A BACIO DI RIMA - Lina Maria Ugolini - Fango/Piango
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Lina Maria Ugolini |
Scende in lacrime il pianto
goccia sul fango in riposo. Pronto l’impasto a essere uomo. |
Questa rima assorbe, si trasforma in spugna per il sale in lacrime, dosato in stilla dagli occhi. Il fango possiede già una parte acquosa, ha dialogato con le nuvole e il cielo, accolto altre gocce, in pioggia o in neve svanita. Accoglie impronte tale pantano in attesa di sole, rappreso in mota sulle strade, a creare argini ai rigagnoli dopo un temporale. Sua dimora l’atroce trincea come la sponda di un fiume ombreggiato dalle canne di un padule.
Di fango e stelle scrive Giorgio Agamben ricordando Talete. E Montale nel Quaderno genovese annota: «Chi trascina i piedi nel fango e gli occhi nelle stelle; quello è il solo eroe, quello è il sol vivente».
Nel destino dell’uomo l’interrarsi, il cadere dal cielo, aggiunge Zanzotto. Genesi – è lecito aggiungere – d’ ogni lacrima, d’ogni pianto ceduto al fango.
«Mi hai dato il tuo fango e io ne ho fatto oro» canta Baudelaire nell’Ébauche d’un épilogue, mirabilie dell’essere poeti, del riuscire a trarre poesia ovunque lo sguardo si posi, a cogliere, rivelare bellezza amalgamata nel limo dell’esistenza.
Nel fango il monito, il lascito delle parole di Primo Levi:
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case
voi che trovate tornando a ser
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
[Primo Levi, 10 gennaio 1946]
Io lo so che non sono solo
Anche quando sono solo
Io lo so che non sono solo
E rido
E piango
E mi fondo con il cielo
E con il fango.
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