"Poesia? No, grazie!" - Vincenzo Lauria - Scuola
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Vincenzo Lauria |
Raccontate nel primo articolo le motivazioni che mi hanno indotto a "battezzare" questa rubrica: "Poesia? No, grazie!"
tentiamo di riprendere la ricerca di indizi utili che ci aiutino a comprendere le ragioni della disaffezione verso le varie declinazioni poetiche.
C'eravamo lasciati con la parola avvicinare e i contributi al dibattito sono stati estremamente utili a procedere nel confronto aperto.
Scorrendo i commenti all'articolo,
si è più volte parlato di scuola e
credo che questo sia uno dei temi sui quali occorra fare qualche riflessione.
A quanti di noi è stato chiesto di
imparare a memoria dei versi durante il periodo scolastico?
Non voglio, più di tanto,
soffermarmi sull'utilità dell'esercizio mnemonico in se stesso (che credo
possa, a posteriori, avere le sue ragioni) quanto sul fatto che, almeno per
quello che è stata la mia esperienza, mi venisse richiesto di studiare testi forse
non propriamente adatti né per linguaggio, né per contenuti, alla sensibilità,
alle capacità di apprendimento e bagaglio linguistico di un alunno delle allora
"scuole elementari". Ricordo, indelebilmente, almeno questi due
testi:
La
spigolatrice di Sapri di
Luigi Mercantini
Il
cinque maggio di
Alessandro Manzoni
Avvicinarmi alle forme poetiche è
stato questo: ripetere dei testi dei quali non coglievo, se non parzialmente e
con difficoltà, il senso e che non riuscivo a sentire emotivamente prossimi.
Sicuramente non un approccio dei
migliori, che grazie a esperienze successive e più felici, ho superato.
Per quanti, invece, quel muro è
rimasto insormontabile?
Quanti vissuti similari ci
potrebbero essere dietro quei "Poesia? No, grazie!" che abbiamo
ascoltato o che percepiamo dietro il semplice disinteresse, o ancora dietro al
ritenere che le forme poetiche siano elitarie o estinte con gli ultimi poeti
presenti nei programmi scolastici?
Memore dei primi trascorsi
educativi, come dell'incontro, appena precedente, con il lettore X al quale
dobbiamo il titolo della rubrica, lo scorso 22 marzo (grazie alla generosità
dell'amico poeta e insegnante Francesco Vasarri, delle insegnanti Chiara Baffa,
Caterina Melli e Giulia Olivarelli e del dipartimento di lettere della scuola
secondaria di primo grado Gianni Rodari di Scandicci), ho avuto modo di
incontrare, insieme al poeta Bernardo Pacini, degli alunni delle terze classi.
In un post su Facebook scrivevo così a proposito di quella preziosa esperienza:
"Profondamente
grato di aver avuto l'opportunità di parlare di poesia con i ragazzi, oggi
quando
il giorno buono per la poesia è già ieri.
Proporre
testi che parlino dei nostri tempi con un linguaggio che usi anche toni giocosi
e ironici e sentire ridere e riflettere al contempo. Trovarli preparati, con
voglia di sperimentare grazie al lavoro di insegnanti appassionati e
competenti.
Sbirciare
tra le loro bacheche, leggerne testi ispirati o dadaisti.
Abbiamo
parlato, partendo da testi poetici, del rito dell'aperitivo, di comunicazione
pubblicitaria, di consumismo, di ritmo e di riferimenti musicali, di Dante e di
un'ipotetica sua reazione ai festeggiamenti per i 700 anni dalla sua morte, di
poesia civile, di poesia come di uno spazio aperto nel quale si possa parlare
di tutto e con registri diversi, nel rispetto di se stessi e degli altri.
Abbiamo cercato, insieme, possibili motivazioni alla disaffezione e diffidenza
verso la poesia contemporanea.
C'è
speranza e poesia"
Ebbene sì, ci sono anche scuole
nelle quali si festeggia il 21 marzo con un lavoro preparatorio accurato, in
cui gli alunni vivono le declinazioni poetiche, senza subirle, provando a
giocarci, a scriverle, a reinventarle, dove incontrano persone che ancora
provano a scrivere in poesia, che possano rispondere a domande su come sia nato
un testo o dei riferimenti che in esso si possono ritrovare.
Cogliendo l'occasione di scambio
ho chiesto cosa, a loro avviso, creasse disaffezione verso la poesia, la prima
risposta è stata la difficoltà nella comprensione dei testi, seguita dalle
tematiche affrontate, così lontane dal
loro quotidiano. Alla domanda: di cosa vorreste parlasse la poesia? Le
risposte sono state varie: di calcio, di videogiochi, di amore e perfino di
guerra. Abbiamo, credo, degli argomenti sui quali poter riflettere.
Avvicinare alle forme poetiche
forse si può, lì dove il lavoro appassionato di insegnanti abbia preparato un terreno, lì dove ci si
ricordi di essere in presenza di un interlocutore?
Per chiudere con un sorriso mi aggancio a uno dei commenti al primo articolo della rubrica in cui veniva sottolineava l'importanza delle capacità di comunicazione nel trasmettere un testo e perciò vi invito caldamente ad assaporare questo esilarante passaggio televisivo di Gigi Proietti sul tema, cliccando sul link: https://www.youtube.com/watch?v=F-FG7fAHcNg
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Poesie dadaiste realizzate con la tecnica del cut-up – scuola secondaria di primo grado G. Rodari- Scandicci - 22.03.2024 |
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