DA ORFEO ALL'INFINITO. SGUARDI E INCURSIONI POETICHE - Daniele Ricci su "L’aria intorno alle altalene" di Marco Brogi, Bertoni Editore,2024

 

Daniele Ricci

La poesia per Marco Brogi è ciò che di più concreto vi sia al mondo: è stillare momenti di vita vera dove le emozioni esplodono senza regole e senza confini. Ma sono convinto che lui per primo sappia anche che la poesia è regola e rigore. “Scrivere poesie – mi disse tempo fa Marco - significa voler vivere al massimo il connubio tra la nostra anima e ciò che la circonda e non avere paura di perderci in noi”. E Marco non ha certamente nessun timore a entrare anche dentro sé stesso, a lasciare che la sua anima parli.

 

Marco Brogi, L’aria intorno alle altalene, Bertoni, 2024


Dobbiamo abitare

all’ultimo piano di giornate

senza tetto, pareti, uscite di sicurezza.

In modo da imbarcare preghiere,

nuvole, bocche di fuoco,

che donano momentanea salvezza.

(p. 54)

 

Colpisce subito il modo originale di scrivere di Marco Brogi, poeta e scrittore senese, giornalista a La Nazione, che nel marzo 2024 ha pubblicato per Bertoni Editore la sua quarta raccolta di versi: L’aria intorno alle altalene, con prefazione di Bruno Mohorovich e postfazione di David La Mantia.

Si tratta di una breve silloge, composta da 47 liriche, tutte molto brevi, tutte compatte (ovvero sempre formate da un’unica strofa) e in versi liberi, divise in tre sezioni: la prima parte comprende 24 testi, non ha titolo e presenta un’intonazione perlopiù sapienziale, gnomica, accanto tuttavia a una meditata e sofferta problematica esistenziale (“È una pioggia invisibile, / un coro di assenti. / È una fuga involontaria / dagli arcobaleni. / La vita è una strana persona. / Conviverci è un atto d’amore”, p. 15); la seconda sezione, Il sugo della domenica, è composta da 10 testi ed è dedicata alla memoria dei suoi cari (dei genitori, dei nonni e di altre figure parentali); la terza sezione, Eppure è un grande giorno, comprende 13 poesie e temi come il tempo (l’ineluttabile fuga temporum) e la solitudine sono certo cantati con consapevolezza, in cui è presente il poeta-filosofo che pronuncia sententiae e massime di vita, ma insieme vissuti nella carne viva, nell’esperienza esistenziale e quotidiana (“Attraversare i giorni senza paura / di essere investiti da un dolore, / dal tempo, da un amore latitante. / Imparando dai muri sbrecciati / di strade secondarie ad accogliere / la grandine, le gelate, i battiti del sole”, p. 50).

Cifra stilistica della poesia di Marco Brogi è la metafora che, quando diventa “metafora continuata”, si fa anche allegoria. Utilizza un linguaggio immediato e concreto, spesso con un tono colloquiale e dimesso, ma ricorre costantemente a metafore e immagini vivide, tratte soprattutto dal mondo della natura e della vita quotidiana. È uno stile che si avvicina, per certi versi, a quello di poeti e scrittori contemporanei molto noti come Erri De Luca e Franco Arminio.

 

Scivola altrove, è una saponetta la vita

che ti leva l’odore delle persone care,

ti pulisce dalle scorie di frenesia,

dai tentativi di agguato alla rassegnazione.

Non voglio lavarmi.

Adoro le macchie di desiderio.

(p. 56)

 

La poesia di Marco Brogi è fortemente visiva, è theorìa, sguardo che vede nel cuore dell’essere, che con esso si fonde sopprimendo le dicotomie di soggetto e oggetto, esterno e interno su cui si è sempre fondato il razionalismo dell’Occidente. Puro “occhio del mondo”, com’era l’arte nella definizione di Schopenhauer, questa poesia traduce in linguaggio soprattutto l’esperienza quotidiana del distacco, dell’abbandono.

La poetica dell’autore senese si caratterizza per un linguaggio semplice e diretto, focalizzato su temi quotidiani e legati al mondo, con uno sguardo attento alle piccole realtà e alle emozioni umane più profonde. Uno stile essenziale e chiaro, con una forte componente autobiografica e un'attenzione particolare ai temi della memoria e degli affetti familiari, dell'impegno etico, della spiritualità laica e del rapporto con la natura. 

