente mai più, il mare.

Che cos’era questa meravigliosa, immensa vastità così mutevole di colori e di onde. Averla negli occhi almeno una volta. E se si era coraggiosi bagnarsi almeno i piedi. Sì perché oggi praticamente tutti sappiamo nuotare ma per chi non è capace di farlo il mare fa paura. A dirla tutta, anche chi sa nuotare, dovrebbe avere un atteggiamento poco spavaldo perché se il mare ingrossa la cosa migliore è non trovarsi fra le onde: in pochi minuti la forza delle braccia viene travolta da una potenza molto superiore alla nostra, è una cosa che da ragazza ho sperimentato personalmente e  ancora dico grazie allo sconosciuto signore tuffatosi in mio aiuto il quale non solo aveva braccia più robuste delle mie ma soprattutto sapeva che non bisogna mai nuotare quando l’onda si ritira mentre bisogna farlo con tutte le nostre forze quando l’onda monta e sfruttare così la forza del mare.

Il mare.

E la poesia? Non si possono contare le poesie che sono state scritte sull’argomento ma quello su cui mi piace indagare oggi qui, la mia curiosità un po’ irriverente è questa: che cosa si può scrivere del mare se non si è mai provato il contatto fisico con l’acqua? I poeti che hanno scritto del mare sapevano nuotare?

Leopardi per esempio, autore dei versi meravigliosi “il naufragar m’è dolce in questo mare” aveva mai fatto un bagno in mare?

Ho fatto qualche ricerca e mi sono imbattuta in un articolo di Lino Palanca dal titolo “Bello e impossibile. Leopardi e il mare” di cui relaziono.

In una lettera a Pietro Giordani del 26 settembre 1817 Leopardi rivela di non avere mai nuotato: “il cavalcare che mi consigliate certo mi gioverebbe, ed è uno dei pochi esercizi che io potrei fare, dei quali non è né il nuotare, né il giuocare a palla né altro tale che non molto fa mi avrebbe dato la vita ed ora mi ammazzerebbe, quando mi ci potessi provare, che è impossibilissimo”.

Leopardi ha diciannove anni quando scrive e ammette che nuotare gli sarebbe utile ma ora sarebbe un suicidio e comunque non lo ha mai fatto (quand’anche ci potesse provare)

Tornerà all’argomento dei bagni di mare nella sua lettera del 16 agosto 1832 a Fanny Targioni Tozzetti nella quale fa i suoi rallegramenti per i benefici che la donna trae dai bagni di Livorno anche se non gli sembrano senza qualche pericolo. D’altronde, se non si ha confidenza con l’acqua tutto appare un po’ pericoloso.

Tuttavia il mare “vero” non è poi così distante: sta a Porto Recanati che non è proprio una stazione balneare ma sicuramente oltre ai pescatori c’è anche qualche bagnante tale che nel 1855 il vicario capitolare Anastasio Adriani promulga un editto relativo ai bagni di mare con questo inizio: onde evitare logravi scandali che sogliono accadere nella spiaggia marittima del nostro Porto in occasione dei bagni.

Leopardi non scende per i bagni alla marina, la guarda dall’alto, si informa perché certamente è consapevole della vita faticosa dei pescatori, così pure, tra le insidie che vengono dal mare, ha senza dubbio avuto conoscenza che ancora nel suo tempo c’erano temibili incursioni dei pirati barbareschi, un pericolo costante per gli abitanti di Porto Recanati, come è testimoniato dal rappresentante del Comune nel Porto, Crispino Valentini, che ne dà periodicamente notizia ai Priori di Recanati e ben 39 compaesani furono deportati in Algeria e in Libia come schiavi.

Leopardi conosce, guarda, studia, classifica, conosce l’astronomia, il flusso e riflusso delle maree, nell’infanzia e nell’adolescenza il suo mare è popolato di mostri e ricco di leggende, paure che non possono reggere il confronto con la ragione e il giovane Poeta vuole combattere ogni tipo di superstizione.

Del mare lo affascina lo spettacolo della tempesta: sul dorso dei mari vengono spesso a combatter fra sé gli austri furiosi, e l’euro, e il noto e l’Affrico, e l’aquilone ed innalzano fino alle stelle le onde spumanti: piovono allora dal cielo veloci folgori, terribili e strepitosi tuoni rumoreggiano orrendamente, rotte sono da spessi lampi le folte tenebre dell’aeree oscuro, tutto è orrore, tutto è spavento. (da “Prose puerili”)

 Il Poeta sa che per andare per mare bisogna saper essere coraggiosi e saper sfidare l’ignoto navigando; quando poi si tratti di pericolo dove l’uomo ha qualcosa da fare per schivarlo, per impedirlo, per mandarlo a vuoto...come il nocchiero e i marinai nella tempesta (Zibaldone 3534)

Leopardi dunque, per mare non ci va, anzi spesso il mare è lontano, indeterminato, vago ma lui ne attraversa il fascino, lo sublima e lo porta a un livello di immaginazione che immediatamente si fonde con la poesia: come scrive Lino Palanca nel saggio citato “qui siamo a discorrere di un uomo che trasformava in oro poetico tutto quello che veniva in contatto con i suoi sensi” .

Nella Creazione Leopardi s’immagina che Dio, dopo aver creato il mondo, per maggiormente adornarlo e distinguerlo…v’infuse il mare. (La storia del genere umano, Operette Morali).

Il mare e Dio, opera finita di Chi è Infinito. Ci stiamo avvicinando al naufragar m’è dolce in questo mare laddove il mare ha perso la sua sola identità fisica per assumerne un’altra immaginifica e potente, una ”trasfigurazione tutta interiore dell’azzurro senza confine visto o immaginato da Leopardi. ”A questo punto è chiaro che la potenza dell’immagine e della trasfigurazione è tale che si può essere indifferenti al pensare se Leopardi abbia o non abbia mai avuto un contatto diretto con il mare. Resta tuttavia la curiosità di domandarsi chissà quali altri meravigliosi versi avrebbe potuto scrivere   se fosse stato un nuotatore. Probabilmente si sarebbe accorto della piacevolezza che produce immergersi nel mare e certo ne avrebbe tratto pensieri filosofici e versi magnifici.

Prima di augurare a tutti (anche chi va in montagna) buone vacanze vi lascio con una mia poesia a riguardo: io sono una nuotatrice e trovo che nuotare porti a un godimento profondo del corpo e dell’anima capace di allontanare pensieri e preoccupazioni e di regalarci una visione diversa delle cose, magari vicino a una qualche forma di verità senza dolore e di speranza.

 

         C’è tutto un mare

 

A volte il mondo si stringe.

Milioni e milioni di chilometri quadrati

ridotti a uno spazio non più grande

di quello dei nostri piedi,

perduto l’ultimo autobus della notte

annullata l’unica corsa

di cui avevamo il biglietto

smarrito chissà come

e chissà dove

quel regalo donatoci

da chi avevamo tanto amato.

La verità si capisce d’estate

nuotando e nuotando

nella frescura dolce e carezzevole

delle onde.

C’è tutto un mare.

 

  

- Lino Palanca da “Bello e impossibile. Leopardi e il mare” Centro Studi Portorecanatesi- “Potentia”, anno terzo numero 7

-Anna Spissu da “La vita trasparente” (e-book Amazon)

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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