FRASEGGI DI LUCE - Annalisa Lucini - Dov'è Dio, quando gli uomini combattono le loro guerre

 

Annalisa Lucini

“Vi era un bel sole: tutto era chiaro e trasparente, solo nel cuore degli uomini era buio.”

(Il sergente nella neve, Mario Rigoni Stern)

 

Anche oggi, come ieri, la domanda ricorrente che molti di noi si fanno è sempre la stessa: «Dov’è Dio quando gli uomini combattono le loro guerre?».

Mio nonno, classe 1920, è stato un soldato del reggimento d’artiglieria Pasubio.

Uno dei tanti del Corpo di spedizione italiano in Russia (C.S.I.R.), impegnato sul fronte orientale contro l’Unione Sovietica durante la Seconda Guerra mondiale.

Fu catturato sul Don il 22 dicembre del 1942 e rimase prigioniero di guerra in Russia sino al 24 novembre del 1945.

Partì insieme a 220 mila soldati, fu preso prigioniero insieme ad altri novantamila (90.000) e tornò a casa tra quei dodicimila centonovanta tre (12.193) giovani che, dopo aver visto l’inferno in terra, hanno potuto riabbracciare le loro famiglie.

Era giovane, mio nonno.

Fino ai suoi vent’anni aveva visto poco del mondo. Una vita semplice in un paese di montagna nella provincia di Roma.

Nato in una famiglia numerosa e umile, era andato a scuola fino alla quarta elementare.

Scriveva benissimo. Bella calligrafia e stile descrittivo che -sebbene andasse dritto al nocciolo della questione- non si limitava solo alla sostanza, ma anche alla cura di particolari sugli accadimenti dei quali riferiva.

Tutto questo non gli valse la salvezza di evitare certi posti e, per tutta la sua lunga vita, nonostante ne avesse patite molte, non l’ho mai sentito lamentarsi di futilità.


Le sue carezze, uno dei ricordi a me più cari.

La dolcezza con cui ci guardava contrastava con l’impeto di fervente bestemmiatore con gli altri e mai con noi.

Quanto sia stata davvero terribile la prigionia, l’ho scoperto dopo la sua morte e dopo la morte di mia madre che, qualche mese prima di lasciarci, mi aveva affidato tutti i suoi documenti e lettere, timorosa che nel disordine di mio padre ogni cosa sarebbe andata perduta.

E così, dopo anni e nella casualità di un incontro che ha cambiato per sempre la mia vita, abbiamo potuto ricostruire gli anni della guerra in Russia.

Il non-caso mi ha fatto conoscere Siriana Giannone che, su http://www.youtube.com/@guerradipietro.sirianagiannone, ha creato un canale dedicato a esplorare il lato umano delle guerre.

Con lei e grazie a lei ho ripercorso, attraverso i documenti autentici in mio possesso, l’inferno vissuto, il peregrinare nei più terribili campi di prigionia, l’attaccamento ai compagni reduci e la sua tenacia nell’essere riuscito a tornare a casa.

Prima in Kazakistan, dopo quasi 2000 chilometri di marcia a piedi nella neve dell’inverno russo, a Pacta Aral e a Taliza, e poi vicino a Mosca, a Tambov, dove sono stati riferite condizioni disumane e cannibalismo.

Attraverso questo percorso, Siriana ed io siamo diventate “sorelle”.

Nipoti di due reduci della guerra di Russia: Servilio e Pietro detto Nzuliddu.

Poi Siriana ha immaginato una conversazione tra i nostri nonni, ne ha scritto su Dialogo, un giornale di Modica ed in seguito ha realizzato un video.

Mentre ricostruivamo quelle traversie, mi sono ricordata di un amico di mio nonno, Egidio Franzini, con il quale è rimasto in contatto per tutta la vita e che aveva scritto un libro di memorie su quella terribile esperienza.

