RONDINI - Melania Valenti - TRE PER TRE - Poesia degli anni '90 - Bordoni, Ciaco, Frolloni

 

Melania Valenti


Continuo la mia Tre per tre, rassegna di poet* contemporane* nat* negli anni '90, in cui presento tre testi di tre poeti/e. Oggi mi sono soffermata sui versi di Michele Bordoni, Marilina Ciaco e Riccardo Frolloni. 

Per guardare e leggere nuovi linguaggi e talenti poetici, in cui, spesso, la poesia nasce dall'abbraccio con le altre arti. 

 


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Michele Bordoni (foto di R.Frolloni, 2019)

*

A piedi scalzi sei più alta di me.

Lo misuro con gli occhi e con la mano

 come i bambini in prima elementare,

 e neanche a te sembra vero che senza

 scarpe mi riconcili alla statura

 che mi compete, nascosta, minuscola,

 quando invece, magari, ti sembravo

 potente, al pieno delle forze.

                                       Lo vedo

mentre riassetti i vestiti a terra

chiedendomi se quello è un mio calzino

o un altro tuo vestito che ora, al buio,

non riconosci; lo vedo alla fine del gioco

in cui a confondersi sono i corpi, le misure,

l'inesprimibile tristezza calda

della carne ristretta nella pelle

e che oltre quel confine non può esplodere.

Lo vedo e temo quasi che non basti

quest'essere inferiore a te che invece

lo concresci oltre le maglie come l'edera

dei tuoi capelli.

 

*

L'inquilino dell'appartamento di fianco

lo sento chiudersi in bagno.

In un eccesso

                    di prudenza sbarra

lo sguardo, evita le rifrazioni possibili

allo specchio.

Lo sento ritirarsi nel suo perimetro

di pelle e muscoli e membrane e ossa

e peli e liquidi e sudore

                                           e piange

schiacciandosi addosso alla parete

lasciando i segni delle mani sulle tempie

sul costato. Tenta di comprimersi

verso il dentro, nel nucleo fra lo stomaco

e lo sterno. Lui prova, a sentirlo

dalla sfoglia di muro che ci separa,

a ridursi a una forma microscopica,

come se fosse un idolo di pietra

da comporre in negativo, da amputare

per ottenerne un senso.

                                    Poi si alza ed esce,

nella sua residenza permanente

di carne e lacrime che ingombra il letto.

La membrana di stucco che ci rende vicini

non è poi tanto più spessa

della distanza fra me e il vetro, tra la prima

e la terza persona, tra la mano

che tocca l’altra mano, oggetto

d’immagine a me stesso, sconosciuto

da compatire e riscattare.

 

*

Cerco il tuo nome fra le tombe altrui.

Dev'esserci per forza qualche omonimo

a cui portare fiori, a cui confessare

che questa tua mancanza è insopportabile.

In qualche calembour ti riconosco

o ti ricucio, nel corpo disperato

del linguaggio.

                     Frammenti e anatomie

inchiodate nell'erba, nel cimitero

marino.

 

Il mare si riscopre fra le crepe

di qualche tomba aperta, tra le canne

e le sterpaglie arse dal calcare.

Uno strano testamento del restare

affacciato nell'aria che pazienta

di là dall'orizzonte muto, azzurro.

(Testi tratti da Il duca di Sullun, in Poesia Contemporanea - Sedicesimo quaderno italiano, Marcos y marcos, 2023, a cura di Franco Buffoni)


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Michele Bordoni, nato nelle Marche nel 1993, è dottorando presso l'Università di Cagliari, dove studia il rapporto fra immagini e parole tra Rinascimento e Barocco. Ha scritto saggi sulla poesia contemporanea, su Mario Luzi, sull'opera di Sir Thomas Browne e sul rapporto fra letteratura moderna e cultura visuale. Ha pubblicato per italic e Gymnopedie (2018). Premio Opera Prima al concorso Guido Gozzano del 2019, secondo posto al premio Solstizio nello stesso anno, premio Ceppo Pistoia - sezione Under 35 nel 2021. Suoi testi sono inclusi in antologie di prestigio (Abitare la parola, a cura di Eleonora Rimolo e Giovanni Ibello, Ladolfi, 2019), La poesia delle Marche, Il Novecento e oltre, a cura di Guido Garufi, Interno Poesia, 2022, e in varie riviste. Ha curato l'antologia-intervista di Paolo Fabrizio lacuzzi Peste e guerra. La poesia non salverà la vita (Interno Poesia, 2022).