La sua è una poetica della semplicità, dell’umiltà e della verità (cfr. le dichiarazioni di poetica a pp. 11, 14, 17 e 52), vicina a tanto antinovecentismo, soprattutto alla poesia più prosastica, dimessa e sapienziale dell’ultimo Montale o a quella “musicale” di Umberto Saba e Sandro Penna:

 

Amo la scrittura che fiorisce nei campi.

Non mi appartengono le parole di serra,

hanno il profumo dell’inconsistenza,

la forma della mancanza.

(p. 11)

 

***

 

Credo nella ciotola del cane

nella forma del pane

nell’avvolgibile che imbarca il mattino

credo nell’aria intorno alle altalene

nei poveri cristi

nelle parole che partono senza arrivare

credo nelle crepe di mio padre

nella liturgia del mettersi in ciabatte

in chi si offre volontario anche se trema

credo in chi va fuori tema

in qualsiasi tipo di maniglia

credo nell’accendigas, nell’accendino

nel gesto nudo

e in tutto ciò che produce una scintilla

(p. 14)

 

Nel complesso, tutte le particolarità stilistiche della lirica di Brogi vanno intese nell’ambito di una disposizione sostanzialmente antiretorica (cfr., in particolare, i vv. 1-3 della lirica a p. 52: “Non apro la porta / agli esercizi di stile, / il contrario dell’essenza”), per cui per esempio l’uso di lievi inversioni (“…è una saponetta la vita”, p. 56), di ripetizioni (come l’anafora “Non apro la porta” che scandisce il ritmo della poesia a p. 52), di moduli di sorprendente semplicità, vicini ora al parlato ora a una cadenza propria della canzone popolare moderna (come le non poche rime baciate presenti, ad es. nell’epigramma a p. 32 “Pianto un seme per ogni tuo ritorno / e sempre nasce il giorno”, o testi che ricordano le filastrocche di Gianni Rodari, come ad es. la poesia a p. 27 Ai venti preferisco i vinti), non ha funzione di decoro, ma va attribuito all’alleggerimento del controllo razionale, in favore di una fiducia totale nella verità delle insorgenze sentimentali e della loro spontanea determinazione poetica.

È da rilevare che le poesie di Brogi, accanto a momenti di grande intensità, sono anche sfiorate da una garbata malinconia e a tratti si avverte un approccio ironico. Prevale comunque la lontananza, l’inafferrabile, il fuggitivo.

 

Sono mille anni che manca

il sugo della domenica

all’appello del tuo fornello.

Anche il futuro, i suoi margini

di manovra fanno l’appello,

e puntualmente, madre, sono assenti

la tua vestaglia marina, il tuo

spazzolino da denti, i miei applausi

alle giravolte delle rondini.

(p. 37)

 

Nel sistema poetico di Brogi c’è una costante alternanza tra una regressione gioiosa, luminosa dell’io e un’espressione dolorosa e di infelicità. Questa alternanza, questa “altalena”, che è una variabilità di stato oscillante tra gioia e male di vivere, non rinvia a una dialettica di forze contrarie, ma a una sovrapposizione di stati. Questi due toni vitali diversi non si trovano mai divisi. A unirli, a stringerli in modo indissolubile è il sentimento del tempo, sia meteorologico sia interiore, soprattutto la memoria dei propri cari.

Brogi costruisce le sue poesie come eventi: miracoli, segni di meraviglia e di incanto, dove l’epifania del desiderio, filtrata dal ricordo, attualizza emozioni e sensazioni che giungono da un tempo indefinito e lontano, fissate nella durata di un istante colmo di privilegio: istante che si riattualizza ogni volta che, miracolosamente, si ripete.

 

È un’ora immobile.

La luna è un bottone della giacca del cielo.

All’alba si perderà nel nulla.

Ci fosse mia madre la riattaccherebbe

all’azzurro col filo dell’amore

(p. 41)

 

La poesia di Brogi è profondamente legata alla sua esperienza personale, alla sua storia e alle sue radici toscane. Le vicende personali si intrecciano con quelle della collettività, creando un tessuto lirico-sentimentale complesso e stratificato.

