GINESTRE - Laura Serluca - Egon Schiele: linee distorte e anatomia esagerata
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Laura Serluca |
Quando penso alla parola “Poesia”, in questo periodo della mia vita, penso al “corpo”. Questo concetto ha una connotazione spirituale, “sentire il proprio corpo” ma in particolar modo ha una connotazione fisica “sentirsi corpo”, “sentirsi nel corpo “. Una delle poetesse che ha una visione del corpo molto vicina alla mia è Cristina Annino, ma è la pittura che, ad oggi, è riuscita a trasmettermi quanto un corpo possa essere complesso e quanto possa essere complesso entrare in un corpo -attraverso l’Arte-.
Lui la rese cortese come
fossero in città e non nel paese fisico
delle torri. La portò
al bar non parlandole da paesano.
Lei
che aveva giacche più blé della
lana su una nave e oro al collo.
Tutt’insieme gli stava davanti, brutta
merce, piccina; poi accese
un sigaro misericordioso sul
cruscotto della radio, frullando
sopra lui dita di carne o
branchie o come fosse un
affare. Gli disse, in
scarpe di quinta elementare,
che
sarebbe stato il vero
padrone del mondo.
Magnificat (Poesie 1969-2009)
Nello specifico, mi viene in mente Egon Schiele, pittore austriaco del XX secolo che con linee distorte e anatomia esagerata dipinge corpi pulsanti, energici ed espressivi.
Egon Schiele è stato un pittore prolifico e tormentato. Nel suo corredo creativo si trovano inoltre alcune poesie e sperimentazioni fotografiche.
Conobbe il successo come pittore ma attraversò anche fasi più difficili, tra lo scandalo e la messa al bando dalla società a causa del contenuto di molte sue opere, spesso caratterizzate da un erotismo esplicito. Schiele si concentrò molto sulla figura umana e sul corpo femminile disegnando anche ritratti di nudo o rappresentando momenti d’intimità della coppia. Le modelle preferite dall’artista sono state donne a cui era unito fortemente a livello personale. I corpi del pittore sono rappresentati all’interno di uno spazio vuoto, che assume la funzione di simbolo della dimensione esistenziale dell’uomo, in bilico tra vita e morte. Nelle sue rappresentazioni Schiele utilizza linee taglienti e incisive per raffigurare un’angoscia esistenziale.
I suoi dipinti sono sicuramente carichi di una tensione emotiva.
La sua opera, composta principalmente da ritratti e autoritratti, tende sempre a rappresentare il corpo in maniera aggressiva e distorta, caricando la fisicità.
Osservando i suoi dipinti, riesco a percepire una sola dimensione – quella corporea- e un profondo precipizio. Le figure che rappresenta sono un impasto di gemme e letame. Il corpo diventa il principio dell’istinto. Diventa il centro del desiderio. È una struttura preziosa e al tempo stesso miserabile. Il gareggiare del corpo con il tempo – fino a diventare un affastello di detriti- lo rende eroico. È così sparpagliato che svanisce, si disperde, si spreca. È diventato semplicemente distrazione e per giunta, banale. Il corpo non è “persona” ma “primordio”. È la polpa dell’esistenza e a volte, riusciamo a stento a confrontarci con il suo “pulsare”. Schiele, attraverso la Pittura, rende eterno “l’occhio” e “il chiarore”, tutt’altro che immacolato, della stasi impetuosa che precede il divenire “umano”.
Egon Schiele, Autoritratto (1910; matita, carboncino, pennello e guazzo su carta, 558 x 367 mm; Vienna, Albertina) |
Egon Schiele, Nudo maschile con fascia rossa che cinge i fianchi (1914; matita, acquerello e tempera su carta, 480 x 320 mm; Vienna, Albertina) |
Egon Schiele, Donna seduta con ginocchio piegato (1917; guazzo su carta, 460 x 305 mm; Praga, Galleria Nazionale) |
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