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Marilina Ciaco


*

Quanto rumore, fuori non c’è nessuno

la leva giusta per disinnescarmi

vorrei cercarla adesso, lei sa dov’è?

Io ho undici buchi

 

Il buco giusto per disinnescarmi

è quello che non vedi, lo nasconde sotto il mento

si è rivoltato, adesso non si trova più

non trova più le pupille, la peluria, la saliva

 

non so cosa mi mancasse di quei tempi

il prato artificiale, no, è la chiave che va tolta

la ruota giusta per disinnescarmi

adesso prendi le tue cose e vai via è meglio che tu lo

                     faccia adesso

 

vive in centro, colpita in centro, è andata al centro

non so se voglio saperlo forse no

noi abbiamo sprecato molte vite

le vite giuste per disinnescarmi

 

*

Terzo doppio

mi sono svegliata bella come una carcassa

che le mosche ti ronzano intorno ma perché sei morta

se eri viva se ne stavano bene alla larga

delle porte ho sempre apprezzato

il neon verde della scritta: uscita di sicurezza

tra le altre cose da una carcassa

non si genera niente se non si sfascia

mi sveglio bella come un portamonete

come una sagoma di carta

quando hanno visto la terrazza al nono piano

hanno detto soltanto: è molto alto qui

le mosche non sono di questo parere

saranno loro a indicare il posto

sopra o sotto

 

*

Quinto doppio

Io vomita io sorride io canta

Io disdegna il ridicolo in quanto lo incarna

Io è oggetto di deiezione ovvero sei tu a farlo uscire

io è almeno un doppio ed è sempre una partita persa

 

non sono caduta ho fatto ammenda

la mia faccia era sempre la stessa io sempre diversa

è nei dettagli degli oggetti è qui che vi perdo

che a occhi aperti vi sento remoti

 

non ho cambiato nulla neppure le tende

ho isolato un brandello di vita che non vuole significare

come fare il caffè, prendere un treno, disporre dei fogli in

                                                                         pile uguali

non significa nulla eppure mi nausea

 

non ho deciso di scappare

persevero nel cercare le chiavi che ho perso al piano terra

i giorni non mi scivolano addosso

i giorni da qualche tempo vanno in frantumi e non li ritrovo

I’ve got the Spirit but loose the feeling

vagheggiando un’intesa precaria, un accordo, una tregua

 

(Testi tratti da Gli anni del disincanto, in Poesia Contemporanea - Sedicesimo quaderno italiano, Marcos y marcos, 2023, a cura di Franco Buffoni)



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Marilina Ciaco (Potenza, 1993), laureata in italianistica all'Università di Bologna, ha conseguito un dottorato di ricerca in letteratura italiana contemporanea e Visual Studies presso l'Università IULM di Milano, discutendo una tesi intitolata Dopo la poesia? Installazioni, esperienza estetica, allegoria nella poesia del Duemila. È stata chercheuse invitée presso l'Université Paris 3 Sorbonne Nouvelle e ha collaborato con il Colby College (Maine). Ha partecipato a convegni nazionali e internazionali. È stata selezionata come autrice emergente per RicercaBo 2017, finalista del premio Pagliarani (inediti) 2019 e del premio Pordenonelegge - I poeti di vent'anni 2022. Ha pubblicato Intermezzo e altre sinapsi (Edizioni Volatili, 2020) e Ghost Track (Zacinto, 2022). Suoi testi e articoli di critica sono apparsi su riviste e lit-blog.


