QUADROPHENIA - Khan Klinsky - La Passione

 

Khan Klinsky


Seppur ci svenga in mente per millimetrica ammissione, in un atomo deficitario, la visione o perversione d’un Cristo sghembo e strisciante sotto il peso d’un infallibile senso di tutte le colpe del Condom (una via per i chiodi nella via senza Croci) ricomponiamo immediato, al riporto di più fedele canide servile più pacata od opaca patetica ammissione del pornografico cammino incosciente di chi coltivi, nel corpo trapassato dal prossimo, colei che tanto muove e forse troppo poco stringe, cara la nostra povera, abulica, compassata Passione


"Totò che visse due volte" 1998 di Ciprì e Maresco


Questa concubina sofferente (soffra o s’offra per dir “la breve”), potrebbe nello scempio significare sacrificio significante, dallo spazio al temporale di tante energie alternative protratte allo spasimo per prosecuzione di speranze, sforzi, sogni dediti alla trasmutazione di incubi, sfinimenti, disperazioni tese a socchiudere quel cerchio rotto che, come puzzle di frammenti andanti, si ricomponga nel soprannome di fallimento, o perdita di vigore verticale, disillusione, Morte apparente, apparentemente semplice. 


"La passione di Cristo" 2004 di Mel Gibson


Ma che pretendere se non provare e procedere in Via del Masochismo verso questo o altro sentiero a sentimento, a capofitto, a sproposito tentando di ricucire gli strappi, tra una terra bagnata di lacrime ed un cielo arido di carezze, seppur svezzato al riprodursi, testè, in tempeste quasi sempre perfette a spazzare via un tentativo, un gesto, uno slancio, un’elevata propensione al purgatorio. 

A questo spunto illogico si potrebbe dichiarar bandiera bianca, ma siccome siamo - mi sento di dire - romantici da ultima spanna, propenderei verso un ulteriore o ultimo avverso tentativo clandestino, alla faccia del destino indistinto meschino, alla sorte maldestra di chi si è smarrito, al muro gommoso di indecenti verità conclamate e sì, un tentativo ultimo low farei, un disperato tentativo di fuga a perdimento, a perdi fato. Ciò non significhi per tara rantolare nel bistrattato buio o nel tepore d’un nulla (forse più meschina mente nel baratro, nonnulla) o meglio, àncora, nella ramificazione mentale in pianta stabile dell’abisso, al crogiolato remarsi a favore giocando fatidiche fortunose carte per lasciarsi alle spalle gli insuccessi, i dettati dagli aridi, di chi fa finta di ascoltarcisi nel sentore d’un barlume di calore, deriva mistica del motore Cuore, coroner

Giocare eco, giocare come sia gioco quel gesto meraviglioso e perduto nel frattempo, gioco tra crescite esponenziali dettata da derrate e mescita di coordinate progressiste, gioco confusione o gioco  fusione contemporanea, gioco contusione seguita da una complicata, se non complice, fase tripolare passante tra l’inviluppo adolescenziale e il definitivo, irrimediabile, adultero adulterato stato del non essere quanto apparire, quindi inumano divenire “adulto”, l’ombra del sé, non un caso del caos, eccellenza del cedere. 

Per chi, senza false e farse speranze, per noi un gioco, non un giogo per favore. 


"Amici miei - Atto II" 1982  di Mario Monicelli


Un gioco, per favore per loto, come dispersione dagli dèi e daje, dai pensieri negativi e sciagure, resti o in maniera soggettiva modi, nodi,  l’unica via per tornare a quella fase di non possesso palla senza giudizio né giustificazione che pretenda solamente d’essere vista e piaciuta, come arricchimento personale volto alla ricerca d’uno spazio relativamente piccolo dentro ogni chiunque, da pretendersi per rigenerazione spirituale ed esalazione di quella benedetta benzina, suddetta famosa e formosa Passione, sentita senza minimo dubbio che esista una sola regione per non trattarsi, nel proprio piccolo mondo, parzialmente o abbastanza o totalmente bene, cosa assai deficitaria, diffidente diaspora.

Chi cade e spesso affermi di aver toccato il fondo. Ma scusate se, chicchessia fosse caduto abbastanza nell’abisso e più e più volte, si sarebbe potuto render conto che sto fottuto fondo non ha fondi da toccare né coordinate sensibili. Non fosse che il viaggio da basso, all’interiore fosse breve e allora quella beneamata spinta, con passione verso l’alto, sia più semplicemente facile da esprimersi per il senso meno perverso di un passato prossimo indecente, indelicato ma non pesantissimo. Passateci un tempo meno gravoso dell’inferno infermo, un biglietto solo andata in soma. 

E se questo abisso ci avesse navigato troppo dentro, dove ritroveremmo il coraggio per riprendere uno slancio dall’amato profondo per riaddentarci verso Luce, Luminol? Forse questa benedetta passione, siccome suole bucate, scalpiti nel ventre del mentre?

Sarà, almeno per esperienza impersonale, che questo oblio nella disfunzione, nella disintegrazione, nella dissimulazione, nella dismissione della certezza e di tutta quella merda intesa come feroce raccolta di figurine, sicurezze e punti infierirci, possa scivolare sotto uno strato di infinite domande sul sesso della stessa esistenza, del pesantissimo pretesto alla Vita, oltre l’essere supremo consumatore o essere superiore “io” estremo conclamato, appiglio d’un non ritorno, nemmeno storto, stormo distorto.

Allora è forse.

Se della vista nel vero senso, ci tocchi viverla per quanto dolorosa e pungente, molto spaventosa e spaventevole che non resti da arrestare, fermare il nostro mondo o modo e si possa tentare di riaccendere senza preavviso, senza sforzo, quella pulsione mutante, salvifica, fiume della libertà di respiro e seme e futuro frutto di qualsiasi cosa nel pieno Amore dell’atto del Gioco, divenuta a sorpresa pianta, se non alberello deodorante, da far scoprire al prossimo nostro mostruoso.

L’altrui mutabile punto di somatizzazione sarà riflessione in ulteriori spunti e deviazioni, trasformazioni. 

Tutto questo  è sempre, crepo, vada indipendentemente ma con mestiere o fortuna, dal Principe principiante ad alimentare le innumerevoli forme dell’Arte, (per quanto sdoganata tale parolaccia) in tutte le fratture, elaborazioni, flessioni, flatulenze, sperimentazioni e ricami essa condotta verso un personale nocciolo del problema ovvero la mancanza d’un senso, quasi incolmabile, dell’essere piena essenza di sé nel fosso, un bossolo.

Con questo orrifico trasporto di congetture e fibrillanti nonché labirintiche ablazioni mi saluto, vi temo o più palesemente spero che in chiunque sia passato tra queste parole, s’apra, s’illumini, s’avverta un gorgo, moto innocente e sincero sinonimo d’Amore, verso e attraverso il coito, oltre la memoria della mente. Benvenuta energica Passione, senza lo sforzo sfarzoso di precisa crocifissione, nuova prospettiva, nuova Luce, un inedito e spassionato nuovo inizio da prima vera voglia della sveglia.

Potrebbe, vorrebbe, dovrebbe accadere e se accadimento sia che faccia mare e poi bere, un succedersi nei regali indecifrabili dal tempio. 


“prova a prendermi, provo a…scappare!


"Requiem for a Dream" 2000 di Darren Aronofsky




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