POESIA? NO, GRAZIE - Vincenzo Lauria - Élite
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Vincenzo Lauria |
Non si tratta del lancio dell'ennesima rivista a occuparsi di tendenze, né
vogliamo tessere l'elogio o muovere critiche a una nota agenzia di modellə e
neppure siamo stati folgorati dall'omonima serie TV spagnola ambientata in una
scuola per danarosi adolescenti.
In questo quarto appuntamento di "Poesia? No, grazie!" affronteremo,
infatti, il tema del considerare le forme poetiche come elitarie.
Édouard Manet, Il balcone, 1868-69. Olio su tela, 1,7 x 1,25 m. Parigi, Musée d’Orsay. Dovremo muoverci con estrema delicatezza in un territorio riservato a
creature prescelte, appartenenti a una specie da proteggere dal pericolo di
un'imminente estinzione. Avranno la pelle trasparente, il volto emaciato, si
muoveranno sospese a mezz'aria nel sordido "mondo poetico"? |
Cercheremo di capirne di più analizzando la questione da due punti di osservazione, forse solo apparentemente diversi.
Anche in questo caso, cedendo nuovamente all'autoreferenzialità, utilizzerò un
mio testo inedito per addentrarci nell'indagine.
Pedigree (dalla raccolta inedita Poesironìa)
Ha modi eleganti
l’enclave poetica nel ritenersi a parte
nel preservare la propria esclusività in arte.
È chiaro non ci sia posto per un arruffato meticcetto
al loro nobile cospetto
sprovvisto di un adeguato pedigree
non gli resta che intenerire col suo goffo aspetto
tornare presto a cuccia
mangiare qualche avanzo nella ciotola
piatire un buffetto sul musetto
castrarsi per non cedere all’insano istinto
di riprodursi senza stile
in un mondo ostile.
L'atteggiamento di coloro che si ritengono teste coronate si potrebbe così
sintetizzare: "La poesia è di pochi". A ripensarci, il concetto
potrebbe essere reso ancora meglio: "La poesia è di noi pochi".
In questo si sostanzia quella che, per semplicità, potremmo chiamare "elitarismo
attivo".
Soffermarsi sulle variopinte sfaccettature di come questa postura si traduca
nel rapportarsi coi malcapitati reietti sarebbe ora poco elegante.
Chi ci sta
leggendo, d'altronde, potrà attingere tranquillamente al proprio repertorio di
incontri ravvicinati del terzo tipo con l'aliena regalità. Per non ridurre
tutto a mero pettegolezzo, potremmo chiederci, invece, quanto questo modo di
essere in poesia giovi a:
- la diffusione e percezione delle forme poetiche come patrimonio culturale
comune;
- un sano, auspicabile e reciproco arricchimento;
- la percezione esterna del cosiddetto "mondo poetico".
Già, domande pleonastiche, direte!
Alziamo l'asticella allora e chiediamoci quanto ci aiuti pensare
aprioristicamente: "La poesia è per pochi". E qui veniamo al secondo
aspetto dell'elitarismo, che potremmo chiamare, semplificando, "elitarismo
passivo/autoassolutivo".
Sì perché, tra le giustificazioni che vengono addotte per motivare lo
scarso appeal delle forme poetiche sul lettore, questa è tra le più frequenti.
Si potrà obiettare che sia l'evidenza empirica a sostenere tale tesi, ma siamo
veramente sicuri che partire da questo postulato ci farà andare molto oltre i
limiti che, così pensando, ci saremo autoimposti?
Ciò non vuol dire necessariamente che dobbiamo attenderci orde di lettori a
ogni presentazione, o paparazzi pronti a immortalarci al varcare la soglia di
casa, ma nemmeno che ci si possa sedere rassegnati e pensare (ed è solo un
esempio dei tanti), che, una volta pubblicato un libro, il nostro ruolo di "portatori
di poesia" sia già stato pienamente assolto. Potreste controbattere che
anche l'editore dovrebbe organizzare, promuovere, diffondere.
Questo è vero
solo in parte. Se alcune case editrici lo fanno più di altre, per la maggior
parte la spinta propulsiva dovrà arrivare da chi scrive; quest'ultimo, già
nell'atto di scrivere stesso, dovrebbe essere consapevole che pubblicando si
rivolgerà a ipotetici lettori e che per raggiungerli (invertendo la tendenza
tuttora in essere per la poesia) non si potrà limitare ad attendere che siano
solo gli altri a rimboccarsi le maniche.
Analogamente, in occasioni in cui avremo la possibilità di poter diffondere le
forme poetiche entrando in rapporto con i lettori, o potenziali tali, non
dovremo dimenticare di comunicare facilitandoli nell'ascolto, di percepire le
loro reazioni tenendone, opportunamente, conto.
Concludo spezzando una lancia a favore di coloro che, pur avendo diritto a
pieno titolo, di considerarsi parte di quei pochi il cui brillante percorso
nelle forme poetiche è unanimemente riconosciuto, restano persone cordiali,
amabili, capaci di empatia nel rapportarsi, disponibili a partecipare a
iniziative collettive credibili.
Noblesse (d'âme) oblige.
E voi, in un'ipotetica rivisitazione del noto gioco, chi buttereste giù dal balcone, gli elitari attivi o gli elitari passivi/assolutivi?
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