LA STANZA COLOR GLICINE - Simona Garbarino - La Tenda Guardiana - Racconto breve
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Simona Garbarino |
La
scontrava ogni mattina quella tenda appesa tra il soggiorno e la camera da
letto. Una tenda di confine.
Né
bella, né brutta, la madre l’aveva appesa un giorno “perché era elegante separare la zona giorno dalla zona notte, perché
così aveva letto sulla rivista e perché così aveva fatto anche la vicina che
era donna di mondo”. Col tempo quella tenda beige, a fiori di campo azzurri
e bordo di pizzo, non si vedeva neanche più. Erano anni che stava lì,
accartocciata su se stessa, come una pianta avvizzita. Toglierla, lavarla, stirarla
non era nei progetti di Sara. Sua
madre lo avrebbe sicuramente fatto ma da quando se n’era andata, Sara non
vedeva più un sacco di cose, figuriamoci quella tenda così inutile. Si,
inutile. Perché mai mettere una tenda di confine in una casa così piccola? Una
tenda dogana....ma quando mai si era visto?.
“Salve! Chi va là? Sono di passaggio, devo
valicare il confine! Documenti! Ma devo solo andare in bagno! Non importa!
Documenti! Ma non ha altro da fare? Guardi che abito qui! Stia zitta e
favorisca i documenti: sono la Tenda Guardiana...non si azzardi o finisce male”.
E così Sara, forse per stizza o ripicca o chissà, ad un certo punto cominciò a
ignorarla. Pensò che quella, fosse l’unica strategia buona. Non si fa così anche
con le persone? Incontri un arrogante, pieno di sé nel suo ruolo, un prepotente
che non accetta ragioni e cominci ad ignorarlo. Eh beh...è un bello smacco per
il suo piccolo grande ego. E di solito alla lunga funziona. Alla lunga un po’
lo logori il maledetto, un po’ lo esaurisci. Perché? Perché lo disattendi!
Non
gli riconosci quel ruolo per cui vive, per il quale pensa di essere stato creato.
E così la tattica aveva funzionato. La
Tenda Guardiana aveva cominciato a perdere peso, ad assottigliarsi al punto
da perdere consistenza, colore, tanto che persino il pizzo appassì. Non aveva
una buona cera. In breve: si ammalò.
La
malattia non impietosì particolarmente Sara che finalmente valicava il confine
più volte al giorno senza impedimenti.
Che
sollievo non dover più giustificare il proprio passaggio. Quale meravigliosa
libertà! Finché un lunedì mattina la trovò a terra. Aveva ceduto di schianto.
Forse tradita dai vecchi passanti deputati a sorreggerla.
Per
un attimo considerò quel mucchietto a terra e fu lì che la vide per quello che
era: una cosa sola, fragile, spaventata, abbandonata. Povera anima smarrita
anche a se stessa. E fu lì che provò pietà per lei.
La
raccolse, la curò per giorni, perché così avrebbe fatto sua madre. Con
dedizione la lavò, rammendò le sue ferite, esponendola alla luce del sole, al
vento, al canto degli uccelli. E la Tenda a poco a poco rifiorì. E anche Sara.
E la
Tenda Guardiana capì. E anche Sara.
Il
dolore in quelle giornate decise di preparare le valigie e salutare entrambe.
“Chissà
cosa avrebbe detto la mamma”- si disse Sara.
“Chissà
cosa avrebbe detto la mamma”- mormorò tra sé e sé la Tenda Guardiana.
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