La struttura delle sue poesie non è mai artificiosa, ma segue il flusso del pensiero e dell’emozione. Una poesia caratterizzata da un continuum ritmico-sintattico, che si accentua in improvvise elevazioni di tono o in cale riflessive ottenendo un’”altalena” di voci, un ritmico andamento di flussi e riflussi, valorizzato da una netta limpidezza lessicale.

 

Potessi averlo tu il dono

dell’esserci per sempre

come le pietre quasi serene

di questa città dove studiai

per non diventare adulto

e per un posto fisso

in una fabbrica di cioccolato.

(p. 16)

 

In Brogi c’è una spiritualità laica e terrena, nutrita dal rapporto con la natura, con la memoria e con la letteratura anche religiosa (cfr. a p. 44 La notte in cui ho manomesso la Bibbia). Non è una spiritualità dogmatica, ma una ricerca costante di senso e di significato.

Il rapporto con la natura è centrale nell'opera del poeta senese ed è fonte di ispirazione, di conforto e di riflessione. Le colline, le montagne, il vento, gli alberi e le foglie, i fiori, gli animali sono tutti elementi che ricorrono nella sua poesia, spesso caricati di significati simbolici e metaforici. 

 

Anche il parco a quest’ora

è orfano di qualcosa.

Le foglie cadute sono nomi,

farfalle addormentate,

fogli scritti dal caso.

(p. 24)

 

La memoria, personale e familiare, è uno dei temi fondamentali della sua poesia. Attraverso il ricordo, Brogi cerca di comprendere il presente e di dare un senso al passato. Più in generale l’amore, nelle sue diverse forme, è una costante della sua opera, spesso legato alla memoria e alla perdita e talvolta declinato in chiave malinconica (“Amore mio / non paghi l’affitto /eppure mai sarai sfrattato / da questa casa /di cui sei pavimento / e soffitto.”, p. 23). Contrapposto e complementare al tema amoroso è il tema della morte, affrontato con rispetto e consapevolezza, come parte integrante della vita.

 

Sta piovendo. Il tetto tiene,

i vetri non si scompongono.

È una notte che partorisce sicurezza.

Il sistema di allarme sogna

di dormire fino a tardi.

Se non fosse per le infiltrazioni di assenza

e i morti che mi chiamano per nome,

sarei quasi felice.

(p. 25)

 

Brogi valorizza gli aspetti più umili e trascurati della realtà, trovando poesia nelle piccole cose, nei gesti semplici, nei dettagli apparentemente insignificanti.

La poesia di Brogi è un modo di stare nel mondo: è la consapevolezza di essere parte di un tutto in continuo divenire. La grana della sua poesia fissa per sempre ciò che è stato nel segno dell’invenzione, proietta il dolore e il ricordo in un’immagine del mondo che contrasta l’indifferenza del tempo e ci conforta.

 

La vita è un incidente.

Puoi farti molto male

o quasi niente.

Scrivere è una richiesta

di risarcimento danni,

un tentativo che pulsa

nel ventre delle parole.

(p. 17)


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Marco Brogi, senese, laureato in Lettere Moderne, è giornalista a La Nazione. Ha pubblicato il romanzo Le tre Lune (Urbone editore) e le raccolte di versi: Poesie scritte in treno (Prospettiva Editrice), Il Paese Incantato (zona editore), finalista al premio Narrazioni, Sorella Toscana (Alsaba), L’aria intorno alle altalene (Bertoni editore), uscita a marzo 2024, con prefazione di Bruno Mohorovich e postfazione di David La Mantia.

Autore anche di testi di canzoni, con Nicola Costanti ha scritto il musical Storie e amori sulla via Francigena, collaborando inoltre con il cantautore Miki Porru, e alla scrittura delle liriche degli ultimi due cd di Andrea Agresti, l’inviato delle Iene. Con un altro cantautore, Mario Castelnuovo, invece, ha portato in giro un recital di canzoni e poesie. Fa parte della redazione del blog di poesia Le finestre Lit-blog. Sue liriche sono presenti in varie riviste e antologie. Alcune sono state recitate live dagli attori Alessandro Haber e Alessandro Benvenuti.

 


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