LA POESIA ELEMENTARE - Anna Martinenghi - La poesia (elementare) dei classici

 

Anna Martinenghi

“Per scrivere un verso bisogna vedere molte città, uomini e cose, bisogna conoscere gli animali, bisogna capire il volo degli uccelli e comprendere il gesto con cui i piccoli fiori si aprono al mattino. Bisogna saper ripensare a itinerari in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e congedi previsti da tempo, a giorni dell’infanzia ancora indecifrati, ai genitori che eravamo costretti a ferire quando portavano una gioia e non la comprendevamo (era una gioia per qualcun altro), a malattie infantili che cominciavano in modo così strano con tante e grevi trasformazioni, a giorni in stanze silenziose e raccolte e a mattine sul mare, al mare soprattutto, a mari, a notti di viaggio che passavano con alto fruscio e volavano assieme alle stelle – e ancora non è sufficiente poter pensare a tutto questo. Bisogna avere ricordi di molte notti d’amore, nessuna uguale all’altra, di grida di partorienti e di lievi, bianche puerpere addormentate che si rimarginano. Ma bisogna essere stati accanto ad agonizzanti, bisogna essere rimasti vicino ai morti nella stanza con la finestra aperta e i rumori intermittenti. E non basta ancora avere dei ricordi. Bisogna saperli dimenticare, quando sono troppi, e avere la grande pazienza di attendere che ritornino. Perché i ricordi in sé ancora non sono. Solo quando diventano sangue in noi, sguardo e gesto, anonimi e non più distinguibili da noi stessi, soltanto allora può accadere che in un momento eccezionale si levi dal loro centro e sgorghi la prima parole di un verso.”    

Rainer Maria Rilke


 






Amo leggere i libri con la matita; farli miei sottolineandoli, prendendo appunti a margine, orecchiando le pagine che mi hanno colpito e illuminato di più. Nel mese dedicato alla poesia ho letto un libro che ho coperto di segni, punti esclamativi, note fitte e pagine tutt’orecchie.

Si tratta di “Rimembri ancora” di Paolo Di Paolo, Il Mulino – 2024, col prezioso sottotitolo: “Perché amare da grandi le poesie studiate a scuola”.  

Mi limiterò a condividere alcune di quelle sottolineature, senza togliervi il piacere della scoperta di questo saggio, tutt’altro che noioso, che si addentra nel mondo della poesia, - dei grandi classici che hanno segnato la nostra letteratura -, restituendocene l’essenza: la capacità di andare oltre il tempo e di continuare a parlare al cuore dell’uomo. 


 1. Riavvicinarsi da adulti alle poesie studiate a scuola:  

“Si può provare a leggere come se fosse la prima volta qualcosa che si è annidato negli anfratti della memoria da troppo tempo? Si può tentare di ritrovare da adulti la poesia, anzi più precisamente le poesie che abbiamo incontrato a scuola? [...] Si dà il caso che guadagnata l’esperienza di cui da bambini e adolescenti non si dispone, una poesia che sembrava suonare a vuoto si carichi di senso, si completi in noi, diventi finalmente e interamente leggibile. I giorni anche amari che abbiamo alle spalle la completano, rendono visibile il disegno, come quei giochi enigmistici che richiedono di unire i puntini.

 

2.   Lasciarsi illuminare dalla visione dei poeti:

“Chi scrive poesia, da Lucrezio a Leopardi a Emily Dickinson, squarcia il velo. Altro che vita irreale! Realtà aumentata semmai: da uno spirito ipersensibile che si incarica – un privilegio e insieme una condanna – di sentire, sentire più a  fondo, per tutti.

 

3. Ribadire l’importanza della lettura e della ri-lettura:

“Leggere, qualche volta, è come uscire la sera e rientrare a notte fonda avendo addosso, come una scia di fumo, una serie di emozioni nuove, inattese. Molti pregiudizi ricevono colpi quasi mortali. Lo spazio davanti ai nostri occhi si allarga incredibilmente, caricandosi di possibilità. Questo è leggere. Fare entrare nella nostra vita molti più esseri umani di quelli che davvero riusciamo a incontrare per strada. Intrattenersi con bambini, adolescenti, adulti vecchi, con il mistero di ciascuno; lasciarsi toccare da queste esperienze, lasciarle depositare in noi. Avere, quasi sempre, le vertigini.

 

4. Riscoprire il senso profondo della poesia:

“Senza una forma, la poesia non esiste. La struttura, la lunghezza del verso, il ritmo sono elementi che determinano la riconoscibilità di un testo che definiamo appunto poetico, distinguendolo così da tutte le altre tipologie di espressione scritta. Questo abbiamo di sicuro sentito dire da chi, in una mattina più o meno lontana nel tempo, ha provato a spiegarci che cos’è la poesia.  A dire il vero lo sapevamo già. Magari senza sapere di saperlo, come accade molto spesso. Il bello o il brutto, è che fatichiamo a liberarci da un inspiegabile pregiudizio, ad accorciare una distanza che ci fa supporre che la poesia difficilmente possa riguardarci davvero.

 

Ecco allora sfilare i grandi protagonisti delle antologie scolastiche, compagni di pomeriggi lontani; Foscolo, Leopardi, Manzoni, D’Annunzio, Carducci, Pascoli, Gozzano, Pessoa, accanto a un esercito di poeti meno frequentati, lasciati ai margini anche dalle antologie e per questo definiti minori. Cos’è rimasto di quei pomeriggi; dell’ermo colle, all’ombra de’ cipressi e dentro l’urne, della pargoletta mano, dei nostri vestimenti leggieri? Quanta poesia conserviamo inconsapevolmente, raccolta nel tempo della spensieratezza in maniera distratta e disinteressata? Molta, a ben guardare le mie sottolineature; perché è ora che ne abbiamo più bisogno, ora che l’età adulta ci ha scolpito in consapevolezza e disincanto, ci ha gravato di errori e dolori, ma anche di gioia ed esperienza e di tutta una gamma di emozioni e sentimenti che allora non avevamo. Così autori che anni fa ci sembravano oscuri, si fanno più vicini, ci invitano a costruire un percorso nuovo di ricerca, confronto, approfondimento. 

Così anche gli autori minori sono un invito ad allargare lo sguardo, a costruire una visione nuova di noi stessi, del mondo e di ciò che viviamo. Perché sì, finché avremo emozioni e sentimenti, la poesia è una cosa che ci riguarderà sempre da vicino.

 

“...forse la poesia è un modo che abbiamo trovato per ricordarci di essere vivi. Sembra scontato, ma non lo è. Riformulando di continuo una domanda implicita - che cosa significa essere vivi? – ogni poeta, in ogni epoca, a ogni latitudine, ha risposto e continua a rispondere. Senza teorizzare, ma cercando le parole giuste”.



Riferimenti:


1. Rainer Maria Rilke

Rainer_Maria_Rilke_ WiKi


2. Paolo Di Paolo

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