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Riccardo Frolloni


*

Fiorenzo, Rachele, Martina, Lorena, mio padre, mia madre, Bice e Ideale,
si siedono, mangiano, parlano solo di circostanze,

 

delle abitudini dei rumeni, delle libertà sessuali, i controlli dittatoriali alla frontiera,
la strada gelata tutt’intorno Bucuresti, che quasi fanno un incidente mortale.

 

Alina tiene d’occhio l’orologio, falce e martello sul quadrante, sono le tre,
l’ora del lupo, una cappa di fumo espansa per le stanze dell’appartamento, e vanno tutti a dormire.

 

Brandine separate per Pina e Peppe, nella stanza insieme a Dorian e Alina,
pareti bianche senza quadri, un grosso armadio in compensato, una plafoniera trasparente.

 

Il comunismo, pensa mia madre, o non pensa a niente.

 

Nella diffrazione dei pensieri tornava, prendeva sempre nuove forme,
la puzza di chiuso, l’umido della muffa, lo scartocciare dei soldi, neri come un tumore.

 

*

Come in un incubo qualsiasi i soldi

cambiano continuamente forma

 

e una volta sono un dono di grazia e una, invece,
la lingua del demonio, lo sterco del diavolo.

  

*

La guardavano male. Nessuno lì portava sciarpe, o almeno, negli anni
del dopo dittatura Ceausescu le donne avevano solo colbacchi, collo alto e pelliccia.

All’aeroporto sbagliato di Bucarest, Bucuresti in rumeno, mia madre aspettava
una macchina che non la stava aspettando, e ha avuto paura.

Era necessariamente l’anno più̀ gelido degli ultimi ricordi, lo sarebbe stato comunque
per chi come noi non ha mai ascoltato storie di sangue gelato, e non poteva

uscire e poi rientrare, non poteva chiedere aiuto, non sa la lingua e poi
cosa chiedere, forse sono proprio le facce che incutono mutismo, dipingono fuggiaschi,

traditori, ladri – la provincia sempre presente, il diverso come mostro, il sospetto e di nuovo
la paura, la paura ti salva la vitastai attenta – cercava un cenno, un sorriso, il nome Alina

nei lineamenti, nome comune, un numero di telefono fisso, di casa sua, forse, cerca
una cabina telefonica, ma prima: il cambio valuta, mille lei, cartaccia che non vale niente,

aveva appena venticinque anni, e la fuga e la vita era un tutt’uno

 

(I tre testi sono tratti da Amigdala,  Nino Aragno Editore, 2024, collana “i domani”, a cura di Laura Pugno, Maria Grazia Calandrone e Andrea Cortellessa).


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Riccardo Frolloni nasce a Macerata nel '93. Docente, poeta e traduttore, ha pubblicato "Corpo striato" (Industria&Letteratura, 2021) e “Amigdala” (Nino Aragno Editore, 2024). Ha curato le traduzioni italiane di Ron Padgett e Richard Harrison. È presidente e fondatore dell'associazione "Lo Spazio Letterario", dirige la collana "Obtorto collo" per la casa editrice Industria & Letteratura e fa parte della redazione della rivista musicale "Impatto Sonoro".



Commenti

  1. Ecco, penso che questi tre poeti siano veramente interessanti e che i miei due da segnalare siano due perché non leggo abbastanza. Soprattutto il primo, ma insomma, anche gli altri due. E mi pare la fiera dell’ingiustizia quella che ogni giorno mi fa vedere, leggere alcuni mentre altri, meravigliosi, non so nemmeno che esistono.
    Anna Segre

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  2. Guardati intorno, un'anima curiosa come te avrebbe nuova linfa. C'è un mondo pieno di talento, tra i nati dai ?90 in poi, che purtroppo chi ha qualche anno in più è portato a non vedere. Se a qualcosa deve essere utile il blog, per me è anche a questo: aprire orizzonti, allargare il sapere. Senza fronzoli, per il puro amore della conoscenza. Grazie Anna, grazie della tua attenzione

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