RUGIADE - Claudia Olivero su "Cristallo Blindato" di Caterina Zammuto
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Cristallo Blindato, Caterina Zammuto, La Vita Felice, 2025 |
I tuoi figli non sono figli tuoi.
Sono i figli e le figlie della vita stessa.
Tu li metti al mondo ma non li crei.
Sono vicini a te, ma non sono cosa tua.
Puoi dar loro tutto il tuo amore,
ma non le tue idee.
Perché loro hanno le proprie idee.
Tu puoi dare dimora al loro corpo,
non alla loro anima.
Perché la loro anima abita nella casa dell’avvenire,
dove a te non è dato di entrare,
neppure col sogno.
Puoi cercare di somigliare a loro
ma non volere che essi somiglino a te.
Perché la vita non ritorna indietro,
e non si ferma a ieri.
Tu sei l’arco che lancia i figli verso il domani.
Kahlil Gibran da “Il profeta”
Erano i tempi del lockdown, giorni lunghi e lenti. Da poco Caterina e io ci eravamo conosciute, avevamo iniziato a frequentarci e a pensare di mettere su qualcosa dal sapore poetico, insieme. E subito lo stop, il distanziamento.
Erano i tempi del lockdown, quando poco alla volta si poteva uscire, da soli, di casa. Caterina è venuta a trovarmi, una sera, io in carcere dietro la cancellata del cortile condominiale, mi passa una busta marrone: dentro c’è lei. Che emozione! Sono io la prima a leggere questa storia. In versi.
Sono passati alcuni anni da allora, e finalmente il progetto ha preso forma, finalmente il libro tanto atteso ha visto la luce. Il primo, il primogenito: un sussurro antico, che si è fatto canto. Un grido profondo, un dolore sordo ed elastico, attraverso cui è però filtrata la luce. Come attraverso un cristallo.
Sono così emozionata, perché oggi sono anche la prima a scriverne una recensione, a presentare questo libro, che è una storia intima, un omaggio sincero, un trampolino da cui la vita ha spiccato il volo.
E’ vero, sono passati molti anni dal tempo in cui questa narrazione è ambientata, ma il dolore non ha tempo, come la gioia. E il ricordo è un timone importante, che ci indica la rotta. Talvolta anche in modo inconsapevole, sotto pelle.
Il titolo dell’opera è Cristallo blindato, l’autrice Caterina Zammuto, l’editore La vita felice. E’ appena uscito, a maggio 2025.
La forma visiva delle poesie di questa silloge in versi liberi, gioca un ruolo importante nella lettura e nella comprensione dell’opera nella sua interezza, gli spazi bianchi rivestono un’importanza non secondaria, sono parole, ma del silenzio. Ci sono voci che si avvicendano intorno al protagonista, che invece non interviene quasi mai: attorno a lui, nel periodo della narrazione, si svolge una vita parallela, silenziosa, carica di solitudine e attesa. L’unica vita che si può percorrere, l’unica che può scorrere dentro alle vene della narratrice, corpo e cuore onnisciente, in quel periodo atemporale, in cui la paura e l’incertezza hanno accompagnato ogni pensiero e ogni azione.
Lei aspetta/le gambe raccolte sul petto/parole di carne/un colpo deciso – diretto/parole di voce/la luce affilata – cattiva/del vero/il nome orribile, nero/ancora non detto.
In questa breve ma intensa raccolta, accanto alle citazioni bibliche e ai riferimenti poetici, il lettore si ritrova in un linguaggio quotidiano, che ben racconta la realtà di quegli anni che hanno avuto la fortuna di diventare presenti. Le rime accompagnano dolcemente, come il dondolio dell’acqua del mare, che può essere annuncio di tempesta in arrivo, come di una calma infine sopraggiunta.
La narrazione non è sempre lineare, ci riporta a volte indietro nel tempo, con flashback e ricordi, ma infine ci protende in avanti.
E’ rimasto bloccato così:/nei tre anni ridenti/nel cortile di casa/dentro al gesto istintivo/di nascondere/dietro la mano/un sorriso monello.
Questa raccolta narra di un dolore familiare, ma anche di un riscatto, è voce di gratitudine, nei confronti di chi ha svolto un lavoro tanto impegnativo, quanto importante. E’ ricordo di una vicenda personale, che però dà voce al dolore di molte famiglie. Non è mai semplice parlare di malattia, soprattutto quando coinvolge ricordi affilati. Non è semplice parlarne senza retorica, come Caterina Zammuto riesce a fare magistralmente in queste poesie. E non è scontato riuscire a raccontare il dolore con apparente (è il caso di dirlo) leggerezza. Infine è importante chiarire che, nonostante la sofferenza, in quest’opera non si parla mai di morte, ma solo di vita: quella vita in cui la voce narrante non ha mai smesso di sperare.
Un uomo in camice bianco
la madre di Cristo nel nome
Sedete, vi spiego il dolore
vi apro le carni
cercando parole
adeguate
un fiotto di sillabe scelte
pesate
un flusso continuo
ma lento
(bisogna che abbiano il tempo
bisogna che il colpo
che toglie i respiri
li lasci pur vivi
quel tanto che serve
quel tanto che basta
a me per spiegare
a me per trovare
la forza
di farlo di nuovo
di fare con loro
in questo momento
lo stesso di ieri
lo stesso che pure domani,
con altri).
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