LA LINGUA MISTERIOSA DELLA POESIA - Anna Spissu - Indagine sul corpo. Le ginocchia: la supplica e la culla trampolino
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Anna Spissu |
“Ed era incerto Odisseo, se supplicare la bella fanciulla abbracciando le sue ginocchia o, restando lontano, rivolgerle parole suadenti che la città gli indicasse, che gli donasse degli abiti. E mentre pensava così gli parve cosa migliore da lontano pregarla con dolci parole, perché non si adirasse con lui la fanciulla, se le toccava i ginocchi.”
“Figlia del divino Rexenore, Arete, alle ginocchia tue e del tuo sposo io vengo, dopo aver molto sofferto, davanti a questi invitati…” “Disse così, e a lei si sciolsero le ginocchia e il cuore, riconoscendo i segni sicuri che le aveva dato Odisseo. Gli corse incontro piangendo, gli gettava le braccia al collo e baciandogli il capo diceva: Non adirarti con me Odisseo, tu che eri il più saggio fra gli uomini.” In una poesia Borges paragonò l’Odissea al mare. Scrisse che aveva la caratteristica di cambiare continuamente: per quanto lo si guardi, il mare, non resta mai uguale, non può farlo. Ugualmente l’Odissea godeva di questa peculiare fascinosità. Se riapri cambia sempre qualcosa è un verso della sua poesia. E ora, in questa indagine poetica sul corpo, come non notare, nelle poesie che seguono, quanto di queste emozioni sono già dentro i versi dell’Odissea? Come non notare che millenni dopo qualcosa di questi “versi-mare” sono ancora dentro le poesie contemporanee? Va detto che in Grecia le ginocchia hanno un ruolo speciale, sono elemento essenziale del rito della supplica, bisogna abbassarsi per abbracciarle; ma hanno anche una funzione particolare nei combattimenti, si veda nell’Iliade “mosse veloce i ginocchi per fuggire” “cadde in ginocchio e si appoggiò al suolo con la mano robusta”. Che le ginocchia rappresentassero un punto focale nei combattimenti, e fossero quindi così importanti da essere la parte del corpo destinato alla riverenza è testimoniato dal fatto che la parte di armature destinate alla protezione degli arti inferiori avessero, proprio in corrispondenza delle ginocchia, il volto terribile delle Gorgone, mostri femminili con lo sguardo terrificante. Ma torniamo ai giorni nostri, alle poesie odierne e agli intrecci con i versi dell’Odissea. Se è vero che nel mondo antico le ginocchia avevano un connotato di sacralità questo è ripreso e amplificato nel Magnificat di Alda Merini. Nella coscienza dello stato di grazia derivante dall’accettazione dell’Annunciazione, Maria riguarda il proprio corpo e fra tutte le sue parti sceglie le ginocchia come simbolo dello speciale legame tra lei e Dio. Essere molto piccoli e trovare in questo la possibilità di vita è il senso di ogni supplica: Le mie ginocchia avide di molto cammino sono state generate dalla tua grazia. Ho dovuto riposare ai piedi della montagna senza mai sormontarla ma Ti ringrazio per avermi destinata a servire. Non ad essere una regina potente ma un’umile serva. Tu mi hai concesso la contemplazione. Ho contemplato la Tua sapienza ho contemplato la Tua creazione Stare sulle ginocchia è certamente la posizione delle suppliche ma è anche il modo “metaforico” per affermare una misura del vivere improntato non solo all’umiltà ma anche alla fratellanza, volto alla comprensione degli ultimi e di quelli che nella vita non cercano il successo ma solo l’umanità. È un modo per sentirsi parte dell’universo nel quale anche i morti abbiano cittadinanza. Così Franco Arminio: Io parlo di vecchi, di morti di paesi abbandonati, tremo di paura da quando sono nato e il tremore non si può addomesticare. Andrò via senza padroni, senza soci di furbizia. Sono qui con tutti i fili scoperti. Scrivo e vivo in bella vista, appartengo a piccole vicende, al vento e alla neve del mio paese. Da qui fino alla morte starò in ginocchio a cantare il mistero di essere un pugno di paura e di carne. Sono e sarò sempre fratello degli inquieti, degli incerti. Non mi salverà nessuno, ma è bello essere liberi e appassionati, aperti al soffio di ogni cosa: in fondo quella che diciamo anima non è nient’altro che una rosa. Le ginocchia così “terrene”, sono la porta di un sentimento e di un piacere capace di combattere la morte. Ancora Alda Merini in questa poesia sull’attesa cieca e incondizionata dell’amato. Versi crudeli e certamente non attinenti all’idea che in questi tempi orribili per il femminile si deve avere dell’amore, ma anche molto veritieri riguardo alla realtà dell’accadere quotidiano. Si arriva dunque anche “al largo delle ginocchia” come a una salvezza: Se la morte fosse un vivere quieto, un bel lasciarsi andare, un’acqua delicata e purissima o deliberazione di un ventre io mi sarei già uccisa. Ma poiché la morte è muraglia, dolore, ostinazione violenta, io magicamente resisto. Che tu mi copra d’insulti, di pedate, di baci, di abbandoni, che tu mi lasci e poi ritorni senza un perché o senza variare di senso nel largo delle mie ginocchia, a me non importa perché tu mi fai vivere, perché mi ripari da quel gorgo di inaudita dolcezza, da quel miele tumefatto e impreciso che è la morte di ogni poeta. Le ginocchia, luogo della supplica, della sacralità, della meditazione, sono anche però una culla, un trampolino verso una felicità riparatrice. Nulla di nuovo, è sufficiente pensare alle volte in cui da bambini abbiamo pianto e qualcuno ci ha fatto sedere sulle sue ginocchia per consolarci e asciugare le nostre lacrime. D’improvviso siamo stati felici, riparati dalla nostra tristezza. Di questo miracolo dell’infanzia, irripetibile nell’età adulta parla Pier Paolo Pasolini nella poesia che segue dedicata alla madre, allo strettissimo rapporto di un amore con lei: Torno alle giornate più remote del nostro amore, una marea di muta gratitudine, e disperati baci. Tutta la mia infanzia è sulle tue ginocchia spaventata di perderti e perdutamente felice di averti. E da ultimo, poiché ogni parte del corpo porta con sé il suo carico di erotismo e sensualità, ecco Anne Sexton con la Poesia sul ginocchio Un bacio nell’incavo del ginocchio è un fruscio di falena alla zanzariera e sì amore mio un puntino luminoso sull’ecometro è Campanellino con la tossetta e due volte perderò l’onore e le stelle saranno confitte come puntine nella notte sì oh sì sì sì due chioccioline all’incavo del ginocchio che accendono falò simili a ciglia che sfregano sì sì sì come pietrina d’accendino bic: e così esisto! Riferimenti: Omero- Odissea, Canto VII Jorge Louis Borges, Nubi in Tutte le opere (Mondadori) Alda Merini, Il suono dell’ombra (Mondadori) Franco Arminio, Cedi la strada agli alberi (Chiarelettere) Alda Merini, Respiro della notte (Bur, 2022) Pier Paolo Pasolini, Tutte le poesie (Mondadori) Anne Sexton, Poesie d’amore (Le Lettere) |
Pezzo di grandissima cura e alto livello. Complimenti!
RispondiEliminaGrazie mille!
EliminaUn elegante e accurato itinerario. Molto bello.
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