CASA POESIA - Emanuela Mannino - Il sé poetico. Dialoghi poetici tra l’io e il me

 

Emanuela Mannino

(Me) - Ciao, sono me. Come stai, mio io?

(Io) - Sto.

(Me) - Non comprendo, puoi spiegarti meglio? Come ti va la poesia?

(Io) - Alti e bassi. Io non sono me, molto spesso.

(Me) - Cosa intendi? Credevo che io-tu e me fossimo la stessa cosa, che andassimo d’accordo…Che fossimo un solo ….

(Io) - Caro me, io penso spesso a delle cose sulla poesia e vorrei sapere cosa ne pensi, tu.

(Me) - Dimmi pure, mio io…dicono tu sia la parte consapevole di me.

(Io) - Io, quando scrivo dei versi e li rileggo mi chiedo se siano veri, abbastanza verosimili a ciò che vedo, a ciò che sento, a ciò che vorrei…

(Me) - Credo di sì, altrimenti perché scrivere poesia?

(Io) - Non sempre dico pienamente ciò che sento, è come se sfuggissi a me stesso.

(Me) - E’ vero, mi sento spesso inquieto, so da dove vengo, o almeno credo...non trovo, tuttavia, subito la direzione verso cui tendere. Ma mi accontento, tu no?

(Io) - A volte, sì. Il problema è che ci sono tantissimi io poetici per il mondo, io lirici, io editoriali, io pubblicitari, persino io senza...poesia. E, io?

(Me) - Un attimo...Facciamo ordine. Cerco di essere razionale, tu aiutami.

(Io) - Va bene. Però, prima rispondi a una domanda.

(Me) – D’accordo. Ma non mi hai ancora detto “Perché scrivere poesia?”.

(Io) – Te lo dirò dopo, o forse no. Non serve, adesso. La mia domanda è: quanti occhi hai per vedere te e il mondo? Vedere è sentire.  Io cerco di avere uno sguardo unico, cerco di far entrare tutte le cose ma, spesso, mi sento distante da te. Allora cerco di volare alto sopra le cose, di prendere a prestito il fuoco degli altri io per sopportare il peso del vuoto, di urlare più forte al mondo: “Ci sono anch’io! Mi vedete? Non vi dimenticate di me!”. Tu cosa vedi?

(Me)- Vedo la mia parte fisica che si trasforma nel tempo, le mie deformazioni, i miei fiori appassire e fiorire su altre parti del corpo vicine o distanti, addomestico il respiro, accarezzo le mie visioni, consolo la mia fame e la mia sete, ricondiziono le mie stagioni, tingo i capelli perché il grigio mi spaventa, non voglio essere brutto, voglio apparire giovane. Mi vedo  piangere, ridere,  ho paura, provo rabbia, cado nello sconforto, sprofondo nella delusione, rimango incastrato nelle sabbie immobili dei ricordi. Vedo la gioia appesa al cielo, mille arcobaleni e nuvole farfalle. Spero il bianco sopra il nero, i sorrisi senza sangue, gli abbracci dopo le battaglie. Cammino, talvolta non vedo. Credo a ciò che posso.

(Io) - Vedi? Io e tu-me non siamo uguali. Tu sei vero, io fingo il vero. 

(Me) - Sei. Punto. Che ti importa di mostrarti sempre intero. Perché rubare al mondo, un pezzo di limpido cielo? Parla al tuo cielo, col mio cielo e poi sfumiamoci nel mondo, perdiamoci nelle somiglianze, incontriamo i difetti dell’azzurro e sorreggiamo i vuoti. Esistiamo dentro al mondo, siamo frammenti di mondi simili, possiamo essere riparazioni di speranze collettive.

(Io) -  Ci posso provare. 

(Me) -  Smetti di cercare la tua poesia nel consenso altrui. Scrivi e basta. Sarà quel che sarà…

(Io) -  Lo faccio tante volte ma il troppo silenzio quasi mi uccide.

(Me) - Non ti uccide, invitalo il tuo silenzio. Invitalo a parlarti, ascoltalo. Invita il tuo silenzio ad ascoltare tutto il tuo rumore.  Date un nome agli orfani di senso. Cantate solo per voi. Sui versi, vostri. E nei cuori altrui. Ascoltate i versi del mondo, osservate gli spostamenti delle ombre, fluite nelle intercapedini di luce. Nessun compito di viaggio, nessun premio di coraggio. Esserci, come si può.

(Io) - E i Concorsi letterari? E le recensioni critiche? E gli eventi culturali, i reading, le presentazioni...E la promozione sui social e tramite i mass-media? E se...No, va beh, nulla…

(Me) - Cosa, se…? Dai, “sputa l’io!”

(Io) -  “ Se non faccio in tempo a esistere prima della morte, a dire tutto ciò che ho dentro, a diventare, diventare, migliore…”

(Me) - Gettalo quel manuale di felicità! Getta gli specchi con gli allori! Non sono fondamentali. Getta la lista della spesa per il cibo dell’anima. Cancella i programmi di viaggio. Tu, servi alla felicità, così come sei. Alla felicità importano le vite che godano di aver cercato di trovare un senso senza infliggersi frustate di errori. Importano due righe di versi autentici mai pubblicati. E quei quattro in più offerti con umiltà al mondo. Perciò, affacciati pure fuori da me, rientra in te. Se capita, un vero sé. Se non accade, accadi comunque, intanto, te.



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