LA STANZA DEI DESIDERI - Ivana Rinaldi - Cvetaeva - L’oceano leggeva con me

 

Ivana Rinaldi

Scrive Nicolò Petruzzella nella prefazione della raccolta di lettere di Marina Cvetaeva a Rilke: “ Nella vita appartata e perennemente in fuga di Marina Ivanovna Cvetaeva (1892-1941) la corrispondenza epistolare ha rivestito un ruolo che andava ben al di là della necessità di comunicare con conoscenti e affetti più o meno lontani: nel caso della poetessa il corpus delle lettere può essere considerato parte integrante dell’opera, fitto com’è del valore della poesia, e sul ruolo del poeta nel mondo”. (p.5).

Marina scriveva a Boris Pasternak nel 1922: “Il rapporto che preferisco è il sogno, vedere in sogno. Il secondo è quello epistolare. Non si decide quando (e come) sognare, così come non si decide quando scrivere. Scrivere diventa così una necessità, un imperativo interiore, anche se si rischia di ridurre lo scambio a un monologo”.  È un po’ quello che rintracciamo nelle lettere spedite a Rainer Maria Rilke confinato a Valmut in Svizzera per curare la sua malattia. Una manciata di lettere un cui la poeta russa ora è ferma, ora traballante, forte e fragile come la sua natura; ricche di impeto amoroso non vissuto, di poetica ferma, di versi delicati: A volte sembra intenerita/ che la si ascolti tanto bene/ allora mostra la sua vita/ e muta si tiene.  Marina scrive i suoi versi in francese, le lettere sono  invece nella lingua di Rilke, il tedesco. A proposito, lei poliglotta – scrive in russo, in francese, in tedesco - e esule in Francia, ha una sua teoria che esprime a Rilke il 6 luglio 1926: “Goethe sostiene da qualche parte che non si può creare nulla di significativo in una lingua straniera e la cosa mi è sempre suonata falsa. Scrivere è già tradurre, dalla lingua madre a un’altra, che sia francese o tedesco in fondo è uguale. Nessuna lingua è lingua madre. Ogni lingua però ha la sua essenza. Ecco perché hai un suono tanto diverso in francese rispetto al tedesco. Tuttavia, per Cvetaeva la poesia è linguaggio universale e intimo: “Scrivere poesia è tradurre poesia. Io non sono un poeta russo e mi stupisco sempre quando mi considerano e mi trattano come tale. Perciò si diventa poeti (ammesso che lo possa diventare, se non lo si è già prima di tutto!), per non essere francesi, russi, ecc., per essere tutto. (p. 42). È ciò che lei vede in Rilke il tutto, l’intero, non il Rilke romantico, il mistico, il Rilke dei miti greci, ma l’intero Rilke, un miracolo intangibile, inafferabile, come lo è la Poesia. Lei che aveva letto il poeta tedesco in adolescenza e aveva sviluppato un amore viscerale per lui, dopo il dono delle Elegie duinesi e I sonetti a Orfeo che Rilke le aveva spedito con una dedica – Durante gli ultimi mesi  trascorsi a Parigi, ho ripreso i contatti con molti amici russi che non vedevo da più di vent’anni. Ma perché, mi domando, non mi è stato dato di incontrarvi -, risponde con una lettera fluviale. “ Rainer Maria Rilke!  Mi è concesso di chiamarla così?. Lei che è la poesia incarnata deve ben sapere che il suo nome è una poesia: Rainer Maria Rilke suona come una chiesa, un’infanzia, una cavalleria. È il suo nome che L’ha voluta, e Lei lo ha scelto (i nostri non li scegliamo noi). Ciò che viene ne consegue (....). L’anno prossimo verrà Boris (Pasternak) e le faremo visita ovunque Lei sia. Boris non assomiglia a suo padre (il meglio che un figlio possa fare). Credo solo ai figli di madre. Anche Lei è un figlio di madre. Un maschio in linea femminile e per questo così ricco” (Sant Gilles-Sur Vie, 9 maggio 1926). Rilke, dal sanatorio di Valmont le risponde: “ Senti, poeta, tu e il tuo oceano che così splenditamente leggevo con te, io scrivo come te, dalle frasi scendo lo scalino più in basso, al piano delle parentesi, dove le volte sono così opprimenti e c’è il profumo delle prime rose, che mai hanno fine. Marina io ho davvero abitato le tue lettere!

L’attrazione e la stima tra i due grandi della poesia sembra reciproca, sebbene nel breve periodo in cui i due si scambiano lettere, Marina sembra la più presa in una sorta di ammirazione smisurata che si traduce in parole “L’Aldilà (non in senso religioso ma piuttosto geografico), lo conosci (Marina è passata al tu) lo conosci meglio di questo mondo dell’Aldiqua. Una topografia dell’anima, questo tu sei! Il tuo linguaggio ha fatto più per Dio che tutti i filosofi e i predicatori messi insieme” (p. 18). Rilke, sebbene più cauto le dedica una poesia, Elegia a Marina Cvetaeva-Efron e le scrive l’8 giugno 1926 “Oggi  ho composto per te una lunga poesia, seduto su un muretto tiepido tra le vigne, ammaliando le lucertole con il suo suono. La pace è scomparsa da ogno luogo, e questa cittadina di vigneti, che di solito era perennemente assolata, ora è umida e fredda”. Marina risponde entusiasta e non tace il suo amore per lui, il desiderio non più relegato a due anime, bensì incarnato: “Ho sempre sentito la bocca come un mondo: volta celeste, grotta, precipizio, abisso. Ho sempre tradotto il corpo nell’anima (disincarnato), ho esaltato così tanto l’amore fisico che di colpo non ne è rimasto nulla. Sprofondando nell’amore l’ho svuotato. Penetrandovi  l’ho scacciato. L’amore odia il poeta. Non vuole essere glorificato” (p. 49). In realtà, è ciò che ella fa di continuo. Dopo la morte di lui, il 29 dicembre 1926, si siede al suo tavolo di lavoro per comporre un ultimo omaggio all’adorato poeta. Una lettera indirizzata a un defunto in cui, portando all’estremo la dicotomia anima-corpo, scrisse: “Mio caro, se tu sei morto – allora significa che non esiste alcuna morte (o alcuna vita!).

Nel luglio del 1941, in seguito all’invasione dell’Unione Sovietica da parte del III Reich, Cvetaeva fu evacuata insieme al figlio Georgij, nella cittadina tartara di Elabuga, dove si sarebbe suicidata il 31 agosto. Non mancò, prima di abbandonare Mosca, di recapitare di persona alla redazione della Goslitizdat, le redazioni letterarie di Stato, le sette lettere di Rilke, alcune foto che il poeta le aveva inviato unite alle copie autografate dei suoi libri, e undici lettere di Pasternak che Marina volle salvare dalla dispersione e consegnare invece alla storia della poesia.



Fonti:

CVETAEVA, L’oceano leggeva con me Lettere a Rilke sulla poesia, a cura di Nicolò Petruzzella, L’Orma, 2023.




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