RONDINI - Melania Valenti - Mirandolina: la rivoluzione di una donna nella penna di un uomo
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Melania Valenti |
La Locandiera è una commedia in tre atti scritta da Carlo Goldoni nella prima metà del mese di dicembre del 1752. La storia si incentra sulle vicende di Mirandolina, una donna astuta e attraente, che possiede una locanda ereditata dal padre, amministrata con l'aiuto del cameriere Fabrizio.
Si tratta di una commedia in tre atti ambientata a Firenze, in cui vengono presentati i corteggiamenti alla donna da parte degli avventori della locanda e il suo comportamento nei confronti di questi. In particolare, si contendono i suoi favori due rappresentanti tipici delle due facce di quella nobiltà già allora in decadenza: il Marchese di Forlipopoli e il Conte di Albafiorita, ribadendo le differenze tra la nobiltà di spada e la nobiltà di toga, cioè quella dei discendenti dei nobili medievali e quella di coloro che si sono procurati i titoli a suon di denaro e favori. Quando entra in scena un altro pretendente, la storia si ingarbuglia: l’arrivo del Cavaliere di Ripafratta, infatti, introduce un nuovo elemento e mette a nudo il carattere innovativo e scaltro di Mirandolina.
Il nobile misogino e superbo detta ordini alla donna, lamentandosi del suo servizio scadente, cercando al contempo di ridicolizzare i suoi avversari per essersi abbassati a cercare i favori di quella. Ecco allora che Mirandolina, ferita nel suo orgoglio, si ripromette per ripicca di far innamorare il Cavaliere. Durante il secondo atto, Goldoni ci presenta tutte le arti di seduzione della donna, volte a far cadere il Cavaliere nelle sue trame, fatto che si realizza del tutto nel terzo e ultimo atto dell’opera: quando il cameriere Fabrizio, da sempre al servizio di Mirandolina, mostra in modo evidente la sua gelosia nei confronti del Cavaliere, ormai dichiaratamente innamoratosi della donna, al momento in cui quest’ultimo inizia a dare in escandescenze, la protagonista riconosce di essersi spinta troppo in là e, anche se non amandolo davvero, decide di sposare Fabrizio per sedare ogni animo, seguendo per altro i consigli del padre in punto di morte.
La protagonista sceglie, quindi, la libertà, perché sa che il matrimonio non le sarà in alcun modo di ostacolo nel mantenere la sua autonomia. È il finale che Goldoni aveva orchestrato per schiacciare l’occhio alla innovazione (donna che lavora e che decide chi sposare) pur rimanendo ancora fedele alla tradizione (soddisfare il desiderio paterno, risolvere un dissidio maritandosi).
Veniamo adesso alla figura che sin dal titolo ho definito rivoluzionaria. Veniamo adesso a riconoscere ad un uomo, ad un letterato del 1700, il pregio di avere presentato un carattere di donna così fuori dagli stereotipi allora in auge e di averne fatto l’archetipo di una nuova protagonista delle scene, che in finale d’opera mette addirittura in guardia il pubblico maschile presente in sala contro le ammalianti moine femminili:
«...e lor signori ancora profittino di quanto hanno veduto, in vantaggio e sicurezza del loro cuore; e quando mai si trovassero in occasioni di dubitare, di dover cedere, pensino alle malizie imparate, si ricordino della Locandiera.»[1]
Mirandolina viene infatti spogliata da ogni veste ipocritamente accomodante nei confronti degli usi comuni e investita di un carattere forte e volitivo, espressione della autodeterminazione da parte di una donna consapevole del proprio fascino e delle proprie possibilità ed arti di spedizione. Quell’ars amandi riservata alla figura maschile, quell’essere consapevole delle proprie avvenenze e non farne mistero, diventano adesso malleabile creta nelle mani di una donna.
È innovatore, Goldoni, ed è un uomo. Non dimentichiamolo. Mirandolina, archetipo di libertà di scelta, figura al pari di una moderna imprenditrice, macchinatrice di orditi volti alla propria opportunità, incarna il ruolo della antica serva rivestendola e riscattandola con l’arma dell’intelligenza. E di più, con il senso pratico di una donna di imprese, pur risolvendo ancora con il matrimonio (ricordiamo, siamo nel 1752) le beghe in cui si era volontariamente o inconsapevolmente cacciata, chiede lei stessa a Fabrizio, da sempre innamorato di lei, ma senza nutrire speranze in cuor suo, di maritarla. E lo chiede a colui che sì, era l’uomo desiderato per lei dal padre, ma era anche un borghese, mille miglia lontano da quella nobiltà in decadenza tanto bene portata sul palcoscenico e condannata dall’autore; era un borghese che sarebbe stato utile alla conduzione della locanda, dimostrando la donna, con questa risoluzione, di non farsi incantare da nulla, e, con il beneplacito dell’autore, divertendosi a conquistare il cuore di nobili sprezzanti, per poi puntualmente rifiutarli.
È una donna libera, quindi, la nostra Mirandolina: libera di scegliere chi amare o non amare, libera di mantenersi con il proprio lavoro, libera di non celare le sue arti amatorie.
Pensiamoci, noi uomini e donne del 2025: Mirandolina e Goldoni, 1752.
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