Mio nonno e tanti altri lo avevano aiutato, con le loro testimonianze dirette, a lasciare traccia del loro passaggio su questa terra, anche in circostanze così terribili ed inenarrabili.


 

Ecco perché la memoria, al di là di ogni cosa, è il tesoro più prezioso che abbiamo.

Affermare questo mi costa un po’, lo ammetto.

Da tempo mi sforzo di vivere nel presente, per evitare le sabbie mobili del passato e la paura di cadere nel vuoto del futuro.

Eppure, ripercorrere quella giovinezza rubata è stato fondamentale per trovare risposte a domande prima mute.

Le guerre già combattute, perse, vinte in apparenza dovrebbero essere un antidoto contro il ripetersi di certe tragedie.

Eppure ancora oggi -anche in questo istante- guerre insensate che coinvolgono innocenti continuano ad alimentare la vita-non vita che ci circonda.

E non servirà neanche questo contributo –scritto nel silenzio di una notte d’estate- a cambiare le cose.

Lo so bene.

Ma non riesco a non pensare ai conflitti attuali, ai bambini che muoiono di fame, ai vecchi che lasciano questa terra non nel loro letto ma sotto le macerie, tra pianti disperati di chi ha perso tutto, dignità, tranquillità, rispetto, voce.

In nome di cosa iniziano e continuano le guerre?

Atti di forza, prese di possesso di territori, guerre tra confinanti, rivendicazioni religiose... l’uomo continua a farsi la guerra.

Esistono bambini più dignitosi di altri?

Esistono anime più innocenti di altre?

Certo che no.

A volte credo che il senso dell’umanità non sia mai esistito.

Penso alla guerra che ha vissuto mio nonno. Le terre nelle quali ha combattuto sono le stesse di oggi.

Credo abbia ucciso per sopravvivere e quelle ferite le ha portate dentro per tutta la vita mascherandole con grandi sorrisi per noi e bestemmie come sfogo per la rabbia di certe insensatezze.

 

Non so cosa mi direbbe oggi.

 

Forse, come ha fatto per una vita, mi insegnerebbe ancora una volta la lingua della terra che lo ha visto prigioniero per anni.

Era orgoglioso di aver imparato quella seconda lingua e ci parlava spesso delle famiglie che, in qualche modo, lo avevano aiutato a sopravvivere per tornare a casa.

Credo che più di altri avesse capito che comprendere l’altro è il primo passo verso la salvezza di ognuno, non solo la propria.

«La terra ben nutrita e arata sfama tutti».

Parole sue.

Amava molto la campagna, la musica, il ballo e quando parlava dei suoi compagni di gioventù in guerra li chiamava “fratelli”.

 

Ancora oggi mi chiedo se fosse davvero convinto di non credere in Dio.

Se così fosse, voglio credere per lui e per le nuove generazioni.

 

«Dio è sempre accanto agli uomini, anche quando combattono le loro insensate guerre».

  

“Io ho sentito freddo tutta la vita, mi sono portato il freddo e i morti nel cuore per tutta la vita. La notte mi svegliavo urlando e mi sognavo le bombe e un mare bianco tutto macchiato di poveri ragazzi morti. Ce li siamo portati dentro tutta la vita quei morti. Siamo morti anche noi, ci hanno ammazzato l’anima. E poi siamo tornati a casa e abbiamo fatto finta di dimenticare, di non sentire più le urla e i boati dei cannoni, abbiamo fatto finta di non vedere più i morti lungo le strade, di non guardare le distese di cadaveri. E abbiamo pianto di nascosto che - si sa - le lacrime, per fortuna, non fanno rumore.

Però niente riso, Nzuliddu!

Manco ammazzato, Servilio!”

 (Dall’articolo di Siriana Giannone su Dialogo, 2022)

 

Dedicato a Servilio e Pietro detto Nzuliddu, senza i quali, io e Siriana non saremmo mai nate.

 


Guarda il video: 

Natale in prigionia. Servilio Menichelli, artigliere scelto della Pasubio


 

 

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