LA POESIA ELEMENTARE - Anna Martinenghi - La poesia (elementare) dell'immaginario
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Anna Martinenghi |
“Cosa intendono i francesi quando dicono di avere “un pelo nella mano”? E come si dirà in francese “far saltare la mosca al naso”?
Dalla testa ai piedi (passando per i capelli, le orecchie, gli occhi, il naso, la bocca, la gola, il collo, le spalle, le braccia, i gomiti, le mani, le dita, i pollici, il seno, la pancia, il grembo, l’ombelico, le parti che insomma, le gambe, le ginocchia, i piedi, i talloni) il nostro corpo (con tutto quello che sta dentro! La lingua, innanzitutto: e poi costole, cuore, vene, polmoni, stomaco, fegato, reni, budella, viscere...) è un vocabolario. Ogni parte del corpo è una parola, ogni parola è parte di modi di dire, ogni modo di dire è un fiore di forma e colori stranissimi. Non si riesce a immaginare come si impilano i soldi quando si “paga sull’unghia”, come sono fatte “le orecchie da mercante”. E il palmo della mano sappiamo cos’è, ma il “palmo di naso”? Sono cose a cui non si pensa mai. A meno che un amico francese non ci racconti le espressioni più curiose della sua lingua e non ci chieda notizie delle nostre. Se poi si tratta di un amico chiamato Daniel Pennac non possiamo che farci coinvolgere dal suo gioco, scanzonato e divertente. Conosciamoci meglio! Togliamoci tutto quello jambon dalle orecchie!” Dall’Introduzione di Stefano Bartezzaghi a Le parole fanno il solletico “Le parole fanno il solletico” Daniel Pennac – Stefano Bartezzaghi con Yasmina Mélaouah Salani Editore 2025 Avevo scritto in precedenza una breve riflessione sui modi di dire e sul linguaggio figurato come ingrediente fondamentale alla base della scrittura poetica. (cfr. finestrelama.blogspot.com ) Immaginate la mia gioia quando ho scoperto che due pezzi da novanta: Daniel Pennac 1 (tradotto da Yasmina Mélaouah 2) e Stefano Bartezzaghi 3 se ne sono occupati insieme con una raccolta di piccole storie ispirate a espressioni idiomatiche relative alla fisicità, sia in francese che in italiano. Le parole fanno il solletico è un libro “delicato e dedicato” alla letteratura per l’infanzia, con uno stile che mi piace definire “alla Rodari”, destinato a parlare a un pubblico più ampio, con una riflessione sul linguaggio e sulla capacità che hanno le parole di creare il nostro immaginario. Scrive Pennac: “[…] il linguaggio proprio è quando le parole non dicono che quel che dicono. Il linguaggio figurato è quando per parlare si usano delle immagini. […] ‘Ieri sera a casa avevamo ospiti’ ha raccontato il piccolo Zingo. Mia madre mi ha presentato usando il linguaggio figurato: ‘Ecco qua il mio piccolo Zingo (linguaggio figurato, maestra: ero davvero io, ma per la mia età non sono tanto piccolo). E poi ha aggiunto: Oh, lui mangia come un uccellino (linguaggio figurato, ma è pure un po’ fesso, come linguaggio, perché gli uccelli mangiano ogni giorno una o due volte il loro peso, mentre io mangio proprio pochissimo!)’. I due autori passano al setaccio frasi fatte legate al corpo umano, che pronunciamo senza pensare, in un divertente scandaglio della lingua. in questo caso delle lingue, provocando quel solletico, quella curiosità che riporta a una visione più attenta del linguaggio che viviamo e abitiamo. Espressioni come: mangiare come un uccellino, farsi sangue amaro, spaccare il capello in quattro, avere gli occhi foderati di prosciutto, selezionate e isolate dal contesto assumono un’inevitabile aurea comica e divergente, interrogano e disorientano. Ci vediamo costretti a osservare in un microscopio ciò che pensavamo di conoscere alla perfezione, come se la realtà ci sfuggisse di mano, assumendo significati altri, nello stesso modo in cui la poesia ci obbliga a sentire le parole in maniera diversa, scardinandole dall’uso comune e restituendole con una profondità che va oltre il razionale, densa di emozioni, di energia vibrante, di quel solletico che fanno... Così impariamo per immagini, le fotografiamo con gli occhi, allargandole e stringendole nella memoria manco fosse un tablet, mischiandole all’intensità delle emozioni e dei sentimenti; appendiamo quadri e facciamo illustrazioni di parole, che riemergono come un dono quando qualcuno – bambini, vecchi innamorati, pazzi, ubriachi, poeti – le usa nel modo giusto, ce ne mostra la forza e la potenza, disorientandoci, indicandoci la luna e non il dito, levandoci dai binari del linguaggio proprio, facendo diventare le parole capaci di dire molto più di quel che dicono. Grazie a Daniel Pennac, a Stefano Bartezzaghi, grazie a bambini, vecchi, innamorati, pazzi ubriachi, a tutti i poeti capaci ancora di farci il solletico con le parole… Volevo scrivere una poesia invece ho fatto una torta, ci è voluto più o meno lo stesso tempo chiaro la torta era una stesura definitiva una poesia avrebbe avuto un po’ di strada da fare giorni e settimane e parecchi fogli stropicciati la torta aveva già una sua piccola platea ciarlante che ruzzolava tra camioncini e un’autopompa sul pavimento della cucina questa torta piacerà a tutti avrà dentro mele e mirtilli rossi albicocche secche tanti amici diranno ma perché diavolo ne hai fatta una sola questo non succede con le poesie a causa di una inesprimibile tristezza ho deciso di dedicare la mattinata a un pubblico ricettivo non voglio aspettare una settimana un anno una generazione che si presenti il consumatore giusto Grace Paley “Volevo scrivere una poesia, invece ho fatto una torta” |
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