LADRO DI STELLE- Marco Brogi - Suggestioni intorno alla silloge di Daniele Ricci "Lezione di meraviglia"
Marco Brogi |
Anche questa non è una recensione. Recensire significa esaminare. E io gli esami non li sopporto (non ero mai preparato), penso anche a quelli clinici, che possono dare risultati duri da accettare. Qui stiamo parlando di bellezza, del tentativo di un poeta, in questo caso Daniele Ricci, di illuminare con la torcia delle parole l’intraducibile e il buio a cui siamo condannati. Le mie sono solo suggestioni in presa diretta, dettate da un poeta che ho subito sentito vicino, prossimo al mio modo di vedere il mondo. Daniele ce l’ha scritto in faccia, le sue poche rughe sono righe, che non è risolto e che sta dalla parte dei migranti (non a caso la silloge è dedicata “Ai sognatori e ai migranti, agli incurabili e agli smarriti”) e di quelli che siedono nelle ultime file.
Nel momento in cui l’ho conosciuto, a Città della
Pieve, a “Poesia Trasimeno”, l’ho riconosciuto. Dopo un minuto di chiacchiere
mi ha donato la sua ultima raccolta, Lezione
di meraviglia, un libro
bianco edito da Pequod che sta nel palmo di una mano. Appena tornato a casa ho iniziato a leggerlo.
Come mia abitudine sono andato a cercare la prima e l’ultima parola della
raccolta poetica: la prima è “finalmente”, l’ultima è “figlia”.
Fotografano esattamente lo stato d’animo della silloge: ‘finalmente’
racconta bene l’urgenza che per Daniele è la poesia, quasi un bisogno
fisiologico, disperato tentativo, parafrasando Marco Ferri (Biglietto per il viaggio, la sua nota
introduttiva, è la password per accedere alla silloge e ai suoi molteplici
significati) di interrogare il dolore alla ricerca di senso. “Figlia”,
invece, disvela tutto l’amore che alberga in questi versi potenti e lievi,
sempre comprensibili, musicali, abitabili. Amore “per cercare la rete della
salvezza”, “tendere la mano/ a un varco inesplorato/ e una voce che si
alza/a donare l’ultima bellezza/ e carezze di noi”. Tra impossibili ritorni
(“L’accettazione rassegnata/ di mia madre/il colonnello e la contessa di
Verona/mio padre sempre a lavorare”), racconti di migranti e di fughe dalla
disperazione (“la paura di morire / senza aver raccontato al mondo/ la mia
storia/il rovescio del mio nome”), squarci di estrema consapevolezza ( “è
finita l’illusione”; “non riesco quasi mai/ a fare ciò che amo veramente”) nel viaggio in versi di Daniele affiorano
anche immagini più morbide, come i ricordi e i richiami all’infanzia e al mondo
della scuola: “lo specchietto dell’auto/del bidello Bernardino.../ lui
suonava la campanella/ma noi continuavano a giocare”. Daniele è un
insegnante. E da insegnante - poeta sa certamente trasmettere ai ragazzi anche
qualcosa che va oltre i programmi ministeriali. Mi piace Daniele perché anche
quando fa l’appello sa di essere assente, di partecipare alla solitudine del
mondo. Fortunati i suoi ragazzi, quasi quasi ci vado anch’io uno di questi
giorni ad assistere alle sue lezioni di meraviglia.
Un dolce
ritorno cerco
sulla distesa del mare
che non ha strade.
Lavoro
controcorrente
sui taccuini della notte.
Ritorno nella mia alba,
converto, modifico intenzioni:
aria e terra, acqua e fuoco,
la voltura delle utenze di mia madre
per la mia crescita interiore.
Daniele Ricci, Lezione di meraviglia, peQuod, 2022 |
Daniele
Ricci (1967) vive e insegna a Fano. Ha pubblicato la raccolta di versi Lontananze (1998) e sue poesie sono comparse in varie
antologie e riviste letterarie.
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