IL MARCATEMPO – Matteo Rusconi - Di sensibilità e di raffinatezza

 

Matteo Rusconi


Mi è capitato di imbattermi in un post su Facebook in cui un utente chiedeva se poeti si nasce o si diventa.

Premetto che il social con il logo bianco e blu non è il posto più adatto per certe digressioni, data la costante frivolezza dei suoi contenuti, ma incuriosito mi sono soffermato ugualmente a leggerne i commenti. Tra le tante cose scritte, ciò che mi ha dato spunto di riflessione - e conseguentemente di scrivere questo articolo - è stata la risposta “ci vuole di base una certa sensibilità”.


In psicologia e filosofia, con sensibilità si intende quella particolare disposizione a condividere un’emozione provata da persone diverse da sé e che viene indotta da empatia, simpatia, intuizioni, percezioni; c’è poi la questione che per molti tale parola venga intesa in maniera estetica, come bellezza dello scrivere, una certa dolcezza della scrittura. 

Prendendo queste due definizioni, e ammettendo che nessuno ci nasce, possiamo quindi affermare che per diventare poeta bisogna avere uno spiccato sentire verso gli altri e procurare un certo piacere. 


Ma ne siamo certi? 


Scrivere è un atto egoistico, un rapporto a due con la poesia, un impulso che ci porta a vomitare su un foglio qualcosa che solo noi sappiamo, sgradevole o piacevole che sia; perciò, essere sensibili - quindi empatici - nei confronti degli altri non è poi una prerogativa così essenziale. Anzi, mi viene da dire che sia più una dote del lettore, il quale, immergendosi in una poesia, si immedesima totalmente nel sentire dell’autore. E, analogamente, ciò vale anche per il vedere quella chiara dolcezza di scrittura.

Mi è facile pensare che tale visione di sensibilità e bellezza sia ancora vincolata all’idea romantica che il poeta, il vero poeta, sia una persona di animo gentile, sensibile, che porti tutto il dolore del mondo attraverso la punta della propria penna con una particolare raffinatezza di forma e di termini e di quant’altro. 


Ma davvero ci vuole una certa sensibilità per essere poeta?  Davvero una certa sensibilità ci fa scrivere in maniera così raffinata? 


Per rispondere, o almeno per provare a farlo, voglio prendervi e portarvi verso un tipo di poesia parcheggiata dalla parte opposta, una poesia sporca, cruda, che non ha smussi ma spigoli insidiosi. Una poesia antiestetica, villana, che cammina a piedi nudi e non ne sente la fatica. 

Vi propongo quindi due poeti che, pur essendo ritenuti tali, questa raffinatezza l’hanno presa e buttata nel cesso. Perché, alla fine, ciò che veramente ci fa nascere oppure diventare poeta, è un qualcosa che rimane inspiegabile.  



Luigi Di Ruscio (Fermo, 1930 – Oslo 2011)


Poeta, scrittore e saggista, lo colloco tra i padri dei poeti operai che, con la loro poesia sociale e di denuncia, lontana dai tipici modelli letterari, sono stati volutamente lasciati ai margini di certi convinti ambienti letterari 



Chiudere un porco vero nel reparto

non un porco normale

un porco insomma un maiale insomma

chiuderlo nel reparto per otto ore

vediamo come reagisce l'associazione protezione animali

vediamo come reagisce a questa eterna crudeltà il maiale

schianta strozza impazzisce si indemonia

vediamo se è ancora commestibile

vediamo se il sistema nervoso non gli si è spezzato

vediamo se è diventato impotente

con il sesso aguzzato e torto come un cavatappi

se è sopravvissuto allo schianto liberiamo il maiale

portiamolo nelle tante terre abbandonate

e che pascoli e scovi radici e preziosissimi tartufi

sopravvissuto ad uno schianto atroce ora godi

sgambetta liberato respira arie pure saziati

però la proposta dimostrativa non può essere accettata

il maiale è stato selezionato

perché ingrassi tenere bistecche di maiale

sottilissime fette di prosciutto

e ingrassi un grassissimo cervello

per la schifosa coppa di maiale saziati ingrassa riposa

ti aspetta un lungo coltello

chi lavora in un reparto

è stato selezionato per tutta una cosa diversa

resisti allo schianto per tutta una stagione

sei un animale diverso farti a pezzi non serve a niente

devi resistere intero

sarai selezionato sempre meglio sino a che non scoppi

metti un uomo nel reparto

chiudili dentro per otto ore consecutive

vedi come reagisce

prendi un uomo dell'umanesimo staccalo

dai quadri affreschi dei grandi umanisti

prendi questo uomo umanizzatissimo vedi come reagisce

fare moltissime prove vediamo cosa succede

vedi se diventa pericoloso

(può diventare pericoloso

chi lavora in una fabbrica per infinite ore consecutive

può diventare molto pericoloso

controllate tutti i telefoni

apri il suo cervello vedi cosa medita

misura la sua rabbia

aspettati che scoppi)


(da L’Ultima raccolta, 2022)



Simone Cattaneo (Saronno, 1974 -2009) 


È un autore che si pone come punto di rottura  perché nei suoi versi possiamo sentire l’allontanamento dalla poesia classica del Novecento, grazie anche a una violenza di parole che arrivano direttamente dal parlato quotidiano. 



