A BACIO DI RIMA - Lina Maria Ugolini - Martello /Campanello [e cervello ♫]
Un bacio di rima insistente, ostinato, non necessariamente educato. Picchia il martello sul chiodo, squilla il campanello di una porta a produrre un avviso, penetrante se la mano insiste nel bussare, se una sveglia dal tintinno argentino induce a destare colui o colei che dorme di buon mattino. Batte il martello solido e duro, batte le ore della monotonia, ricorda al poeta saltimbanco un solo colore: malinconia. Una sola nota: nostalgia.
Le mie ore
Dal tetto cadon giù
un dopo l'altra
l'ore,
le lascia giù cadere
l'orologio a martello!
in colpi secchi
uguali
tutte sul mio cervello. […]
(Aldo Palazzeschi, Tutte le poesie, I Meridiani, Mondadori)
Scampanella il campanello sottile in spillo, acuto in trillo o altro, a infilzare l’udito con punta di dito.
Il campanello
in genere lo squillo
del telefono il trillo il tarlo
del grillo (uno stecchino
infitto) nel cervello
(di gallina) il becco
accanito sul chicco (baco
o vermicello) trafitto da uno spino
(d’ago di pino) il picco
di uno spillo (avvelenato?) […]
(Ercole Bellucci, da Il campanello in Poesie 1995-1996, rivista Circe, Università di Trento)
Nella musica di Gioacchino Rossini campanello e martello albergano nel cervello di uomini e donne colpiti da un evento che conduce a una precisa reazione emotiva: il concertato di stupore. Numero conclusivo di un finale d’atto, effetto sonoro - a detta di Abramo Basevi - statico, inventato dal linguaggio dell’opera buffa per fissare l’effetto di una sorpresa seguente a un’agnizione.
L’azione si ferma, i personaggi della commedia presenti cantano contemporaneamente, danno vita a una giocosa polifonia di parole, note, intenti. Celebri esempi arrivano dal Barbiere di Siviglia: «Mi par d'essere con la testa. In un'orrida fucina»; nel sestetto della Cenerentola: «Questo è un nodo avviluppato».
A fine primo atto de L’italiana in Algeri ecco il martello picchiare nella testa di Lindoro (sorpreso di trovare in terra straniera l’amata Isabella) e nel corsaro Haly. «Nella testa un gran martello mi percuote e fa tac tà».
Batte tale martello, accende onomatopee percussive, rimanda a colpi di cannone che rimbombano all’interno del turbante del sultano Mustafà invaghito della bella livornese. «Come scoppio di cannone la mia testa fa bumbum». Solo nel cervello del servo Taddeo risuona il verso di una cornacchia spennata. «Sono come una cornacchia che spennata fa crà crà». Nella testa di Isabella e delle donne presenti un campanello fa dindin («Nella testa ho un campanello che suonando fa dindin») ad allertare l’innata astuzia femminile sull’imbroglio da sbrogliare. Troppo complicato da seguire a parole? Invitiamo chi legge a vedere e ascoltare l’esilarante e stupita situazione scenica, gli esiti delle rime amalgamate nel Crescendo d’una lieta e attonita confusione.
Scena tredicesima: https://www.youtube.com/watch?v=R-X8KDJQbes
Ps. Per chi volesse gioire ancora d’altro Crescendo rossiniano ecco l’Ouverture dell’Italiana in Algeri raccontata in poesia e colore dal grande Emanuele Luzzati e animata da Giulio Gianini: https://www.youtube.com/watch?v=PGHpt80WYnw
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