La madre di un mio compagno delle scuole medie

mi ha bloccato in una strada del vecchio quartiere

dicendomi che suo figlio era morto.

Non si è sbilanciata più di tanto e mi ha invitato al funerale.

Mi è parso buona educazione accettare.

Una settimana dopo mi ha fermato sotto casa e con aria decisa

mi ha confidato che calzo lo stesso numero di piede del suo povero figlio,

così mi ha regalato due paia di scarpe e un giubbotto giallo.

Qualche sera fa sono finito in un bar di Milano e

ho abbordato una ragazza sudamericana molto sensibile

al mio nuovo giubbotto canarino. Ho stretto gli occhi

e le ho sussurrato che per i particolari non bado a spese. 


(da Made In Italy)




Con occhi come un opossum entro in un bar

dove un cameriere ubriaco incespica e quasi cade addosso

ad un frocio che gli offre tequila e sigarette per una palpatina veloce.

Il finocchio è vestito con una camicia lurida, collant e tacchi a spillo e 

continua a fare l’occhiolino ad una vecchia fotografia di Robert De Niro,

ballando e sniffando coca da un barattolo azzurro senza farsi

                                                       [troppo notare, fino a quando non strilla

interrompendo ogni scommessa, musica e fetore da bar.

Nel bagno un vecchio con un sari di seta dai colori brillanti ha

                                                                     [girato l’occhio causa infarto.

Una prosperosa quattordicenne l’ha ucciso con un pompino.

Tutti le hanno offerto da bere. È stata eletta reginetta della serata. 


(da Peace & Love)


Commenti

  1. Mi sa che questa cosa dell’aulica sensibilità la condividiamo. Ma non avevo dubbi. Piaciuto molto, e molto amate le poesie. Quella del porco credo che la utilizzerò in terapia oggi a mani basse. Perfetta. Anna Segre

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Matteo Rusconi, mi hai fatto pensare un po', condivido il fatto che si dovrebbe parlare di sensibilità del lettore più che di sensibilità dell'autore, potremmo quindi introdurre la parola 'ascolto' che nella poesia è una qualità necessaria, anche perchè, se è vero che la predisposizione a sintetizzare armoniosamente è innata, si può sviluppare 'ascoltando' gli altri e magari azzardando qualche critica. Pietro Brogi

      Elimina
    2. Grazie Pietro! Ascolto, che bella parola che hai usato :) E a riguardo aggiungo che sarebbe necessaria anche un'educazione a tale qualità

      Elimina
  2. Poesia è un genere o una disposizione mentale? Ab origine un genere a cui si chiede di raccontare in versi, unica limitazione. Anche in epoca preromantica, in verità, è più legata a norme stilistiche che alla pretesa di una particolare sensibilità. Il romanticismo, da questo punto di vista, delinea la figura del poeta come essere invischiato, suo malgrado, in un sentire da cui non riesce a venire fuori. Essere poeta da questo momento in poi diventa disposizione d'animo, da cui anche lo scompaginarsi delle strutture stilistiche deputate al genere. Tuttavia anche la poesia è, come tutta l'arte, finzione anche quando pretende di essere riproduzione dal vero. È filtro e come tale il poeta non può mai essere sincero.
    Grazie, soprattutto per la prima poesia, fortissima, di denuncia, che non conoscevo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sempre più convinto che sia una disposizione mentale (che ha origine dall'inconscio e quindi inspiegabile)

      Elimina
  3. Ecco mi piace l'idea dell'inspiegabile. Molto molto. E mi piace la crudezza, i versi rozzi -che più che rozzi mi sembrano volutamente crudi- che creano all'istante sensazioni del quotidiano. Il maiale e l'uomo, la fabbrica e il conformismo. Le metafore e le analogie. Viviamo una realtà intinta nella poesia. La vita -anche a sua insaputa- è sempre "incinta" di Poesia. Grazie Matteo🙏

    RispondiElimina

Posta un commento

Post più popolari